don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 11 Marzo 2021

Aveva ridato la parola a un muto mentre operava con il dito di Dio. Di solito i demoni strepitano, in questo caso, invece, si tratta di un demonio muto che rende muti. Non sempre il male si esprime con una parola maldestra o offensiva. Talvolta assume anche il volto di un silenzio apparentemente inoffensivo ma terribilmente distruttivo. È un male una verità non ricordata, è un male una difesa omessa o rinviata, è un male un grazie non offerto, un incoraggiamento negato. A volte crediamo che sia meglio tacere per rispetto e per carità fraterna. Forse, non poche volte, dietro un certo silenzio c’è un infantilismo (in/fanti perché non sappiamo parlare) che avvilisce.

Venne fra la sua gente ma i suoi non l’hanno accolto. Il prologo del vangelo di Gv racchiude in questa brevissima espressione il mistero del rifiuto del Cristo di Dio. Accostiamo la parola del Vangelo con l’atteggiamento di chi si chiede se per caso le cose non si ripetano nella nostra esistenza.

Attorno a Gesù, stranamente, si viene a creare un dinamismo di contrapposizione che, mentre crea il sospetto, isola. Non poche volte Gesù registra resistenze che vengono declinate in forme diverse. In questo caso i segni che egli compie sono segni evidenti di un male sconfitto e, tuttavia, scribi e farisei ne danno una spiegazione assurda: lo fa in nome di Beelzebul. Di fronte all’evidenza, scribi e farisei, pur di non perdere quel poco di potere che hanno nelle mani, si chiudono e interpretano dal momento che non possono negare quello che gli occhi di tutti vedono. Sono inquietati dalle sue parole e dai suoi gesti.

Ora, negare l’evidenza significa scegliere la menzogna, ma scegliere la menzogna vuol dire scegliere la morte. Per questo, altrove, Gesù qualificherà questo comportamento come una bestemmia contro lo Spirito Santo: aver visto la luce e, per calcolo, chiamarla tenebra è una ostinazione imperdonabile. Il non perdono di un simile peccato non è dovuto ad un qualche limite della misericordia di Dio: non può essere perdonato perché chi si comporta così non vuole essere perdonato.

L’atteggiamento di scribi e farisei mette a fuoco il carattere scandaloso e nuovo della rivelazione di Gesù. Gesù è incomprensibile a chi non è disposto ad aprire la porta della fede. Vedere da vicino i suoi miracoli non produce necessariamente la fede. Gesù rompe gli schemi: con la sua incondizionata disponibilità testimonia la realtà di Dio che è completamente rivolto all’uomo senza riserve. Su questa immagine di Dio, Gesù non è disposto a compromessi con nessuno, neanche di fronte a chi ritiene che egli abbia un demonio o, come annota Mc, pensa che sia fuori di sé.

A essere ostili nei confronti di Gesù sono persone costituite in autorità o per il ruolo (gli scribi) o per la pratica di vita (i farisei). Con il suo modo di fare Gesù aveva messo in discussione quanto essi non avrebbero voluto intaccare neppure minimamente. È vero, lo riconosciamo anche nella nostra vita: a volte abbiamo un senso così confortante delle nostre sicurezze e dei nostri parametri interpretativi, da non riuscire a vedere alcun bene che possa nascere fuori dei nostri recinti mentali o affettivi. Il rischio non è finito con la scomparsa degli scribi che non riescono a riferire a Dio quanto vedono accadere sotto i loro occhi.

La vita di ognuno di noi è divisa in se stessa quando a guidarci è lo spirito di superbia, di ribellione e di sufficienza di sé.

C’è una macchinazione del nemico – ci ricorda oggi la Parola di Dio – che ha come suo primo passo quello di rendere l’uomo sordo alla Parola di Dio, ma il vero intento è quello di rendere l’umanità muta davanti a Dio. Per questo Geremia, in maniera accorata, si fa portavoce del desiderio di Dio per noi: “Ascoltate la mia voce… camminate sempre sulla strada che vi prescriverò…”. L’ascolto si fa cammino.

È vero ciò che scriveva A. J. Heschel: «L’umanità non perirà per mancanza di informazione, ma per mancanza di apprezzamento. L’inizio della nostra felicità sta nel comprendere che una vita senza meraviglia non vale la pena di essere vissuta. Quello che ci manca non è la volontà di credere, ma la volontà di meravigliarci». Può accadere – e accade – di trovarsi di fronte al bene e non solo non riconoscerlo ma addirittura negarlo. Non è forse un bene che un uomo bloccato nella parola inizi a parlare? Eppure, per qualcuno non è così. C’è una invincibile indisponibilità a vedere perché c’è una invincibile indisponibilità ad ascoltare finendo per concludere che la vita coincida con quello che vedo io e con quello che sento io. È più facile rendersi complici del male che diventare facilitatori di bene.

Non poche volte si è convinti di stare dalla parte di Dio perché ci si fa sostenitori di determinate battaglie. Gesù, però, ci restituisce qual è il criterio del nostro essere dalla parte di Dio: quando si è dalla parte dell’uomo, soprattutto quando questi ha bisogno di essere restituito alla pienezza della vita. Quante discussioni infinite finiscono per bloccare l’anelito alla vita di tante persone! È più facile discettare sterilmente che aprirsi a una solidarietà feconda.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM

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