Commento al Vangelo del 19 ottobre 2014 – mons. Luigi Ginami

Anno A: DATE A DIO E A CESARE SENZA CONFUSIONI

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Mt 22, 15-21
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiàni, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.[divider]

  • Is 45,1.4-6
  • 1Ts 1,1-5
  • Mt 22,15-21

Noi ci sforziamo d’essere i primi a pagare tasse e tributi ai vostri funzionari, dovunque; e così da lui ci fu insegnato. In quel tempo, difatti, presentatisi a lui certuni gli domandarono se si dovessero i tributi a Cesare. Egli rispose “Ditemi: di chi reca l’immagine la moneta?” Quelli risposero: “Di Cesare”. Ed egli: “Date dunque a Cesare ciò ch’è di Cesare; a Dio ciò ch’è di Dio”.
Perciò l’adorazione la prestiamo a Dio solo; quanto al resto di buon grado serviamo voi, riconoscendovi imperatori e capi degli uomini, e pregando Dio che accanto all’autorità imperiale si riscontri in voi anche un sano discernimento. Che se, pur pregando per voi e mettendo ogni cosa alla luce, ci disprezzerete, sappiate che non saremo noi a riportarne danno, dacché crediamo, anzi siamo convinti, che ciascuno sconterà la pena del fuoco eterno secondo le azioni e renderà conto in proporzione delle facoltà ricevute da Dio, secondo il monito di Cristo: “Da colui al quale Dio più diede, più anche si esigerà” (Giustino, I Apol. 17). E’ un antico scritto oggi ad introdurci nella meditazione sulla liturgia della Parola, con Giustino vogliamo metterci alla scuola della Parola di Dio per cercare di capire come il cristiano si debba comportare nei confronti “di Cesare”, di quel potere temporale con il quale ogni persona si deve ogni giorno confrontare. Il fatto narrato dal Vangelo di S. Matteo si pone all’interno della polemica tra Gesù ed i farisei. Essi incapaci di cogliere l’invito della grazia e preoccupati di salvaguardare il prestigio sociale dei gruppi di potere, decidono di dare man forte ai sadducei facendo di tutto per coglierlo in fallo nei suoi discorsi, onde screditarlo di fronte al popolo e poterlo poi più tranquillamente eliminare dalla scena politica. Pongono così a Gesù le domande sul tributo a Cesare, sulla Risurrezione, sul comandamento maggiore, sul figlio di Davide. Tutto sembra studiato perché «finalmente » questo Maestro sia “incastrato”; se dice che bisogna pagare, il popolo, che è già esasperato dalle tasse, lo abbandonerà; se dice che non si deve pagare, per Lui è finita; ci penseranno le guardie dell’imperatore a incarcerarLo come agitatore di piazza. La risposta di Gesù si pone su un piano diverso da quello della legge o del facile populismo; la scala di valori in cui Dio e Cesare sono su piani diversi; né la fede al servizio dello stato, né lo stato custode della fede. Il fine dello stato e della Chiesa sono diversi ma non in contrapposizione, infatti entrambi hanno come interesse l’uomo completo, cittadino del mondo e, coscientemente o no, figlio di Dio e fratello di Cristo. Ed è sull’uomo concreto che si misura la verità del nostro messaggio e della nostra volontà di servizio. Senza volersi sostituire allo stato in ciò che è sua specifica competenza, quale la costruzione di una sempre più civile convivenza tra le varie componenti della società, della sicurezza del cibo quotidiano, delle strutture necessarie al vivere civile, quali la costruzione di ospedali, scuole, luoghi di preghiera e di accoglienza, non si può lasciare che gli affamati muoiano di fame o che gli ammalati non vengano curati solo perché « lo stato » non è riuscito a raggiungere tutti.
Gesù che insegna a dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio e chi obbedisce alle leggi umane pagando il tributo (cf Mt 17,24-27) al tempio, è anche fattivamente attento a dar da mangiare alle folle affamate, a guarire gli ammalati, ad accogliere i bambini. E’ un servizio di supplenza su problemi che se teoricamente possono essere attribuiti a questo o a quel potere, quando diventano piaghe da fasciare, bocche da saziare, uomini da amare, non permettono più di rimandare la soluzione del problema. Sapere che ogni giorno milioni di bimbi, di vecchi, di giovani, di adulti non potranno mangiare neppure una piccola parte di quello che noi mangiamo, sapere che con il valore di un giornale si può mantenere un bimbo indiano o con l’equivalente di un pacchetto di sigarette un’intera famiglia, non può lasciarci indifferenti, né spingerci a dire o a pensare: « Che cosa è questo rispetto alle necessità del mondo intero? ».

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