don Lucio D’Abbraccio – Commento al Vangelo del 14 Giugno 2020

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo

Come la solennità della Santissima Trinità è stata un’occasione per approfondire il ruolo delle tre Persone divine nella storia della salvezza, così l’odierna solennità del Corpo e Sangue del Signore diventa l’occasione per una riflessione orante nei confronti del sacramento più importante che Gesù ci ha lasciato: l’Eucaristia.

L’Eucaristia è il dono più grande che Gesù ha fatto alla Chiesa! La festa di oggi ci riporta al pomeriggio del Giovedì santo, all’istituzione dell’Eucaristia, alla lavanda dei piedi, al comandamento nuovo dell’amore fraterno. L’evangelista Giovanni, infatti, prima di narrare l’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli, annota che «avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (cf Gv 13, 1).

Ogniqualvolta partecipiamo alla messa oppure, entrando in chiesa, sostiamo in adorazione e in preghiera davanti al tabernacolo, siamo richiamati a pensare alla centralità dell’Eucaristia, alla sua importanza insostituibile per la vita e il cammino della Chiesa, per la nostra vita cristiana. Senza l’Eucaristia non ci potrebbe essere la Chiesa, così come senza la Chiesa non ci sarebbero celebrazioni eucaristiche.

Nella prima lettura abbiamo ascoltato che Mosè esorta il popolo d’Israele a non dimenticare tutto il cammino che Dio gli ha fatto percorrere nel deserto, nutrendolo con la manna, dissetandolo con l’acqua che sgorga dalla roccia. Senza la manna e senza l’acqua scaturita dalla pietra il popolo d’Israele non sarebbe sopravvissuto, non sarebbe entrato nella terra promessa. Anche noi, popolo di Dio, pellegrini in cammino verso la pienezza del Regno, siamo sfamati da Dio non con la manna, ma nutriti e dissetati col corpo e sangue del suo Figlio.

Gesù stesso, infatti, nel discorso pronunciato nella sinagoga di Cafarnao, dopo la moltiplicazione dei pani, indica la manna come segno del suo corpo (cf Gv 6,49-50) e usa frasi pressanti per indicarci la necessità di comunicare il suo corpo e il suo sangue: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo […] Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui». Mentre nell’ultima cena la parole del Maestro Divino commentano con chiarezza il dono che egli sta per fare: «Prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi”» (cf Lc 22, 19-20). Da notare attentamente queste parole: «è il mio corpo, che è dato per voi»; «è il mio sangue che viene versato per voi».

Ebbene, la presenza di Gesù nell’Eucaristia non è semplicemente la presenza del Risorto così come si manifestò agli apostoli nel cenacolo o sulla riva del lago di Tiberiade. No! Nell’Eucaristia è presente Gesù nel «gesto del dono di sé»: l’offerta d’Amore che egli ha vissuto sulla croce è ormai l’atteggiamento perenne di Gesù tra le braccia del Padre, ed è con questo atteggiamento che Gesù si fa presente nell’Eucaristia diventando pane che ci nutre e ci trasforma.

Julien Green, scandalizzato dall’indifferenza di tanti cristiani durante la Messa domenicale, scriveva: «Ma ci credete davvero che in ogni Eucaristia è presente Gesù che, per puro amore, dà la vita per voi? E se ci credete perché uscite dalla Chiesa, dopo aver partecipato alla Messa, con indifferenza?».

Sono domande che fanno meditare e che spezzano lo spettacolo di tranquilla indifferenza che spesso caratterizza tante assemblee eucaristiche domenicali. Ciò significa che non è possibile vivere seriamente, in modo fedele e impegnato, la nostra vita cristiana senza la partecipazione viva e coinvolgente all’eucaristia domenicale: diventeremmo cristiani anemici, inerti, tralci appassiti e non fecondi.

Senza partecipazione assidua e frequente all’Eucaristia non c’è questa intimità profonda col Signore, che è la vera vite, non c’è una vita cristiana seriamente impegnata.

Nel sacramento dell’Eucaristia Gesù ci ha lasciato un «testamento spirituale»: io vi ho amati fino al dono della vita e, se vorrete essere miei discepoli, anche voi dovrete fare altrettanto, amandovi gli uni gli altri con lo stesso amore. A tal riguardo l’apostolo Paolo scrive: «Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane». In altre parole, l’apostolo delle genti vuole dire che non possiamo fare comunione con Dio, attraverso il Corpo sacramentale di Cristo, se non siamo disposti a fare comunione con il fratello che è corpo di Cristo. Eucaristia e carità fraterna si richiamano a vicenda e non possono essere disgiunte nella vita della chiesa, delle comunità cristiane, dei singoli credenti.

Lasciamoci, dunque, nutrire e plasmare dall’Eucaristia – sacramento che ci fortifica e sostiene nel nostro impegno di credenti e di discepoli – nel nostro cammino di fede, di speranza, di carità. 


Don Lucio D’Abbraccio

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