don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 1 Marzo 2020

Non fare nulla, resistere, lasciare che le pietre continuino ad essere pietre, sperare che il pane sia condiviso per contrazione cardiaca di fraternità e non per imposizione divina. Resistere alla tentazione di riuscire, di apparire e di risolvere. In qualche modo resistere alla tentazione di essere Dio, di essere Dio come l’uomo lo immagina. Gesù quel giorno, e per tutti quelli successivi, Gesù decide di iniziare a uccidere Dio. Di uccidere l’idea di Dio che abita il cuore dell’uomo. E non ci riuscirà. Non ancora.

Nel deserto, faccia a faccia con il Divisore, tentazione unica per mostrare l’onnipotente divina natura, lotta a viso aperto, vita e morte in prodigioso duello, tentazione vera, quel giorno, come sempre, è: attaccare, mostrare, violentare a fin di bene, tentazione vera è schierare le potenze divine, umiliare il male, usare la forza. Ma forse non esiste nessuna schiera, e sicuramente quella non è volontà di Padre. Allora non resta che fallire, deludere l’uomo, mostrare che non esiste un Padre che trasforma in pane i sassi, non esiste un Signore che interviene a sostenere mentre si butta la vita, non esiste un Amore che usa il potere in nome del bene. Non esiste quel Dio, quel Dio va ucciso, con tutti i rischi del caso. Primo rischio tra tutti sarà che senza questa idea l’uomo non capisca più perché deve credere in una qualche divina inutilità. Non è facile uccidere Dio. Scelta che nessuno vuole davvero. Tanto che questa idea del Dio Onnipotente che ferma le guerre e i virus e fa miracoli se preghi continua a risorgere senza pietà. Tentazione vera è sapere che uccidere quel Dio è e sarà inutile perché l’uomo alla fine lo terrà sempre in vita. Gli serve, appunto. Per abitudine, per sopravvivenza o semplicemente per paura ma gli serve, gli si inchina davanti e a lui sacrifica.

Nient’altro che fallire. Agli occhi del mondo mostrarsi inutile e perdente, far scivolare via la sfida, in qualche modo imparare a essere fedeli a quel silenzio che rimarrà impenetrabile e scandaloso perfino sul Calvario. Un Padre muto, oltre le nuvole, mentre il figlio, sotto, muore per amore. Dramma senza precedenti. Dio è morto, in nome dell’umana libertà. Dio continua a morire per l’umana libertà. Mentre l’idea di un Dio religioso e potente, di un Dio della difesa delle tradizioni, ma anche di un Dio affidabile perché dialetticamente affascinante, o di un Dio vicino perché schierato solo con gli ultimi, o di un Dio comunque utile per riempire i nostri bisogni resiste senza pietà. Un Dio che non si arrende al silenzio continua a resuscitare, a rinascere, cocciuto come la nostra paura. Ognuno ha il suo Dio: preti, teologi, catechisti, missionari, santi, tradizionalisti, progressisti, politici, parrocchiani, veggenti, io e te che stai leggendo… ognuno ha il suo Dio e lo difende. Gesù invece prova ad ucciderlo.

Io non lo so se il Signore induce o non abbandona alla tentazione ma so bene, perché lo scrive il Vangelo, che il deserto, la fame e il ricordo di Esodo, non sono una sventura ma lo spazio che lo Spirito sceglie per Gesù. Una rischiosa benedizione. Per Gesù. Perché quelle tentazioni, quelle del vangelo, non sono le mie, non sono le nostre, qui non si sta parlando della tentazione vaga del potere, quella banale, quella che prende ciascuno di noi, qui c’è altro, qualcosa di indicibile, qui c’è il Figlio che impara lo scandaloso Silenzio del Padre. Qui c’è un Figlio che decide di deludere l’uomo in nome di una libertà che l’uomo, sinceramente, non sembra meritare mai.

