don Giovanni Cesare Pagazzi – Commento al Vangelo di domenica 14 Giugno 2020

La riabilitazione al senso della presenza del Signore, vivo in ogni Messa

Si lavora sempre per qualcuno, a beneficio di chi è il centro del cuore. Quanta fatica per guadagnare il necessario per sposarsi, mantenere la famiglia, fare un regalo all’amata, all’amato, ai figli. Se è in vista di qualcuno, la fatica diventa sensata e sopportabile, poiché perfino nel momento più duro, è presente il suo destinatario e il suo fine. Il senso della presenza dell’amata o dell’amato, a volte è più evidente, in altre occasioni più soffuso, in qualsiasi caso raccoglie e unifica le più disparate azioni di una giornata.

Il problema è che l’urgenza degli impegni spesso rapisce a tal punto l’attenzione che il destinatario del nostro lavoro va sullo sfondo, sino a scomparire. Lentamente si spegne il senso della sua presenza unificante. Anzi, ci si abitua alla sua assenza, si agisce come se non ci fosse, o addirittura si prova fastidio alla sua vicinanza. Si arriva al punto in cui non si capisce perché e per chi lavoriamo e fatichiamo. Allora si incrementa il ritmo delle faccende, affinché quegli interrogativi (perché? per chi?) smettano di disturbare.

Tuttavia, capita di svegliarsi come da un torpore, percependo il vuoto lasciato da chi all’inizio è stato messo in secondo piano, poi sullo sfondo, infine al di là del nostro orizzonte. Si aprono due strade. La prima è aumentare ancor più il ritmo delle cose da fare… per rimanere nel letargo. La seconda è esercitarsi nuovamente al senso della presenza di chi è scomparso dalla nostra vita. All’inizio, tale esercizio costa uno sforzo gravoso e i risultati non sono entusiasmanti. Ma, passo dopo passo, ritorna il senso della presenza di chi amiamo; così le pagine sparpagliate e le righe storte dei nostri anni si trasformano in racconto ordinato, composto, leggibile.

Nel Vangelo di oggi, il Signore si rivela come il pane, presenza quotidiana, amico fedele della vita. Così alla portata! Eppure così dimenticato. Il problema religioso di oggi non consiste nel non credere in Dio, ma nello smarrimento del senso della sua presenza. Esattamente come un uomo che, pur sicuro dell’esistenza di moglie, figli e amici, vive senza sentirli nei propri giorni. La festa del Corpus Domini di quest’anno potrebbe segnare l’inizio della riabilitazione al senso della presenza del Signore, vivo in ogni Messa, vivo in ogni Chiesa davanti alla quale si passa (o si entra) come se non ci fosse nessuno; nessuno degno d’un pensiero, un saluto, un moto d’affetto che unificherebbe la nostra vita.

don Giovanni Cesare Pagazzi (annuario al 04/09/2019)

Fonte: L’Osservatore Romano


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