Commento alle letture di domenica 12 Gennaio 2020 – Carlo Miglietta

Il commento alle letture di domenica 12 gennaio 2020 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.

“Nelle prime Bibbie cristiane, il libro scritto da Matteo seguiva immediatamente l’ultimo dell’Antico Testamento ebraico (2 Cronache), come disposizione consecutiva. Matteo è cosciente di questo accostamento, e molto coraggiosamente si pone in linea di successione e di compimento rispetto alle promesse di Dio nella prima alleanza, della quale neppure una yod cadrà, la più piccola consonante dell’alfabeto ebraico. Lo “scriba” divenuto discepolo del Regno dei cieli (Mt 13,52), estrae cose antiche e cose nuove, per fornire la sua comprensione di Gesù alle sue comunità di cristiani ancora molto vicini al giudaismo.

Nei primi due capitoli di Matteo abbiamo visto la Genesi dell’Unto del Signore, la genealogia e la catena di generazioni tipiche del primo libro del Pentateuco di Mosè.

I capitoli 3 e 4 proseguono la rilettura matteana della storia di salvezza, proponendo il compimento della Torah in Gesù con evidenti paralleli al secondo libro del Pentateuco, l’Esodo (ebr.: Elle Shemôt). Anzitutto il contesto di geografia “teologica”, il deserto. Deserto dove risuona la parola del predicatore della vicinanza del Regno, Giovanni (3,1-17), la sentinella profetica che annuncia l’approssimarsi dell’aurora e dei tempi della mietitura. Come poco dopo farà Gesù, il messaggio è un caldo invito alla conversione-metanoia, al cambiamento di mentalità, all’inversione di rotta, al riconoscimento dei tempi maturi. Una conversione che tocchi l’agire pratico e quotidiano (3,8), non quello di chi dice “Signore! Signore!” (7,21-22). 

Con lui, dopo essere stato battezzato, Gesù vive una forte esperienza personale di predilezione da parte di Dio Padre, che gli manda la pienezza dello Spirito, e gli dice tutta il suo amore di predilezione (Matteo non dice che la voce del Padre viene udita da altri, o che alcuni vedano la “colomba” dello Spirito). Gesù sale dal Giordano, Israele nuovo, figlio prediletto, al quale viene data in eredità la terra promessa. Non dimentichiamo che non lontano dal luogo dove Giovanni battezza, Mosè è stato seppellito, e Giosuè inizia la sua entrata nella terra. Questa volta però la terra non verrà conquistata dal Messia con la spada, bensì con l’entrata nei cuori che si aprono alla conversione, alla nuova vita nel Regno” (M. Chiolerio).

“13 In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. 14 Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?». 15 Ma Gesù gli disse: «Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia». Allora Giovanni acconsentì. 16 Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. 17 Ed ecco una voce dal cielo che disse: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto»”.

Ci troviamo di fronte ad una narrazione di genere haggadico. L’haggadà è un racconto parabolico, simbolico, con degli elementi anche allegorici, mitici talora leggendari.

  • 13: – C’è una solenne introduzione di tipo biblica: “In quel tempo”, e poi viene rappresentata una “teofania”’, cioè una manifestazione del divino nell’ambito dell’umano.

– “Gesù dalla Galilea andò al Giordano”: dalla “Galilea gentium”, luogo di impurità perché di contatto con i pagani, da un posto malfamato, viene questo tizio ignoto il quale fa la fila con i peccatori e viene per essere battezzato.

– Gesù è immerso nel Giordano, come gli ebrei nel passaggio del mar Rosso, e nel passaggio del Giordano prima di entrare nella Terra Promessa. C’e un chiaro riferimento simbolico a Gesù come nuovo Israele: come Israele, uscendo dalla schiavitù di Egitto, era stato immerso nel Mar Rosso, e poi nel Giordano, così ora Gesù inizia la sua vita pubblica immerso nel Giordano.

Gesù è il segno dell’Israele ubbidiente alla Parola di IHWH.

  • 16: – Arriva la famosa “colomba”. Se ci riferiremo non più concretamente a questo piccione, che non ci permette di capire la realtà dello Spirito di Dio, avremo fatto un passo nella nostra Fede.