Deserto, spazio della fame. Luogo che rende selvatici, come tigri, quando la fame azzanna il cervello, quando quello che rimane dell’uomo è un corpo minacciato, un corpo violento e pronto a tutto pur di sopravvivere. Gesù si fa davvero uomo, più ancora che in quella grotta di angeli e pastori. Qui Gesù incarna la natura dell’uomo che ha fame, di quello che siamo davvero quando la fame svela la nostra natura. Qui Gesù non parla astrattamente degli uomini ma si incarna nella nostra natura. Quando abbiamo fame diventiamo tigri violente. Quando abbiamo paura pretendiamo interventi divini. Quando non vogliamo morire ci inchiniamo a chiunque per essere rassicurati. Non sono tentazioni nostre queste, questa pagina è la descrizione più vera dell’uomo. Nel deserto, dopo quaranta giorni, Gesù si incammina nell’uomo, Gesù scende veramente nella nostra natura, ci svela per quello che siamo, senza finzioni, quello è il deserto e lì è chiamato a decidere: che razza di Dio vuoi offrire a queste tigri affamate di pane, sicurezza e potere?

Il divisore non ha dubbi: serve un Dio facile, uno che riempia i vuoti, questo chiedono, di questo hanno bisogno. E Gesù ci pensa, sente che in qualche modo è vero ma lotta. Il divisore non ha dubbi, l’unico Dio che continueranno a pregare anche dopo di te, Gesù, è quello che risolve la vita, che moltiplica miracoli, che è onnipotente. Gesù lo sa. Questa è la tentazione. Drammatica.

Ma Cristo sceglie di colpire quell’immagine di Dio, la colpisce a morte e continuerà ad ucciderla per tre anni, sapendo bene che quell’omicidio sarà la sua condanna a morte. Credo che Gesù sia figlio di Dio proprio perché uccidendo l’idolo si condanna alla croce.

Quel giorno nel deserto non è questione dialettica tra un Messia e il Tentatore, in gioco c’è l’uomo, c’è la grande tentazione: accontentare l’uomo e lasciarlo schiavo dei propri istinti o accettare di deluderlo, prestare il fianco alla sua banalità, consegnare dentro quel silenzio l’alibi per l’umano tradimento?

Io non so se il Signore induce o non abbandona alla tentazione ma so bene che quel giorno le tentazioni erano sue, erano così potenti da essere solo sue. E che se credo ancora in Dio è proprio per quel suo modo di uccidere la mia idea di Dio, anche se questo mi lascia sempre in cammino e insoddisfatto. Credo nel Padre per questa sua assenza, per questo suo silenzio, per aver fatto a pezzi le immagini di lui, anche e soprattutto le più devote. Io so bene, lo so ogni giorno di più, che credere è camminare incontro al silenzio, è uccidere l’immagine divina e consolatoria che cocciutamente risorge ogni mattina. Io so bene che tentazione è trasformare, accontentare, dimostrare, scendere dalla croce. Io so bene che tentazione vera è non fallire, non perdere la faccia. Vincere. Io so bene che ancora non riesco a morire. Ed è per questo che ti ringrazio Signore, perché tu presidi il deserto e muori sconfitto e vedi quell’uomo libero e divino, a tua immagine, che ancora io non riesco a far nascere.

Fonte – il sito di don Alessandro

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Letture della Domenica
I DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO A
Colore liturgico: VIOLA

Prima Lettura

La creazione dei progenitori e il loro peccato.

Dal libro della Gènesi
Gen 2,7-9; 3,1-7

Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Sal 50 (51)

R. Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro. R.

Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto. R.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito. R.

Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode. R.

Seconda Lettura

Dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Rm 5,12-19

Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato. Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. Parola di Dio.

Forma breve:

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
5, 12.17-19

Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.

Parola di Dio

Vangelo

Gesù digiuna per quaranta giorni nel deserto ed è tentato.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 4, 1-11

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Parola del Signore

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