don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 23 Maggio 2021

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Il Vangelo che la liturgia questa mattina ci propone, che ci aiuta a celebrare la solennità della Pentecoste, è la parte finale del capitolo quindicesimo del vangelo di Giovanni e la parte iniziale del capitolo sedicesimo. A cui però sono stati tolti i primi undici versetti. Premetto che non amo molto questi ritagli. Capisco il criterio: è un vangelo complesso e diventerebbe ancor più complicato ascoltarlo e commentarlo in un’omelia. Ne approfitto per puntualizzare una cosa che non ho detto in questi commenti nelle settimane precedenti. I miei interventi non sono delle catechesi né delle piccole conferenze teologiche. Non sono finalizzate a spiegare cosa sia lo Spirito Santo (ad esempio quella di oggi). Né sono omelie. Cioè la parte dell’attualizzazione, del dire cosa c’entri la Parola di Dio oggi con la nostra vita, manca. Anche se alcuni agganci probabilmente ci sono e rimarranno…

Cosa c’entra con la vita lo trovate poi se volete seguire quella che è la registrazione dell’omelia domenicale. Questi sono semplicemente commenti al Vangelo. Sono il tentativo di leggere e di capire. Qui ci parla dello Spirito Santo. Essendo Pentecoste la lettura è scelta per quello. Nel vangelo di Giovanni lo Spirito Santo è il dono di Cristo in croce. Nel momento in cui Gesù lascia questa nostra esistenza dona il suo Spirito che è anche Spirito del Padre. Di questo Spirito, Gesù ha parlato nel lungo discorso dei capitoli 13-17, il “discorso sacerdotale” da cui è estrapolato il brano di questa domenica. Nella prima parte del nostro brano si dice che lo Spirito verrà. Viene definito lo Spirito Paraclito – il termine significa “avvocato difensore”, colui che parla nostro favore. Viene detto “lo Spirito che è mandato da Gesù” ed è detto lo Spirito della verità che viene  dal Padre. Questa doppia provenienza porta ad una discussione che i teologi conoscono bene: cosa significhi che lo Spirito viene dal Padre “e” dal Figlio. Rimandiamo questa discussione ad altre riflessioni. Qui si dice che lo Spirito darà testimonianza. Ma al termine si dice anche che questa testimonianza verrà data anche da noi, da coloro che sono davanti a Gesù. Coloro che ascoltano e che sono con lui fin dal principio. 

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La prima domanda che ci viene a questo punto è: ma allora ci si riferisce solo agli apostoli? Perché sono loro che sono con Gesù fin dal principio. Il termine “principio” è un termine pesante nel vangelo. Si applica ad esempio alle nozze di Cana nel momento in cui Gesù si rivela come lo sposo promesso, fedele. Si dice che in quel momento si dà inizio ai segni, alla manifestazione della gloria. Ma il termine “inizio” è anche tra le prime parole del vangelo di Giovanni. In cui si dice che all’inizio il Logos, il Verbo era presso Dio. Questo è un rimando al racconto della Genesi dove si racconta che all’inizio della creazione del cielo della terra, la creazione era informe e vuota e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque. Probabilmente allora questo inizio più che temporale è qualitativo, intensivo. Cioè si dice che così come lo Spirito è da sempre con Dio, in Dio e quindi è Dio, allo stesso modo la creazione nel momento in cui viene pensata, viene pensata con noi che possiamo dare testimonianza. In questo senso il dare testimonianza diventa forse l’attività più grande e più meravigliosa che ci è concessa.

Nella seconda parte del Vangelo dopo la parte mancante in cui si si raccontano le persecuzioni e anche il fatto che lo Spirito illumina e convince il mondo riguarda al peccato, alla giustizia e al giudizio, Gesù dice che ha molte cose da dire. Ma di queste cose non possiamo portare il peso. Dice che lo Spirito, che viene definito Spirito della verità riprendendo la formulazione che abbiamo già incontrato, ci guiderà alla verità tutta intera. E termina dicendo che lo Spirito glorificherà Gesù perché prenderà del suo e ce lo annuncerà. Ciò che è suo è anche del Padre. Ciò che è del Padre è suo. Tutto questo ci verrà annunciato. 
Vorrei fermarmi però alla formulazione centrale laddove si dice che lo Spirito ci guiderà a tutta la verità. Poi si specifica: perché non parlerà da se stesso, perché dirà tutto ciò che avrà udito e annuncerà le cose future.

