Commento alle letture di domenica 26 marzo 2017 – don Enzo Pacini

Il commento alle letture di domenica 26 marzo 2017 a cura di don Enzo Pacini cappellano del carcere «La Dogaia» di Prato.

Il percorso del cieco dalle tenebre alla luce

Nel contesto dei vangeli di taglio «battesimale» di queste domeniche di Quaresima, la liturgia di oggi ci presenta uno dei brani capolavoro di Giovanni, la guarigione del cieco nato (Gv 9, 1-41).  La luce di Cristo, che ispirerà anche il nome primitivo del sacramento del Battesimo, ovvero «illuminazione», si irradia con effetti contrastanti. Non vi è solo la precipitosa fuga delle tenebre di fronte ad essa, ma paradossalmente diventano più cupe anche le ombre, quando qualcosa si frappone come schermo davanti a questa sorgente (cf. Ef 5, 8-14; 2a lettura).

Il capolavoro del brano evangelico, come altri in Giovanni, sta proprio nel presentare questa dialettica, due percorsi, uno in salita l’altro in discesa, che si intersecano in questa vicenda. Il percorso del cieco è dalle tenebre alla luce, quello degli oppositori di Cristo esattamente al contrario.  Il punto di partenza è la problematica che turba l’impianto religioso che non sa collocare al suo interno la presenza destabilizzante del cieco nato, contraddizione palese della bontà e del senso della creazione. Una strategia ricorrente è la delegittimazione: il cieco non ci dovrebbe essere ma se c’è ci sarà una motivazione. Non può essere tollerato un tale atto di accusa vivente all’azione di Dio, e allora andrà ricercata nella trasgressione di qualcuno. In questo modo gli animi sono pacificati, si riconduce una realtà scandalosa nella plausibilità, tattica che emerge a volte anche oggi quando alla sofferenza altrui si risponde semplicemente cercando un colpevole, o peggio ancora, rivestendo il tutto con un manto di spiritualismo a buon mercato.  Tutto questo impianto viene messo in crisi dal fatto inaspettato della guarigione.  Perché questa apertura di vita, di un nuovo orizzonte, non provoca il canto di lode e ringraziamento?

Non può essere che il cieco ci veda, ci deve essere un trucco, questo messia puzza di eresia, questa felicità ottenuta fuori dai canali deputati non è accettabile, denuncia che l’impianto religioso non ha dato salvezza, ma solo condanna o invito alla rassegnazione. Ed ecco che inizia la distorsione della realtà: è il cieco… non è il cieco… il guaritore è uno «non abilitato», forse un impostore… e non importa quale sia la realtà. Si vorrebbe che il cieco aderisse all’interpretazione ufficiale, mentre per lui è molto più facile constatare: «ero cieco e ora ci vedo»(Gv 9,25). Ma l’interpretazione ha ormai preso il posto della realtà e di fronte a questo tipo di cecità non c’è miracolo possibile.

È allora l’interpretazione che fa la differenza, le tecnologie più raffinate aiutano fino a un certo punto. La facilità con cui oggi possiamo procurarci dati e informazioni di ogni tipo fino ad esserne sommersi va di pari passo con la difficoltà di capirci davvero qualcosa, la fatica (o il disprezzo) di una qualsivoglia attività sapienziale, la concentrazione sulle realtà più ridondanti quali parole, slogan, moti primari. La difficoltà di leggere i segni dei tempi (cf. Mt 16,3) e, per contro, la ricerca del consenso, di risposte facili e definitive, la concentrazione sull’apparenza, sono cifre della nostra cecità. Eppure il Signore non guarda l’apparenza ma il cuore (cf. 1Sam 16, 1-13; 1a lettura), perciò concentrarci sull’apparenza, o sulla sua codificazione, ci allontana da Dio. Potremmo addurre come scusante che in ogni caso non siamo capaci di conoscere il cuore dell’uomo (cf. Ger 17,9). Ma lo Spirito sì.  «Ora noi abbiamo il pensiero di Cristo» ( 1 Cor 2,16),  da chiedere continuamente come luce alle nostre menti.

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IV Domenica del Tempo di Quaresima

Gv 9, 1-41
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».

Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 26 Marzo – 01 Aprile 2017
  • Tempo di Quaresima IV, Colore rosa
  • Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

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