Che cosa è veramente questo piccione che arriva giù? E’ un modo simbolico per intendere una teofania, cioè quell’intervento divino che entra nell’umano. La colomba, in ebraico è giona: e giona è l’uccello divino celeste. C’è anche un profeta che ha il nome di ‘colomba’: il profeta Giona che è un messaggero di Dio. La sua storia è molto chiara: il profeta scappa, non vuole essere messaggero, viene poi preso dalla famosa balena e vomitato davanti a Dio, per adempiere la missione per cui era stato mandato.

La colomba è 1’uccello che annuncia la pace a Noè alla fine del diluvio (Gen 8,11-12), è il simbolo stesso di Israele (Os 11,11; Ct 2,14; 5,2; 6,9). E’ un modo per dire che  Dio entra nella storia, che Dio annuncia qualche cosa agli uomini. La colomba è simbolica, cioè un modo allegorico di dire che Dio entra nella storia, è il simbolo dello Spirito Santo che viene nella storia.

– “Si aprirono i cieli”: questa affermazione è molto importante. E’ la fine della separazione tra Dio e gli uomini: ormai i cieli non sono più chiusi agli uomini, l’uomo può aderire al divino, l’uomo può avere un contatto con Dio

– “lo Spirito di Dio”: questo Spirito è la “Ruah IHWH”, lo stesso Spirito che aleggia sulle acque (Gen 1,1), lo Spirito che consacra i Profeti. Qui consacra l’Evento, il Cristo, compiendo quasi una nuova creazione: come allora lo Spirito, aleggiando sulle acque, diede via al creato, così ora lo Spirito che viene su Cristo forma l’uomo nuovo, Gesù Cristo, il nuovo Adamo, l’uomo perfetto (vedremo subito dopo fra qualche versetto un chiaro riferimento in questo senso).

  • 17: – “Ed ecco una voce dal cielo”. Non si dice: “si sentì”: forse solo Gesù sente questa voce, è una sua comprensione spirituale: capisce di essere l’eletto, il Figlio di Dio.

Ci troviamo di fronte ad un brano che probabilmente vuole significare questo: alla sequela del Battista, Gesù prende coscienza della sua Missione, Gesù capisce di essere un Inviato importante, capisce di avere una chiamata del tutto particolare.

Tutti i Vangeli riportano questo brano, perché tutti comprendono questa intuizione particolare da parte di Gesù. Tutti sono d’accordo nel dire che, alla sequela del Battista, Gesù prende coscienza della sua missione, e lo esprimono attraverso questa forma simbolica che afferma che mentre Gesù è immerso nel Giordano lo Spirito di Dio scende su di lui, ed egli sente la voce che gli dice: “Sei il mio Figlio prediletto: in te mio sono compiaciuto”.

Non dobbiamo scandalizzarci che questo racconto sia di tipo simbolico: la realtà è proprio che in questo momento Gesù capisce di essere il Figlio di Dio, mentre il modo di esprimerlo risente di alcuni generi letterali.

I generi letterali sono:

  1. la tradizione biblica dell’Esodo interpretata secondo Isaia: Gesù nuovo Israele. Gesù viene immerso come Israele è stato immerso nel Mar Rosso;
  2. le antiche sequenze delle scritture profetiche: se leggiamo ad esempio Ezechiele, o Geremia ed Isaia, vediamo spesso che lo Spirito di Dio scende sul Profeta, lo riempie e lo consacra per la sua Missione;
  3. qui c’e già una rilettura da parte della prima comunità attraverso l’esperienza battesimale cristiana. I cristiani sanno che è il momento in cui si scoprono figli di Dio. Sacramento è una parola latina che vuole dire “segno”. La parola “baptìzo” vuol dire: “mi immergo”. Nell’immersione battesimale io scopro di essere figlio di Dio. Anche a Gesù viene riconosciuta la consapevolezza della sua Missione nell’ambito dell’esperienza battesimale.