Il tema della verità “tutta intera” e affascinante. È stato accolto e recepito in tanti modi diversi. Il mondo medievale aveva un ideale universalista. Cioè sognava il saggio, sapiente, capace di essere esperto in tutto. Le epoche successive e la nostra soprattutto conoscono invece una super specializzazione. Dal punto di vista per esempio della conoscenza scientifica. È impossibile sapere tutto di tutto. Ma conosciamo anche una super relativizzazione. Non esiste più “una” verità. Esistono tante verità. Questo da certo punto di vista è meraviglioso perché è estremamente rispettoso. Pensate oggi ad esempio alla definizione di “famiglia”. Se diciamo famiglia, i nostri nonni pensano a una cosa. Ed è un’unica cosa: babbo, mamma, nonni e figli. Se chiedete oggi a un ragazzo delle scuole superiori cosa è “famiglia” vi racconterà un sacco di situazioni diverse. Famiglia è anche la signora col suo cagnolino. E non stiamo scherzando, c’è il massimo rispetto. Questa cosa è anche meravigliosa. Chiaro che ci scombussola. Perché siamo frammentati in duemila situazioni diverse. Che poi non sono duemila, sono quante siamo noi. Anche noi stessi poi abbiamo tanti punti di vista. Quindi questa meravigliosa diversità spesso si confonde. In questa meravigliosa diversità i tanti punti di vista che devono essere rispettati. Le persone che li portano avanti devono essere rispettate. Ma a volte dobbiamo avere coraggio di dire che alcuni punti di vista sono sbagliati. Pensate alla situazione di chi si rifiuta di curarsi perché è seguace di dottrine non scientifiche. Allora di fronte abbiamo la possibilità di avere un’unica verità monolitica, e questa è una cosa che la Bibbia rifiuta. È la torre di Babele. Gli uomini parlavano tutti la stessa lingua e si erano organizzati per fare una torre che toccasse il cielo. Per diventare loro, Dio. Vengono dispersi in migliaia di di lingue diverse. Vuol dire che la diversità è volontà di Dio. Dall’altra parte c’è il problema che questa meravigliosa differenza diventa conflitto. Diventa non comunicabilità. È la filosofia del linguaggio moderno che ci fa dire: io parlo ma non so cosa voi capite. Non so neanche “se” voi capiate. Quindi forse alla fine è tutto inutile. 

Di fronte a tutto questo il Vangelo ci dice che lo Spirito riesce a ricostruire una via nuova. La via della verità tutta intera. Che non significa né avere tutti la stessa idea, né significa avere una testa talmente grande, un computer talmente immenso da poter tenere dentro tutte le conoscenze. Ma significa cosa? Ci sono queste tre strade. La prima è riuscire ad accogliere quanto c’è donato. Quindi un cammino comunionale. Accogliere chi è venuto prima di noi, a partire dal Signore. Accogliere ciò che lui ci ha portato. Nel vangelo Gesù dice che lui ci ha rivelato tutto ciò che il Padre ha fatto conoscere a lui. Lui l’ha fatto conoscere a noi. Quindi accogliere quello che è la testimonianza di chi, in comunione, ci tramanda qualcosa. Il secondo passo è un qualche cosa che è un “tutto”. Che non ha aree segrete. Le aree segrete sono i luoghi di potere. Ciò che io so e voi non sapete, se è qualcosa di importante mi mette su un piedistallo rispetto a voi. Ecco questo non c’è. L’ultimo passo è “vi annuncerà le cose future”. Cioè questa verità tutta intera è una verità collocata dentro la storia con un passato, con una trasparenza. È al servizio, non è una verità che vuole essere potere. Ed è una verità che apre la mente a una prospettiva. La prospettiva futura. La prospettiva del Regno che viene.

Mi fermo qui. È chiaro che questo tema probabilmente sarebbe da sviluppare in modo molto più approfondito. Lasciamo che risuoni dentro di noi. Se qualcuno vuole collaborare lo può fare anche nei commenti che è possibile mettere su Youtube… 
Ecco viviamo la Pentecoste. Accogliamo questo vangelo e chiediamo che lo Spirito ci guidi a questa verità. Questa verità tutta intera.

Buona Pentecoste.