don Giovanni Cesare Pagazzi – Commento al Vangelo di domenica 5 Agosto 2019

Il Signore descrive due situazioni preoccupanti. La prima è la costruzione di una torre. Lavoro esigente a motivo della complessa organizzazione e dell’impegno economico. L’edificio è unico, ma le operazioni tante e differenti. Richiedono plasticità mentale che consuma tempo ed energie. Dato che ci si deve muovere molto, l’istinto è quello di muoversi subito. Ma Gesù impone due comandi sorprendenti: «Siediti!», «Calcola!».

Gli imperativi sono così importanti da esser ripetuti in una parabola simile, ma più drammatica. C’è forte tensione tra due re. Come risolverla? Una guerra o un trattato di pace? È necessario prendere subito posizione, poiché è questione di vita o di morte. Ed ecco ancora il duplice comando del Signore: «Siediti!», «Esamina!». Persino davanti a situazioni angoscianti, Cristo esige di sedersi e considerare attentamente la faccenda. Sembra che la riflessione sia il primo passo del discernimento, vincendo l’attrattiva di un intervento svelto e generoso, ma forse disorientato.

Il gesto di sedersi, nonostante responsabilità gravose e incalzanti, manifesta una grande signoria sul proprio tempo. Non si tratta di “perdere tempo”, ma di “prendersi il tempo” necessario per intuire il da farsi, evitando l’esposizione alla ridicolaggine, segnalata dallo stesso Gesù. Il secondo gesto richiesto è “calcolare”, “esaminare”; azioni evidentemente connesse allo studio. Studiare esercita a star fermi; quanto precisamente si evita se pressati da numerosi e complicati problemi. “Star fermi” è non solo condizione favorevole allo studio, ma anche a operazioni ben più dinamiche, addirittura connesse alla caccia e alla guerra, come colpire il bersaglio.

È risaputo che uno dei modi con cui l’Antico Testamento nomina il peccato è “bersaglio mancato”. Il peccatore è uno che sbaglia la mira. Magari individua l’obbiettivo giusto, ma sul più bello sbaglia. Mancare il bersaglio è questione di vita o di morte, poiché se non si cattura nulla si muore di fame e se non si allontana il nemico, si avvicina un pericolo letale. Il primo impulso davanti al nemico che avanza o la preda che fugge è muoversi subito. Così facendo, quasi sempre si sbaglia la mira. Per centrare un bersaglio in movimento (e quanto sono mobili le persone, la cultura, la società!) bisogna innanzitutto star fermi, regolando perfino il respiro, poiché il suo moto potrebbe sviare l’arco. Star fermi per calcolare la traiettoria della freccia, mirando non dove è ora l’obiettivo, ma dove sarà, altrimenti quando il proiettile termina la sua corsa, il bersaglio si troverà da un’altra parte e, con esso, quanto avrebbe favorito la nostra vita.

don Giovanni Cesare Pagazzi (annuario al 04/09/2019)

Fonte

Letture della
XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Prima Lettura

Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?

Dal libro della Sapienza
Sap 9, 13-18
 

Quale uomo può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
 
I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima
e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.
 
A stento immaginiamo le cose della terra,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi ha investigato le cose del cielo?
 
Chi avrebbe conosciuto il tuo volere,
se tu non gli avessi dato la sapienza
e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?
 
Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito
e furono salvati per mezzo della sapienza

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Salmo 89 (90)

R. Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte. R.
 
Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca. R.
 
Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi! R.
 
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda. R.

Seconda Lettura

Accoglilo non più come schiavo, ma come fratello carissimo.

Dalla lettera a Filèmone
Fm 9b-10.12-17

 
Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore.
 
Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario.
 
Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.
Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso.

Parola di Dio

Vangelo

Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 14, 25-33

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

Parola del Signore

Commento a cura di don Franco Scarmoncin – Diocesi di Padova

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