Che cosa ci dice tutto questo? Al versetto 17 si dice: “Questi è il Figlio mio diletto”: Gesù il Figlio, il nuovo Adamo. Gesù si presenta veramente come il Servo sofferente di Isaia 42, facendosi in tutto solidale con noi, facendo la fila con i peccatori. La citazione di Isaia 42,1 che viene fatta in questo versetto, richiamata esplicitamente in Matteo 12,18 (“Ecco il mio servo che io ho scelto; il mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto!”), usa la parola greca huiòs che ha un doppio significato:  vuol dire sia Figlio che Servo. In Is 42 si parla infatti del Servo, figura misteriosa che in Is 53,1-12 è “uomo dei dolori”, che conosce chiaramente il patire, da cui noi siamo salvati. E’ una figura enigmatica che sconcerta Israele, che aveva sempre aspettato un Messia trionfante, potente, che li avrebbe liberati dal giogo delle dominazioni straniere. Invece Isaia proclama che saremo salvati da un uomo disprezzato, reietto dagli uomini, percosso da Dio, umiliato come pecora muta condotta al macello, e muto di fronte ai suoi persecutori.

Su questa figura di uomo sofferente si è tantissimo riflettuto. Si è pensato che il brano fosse riferito ad Isaia stesso, perché, come sappiamo, i Profeti sono sempre stati maltrattati perseguitati e uccisi. Altri hanno individuato in questo Servo qualche re di Israele, come Ezechia, o altri personaggi, come Geremia. Altri invece hanno dato un’interpretazione collettiva: questo servo di IHWH, che ha dato la vita, sarebbe Israele stesso. Questa interpretazione non è stata mai rifiutata anche dalla Chiesa: il primo grande significato del Servo dalle cui piaghe tutti siamo guariti è il popolo di Israele, benedizione delle genti. Dobbiamo sempre avere un grande rispetto, un grande amore per Israele: gli Ebrei sono i nostri “Fratelli maggiori”.  C’e un capitolo della Bibbia che poco si conosce ma che è fondamentale, Romani 11, in cui Paolo dice:

13 Pertanto, ecco che cosa dico a voi, Gentili: come apostolo dei Gentili, io faccio onore al mio ministero, 14 nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. 15 Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione, se non una risurrezione dai morti?

16 Se le primizie sono sante, lo sarà anche tutta la pasta; se è santa la radice, lo saranno anche i rami. 17 Se però alcuni rami sono stati tagliati e tu, essendo oleastro, sei stato innestato al loro posto, diventando così partecipe della radice e della linfa dell’olivo, 18 non menar tanto vanto contro i rami! Se ti vuoi proprio vantare, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te.

19 Dirai certamente: Ma i rami sono stati tagliati perché vi fossi innestato io! 20 Bene; essi però sono stati tagliati a causa dell’infedeltà, mentre tu resti lì in ragione della fede. Non montare dunque in superbia, ma temi! 21 Se infatti Dio non ha risparmiato quelli che erano rami naturali, tanto meno risparmierà te!

22 Considera dunque la bontà e la severità di Dio: severità verso quelli che sono caduti; bontà di Dio invece verso di te, a condizione però che tu sia fedele a questa bontà. Altrimenti anche tu verrai reciso. 23 Quanto a loro, se non persevereranno nell’infedeltà, saranno anch’essi innestati; Dio infatti ha la potenza di innestarli di nuovo! 24 Se tu infatti sei stato reciso dall’oleastro che eri secondo la tua natura e contro natura sei stato innestato su un olivo buono, quanto più essi, che sono della medesima natura, potranno venire di nuovo innestati sul proprio olivo!

25 Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l’indurimento di una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti. 26 Allora tutto Israele sarà salvato come sta scritto:

Da Sion uscirà il liberatore,

egli toglierà le empietà da Giacobbe.

27 Sarà questa la mia alleanza con loro

quando distruggerò i loro peccati” (Rm 11,13-27).

Come possiamo vedere qui Paolo ci ricorda che noi siamo l’olivastro, pianta bastarda innestata sull’ulivo buono che è Israele. E’ la pianta, sono le radici che portano e nutrono noi che siamo l’olivastro, anche se il Messia non è stato riconosciuto. E se Dio è stato così severo con loro che erano l’ulivo buono, anche se non li ha tagliati interamente fuori dal discorso della promessa, sarà tanto più severo con chi è l’olivastro bastardo innestato sull’ulivo buono.

Paolo poi conclude poi con quel grande versetto che parla del “mistero di Israele” che noi non ricordiamo mai: non sappiamo quando ci sarà la fine del mondo, ma Paolo ci dice che prima della fine dei tempi Israele si convertirà, e solo allora sarà la fine.         Dunque tutte le previsioni, le superstizioni, le interpretazioni erronee delle Scritture da parte di alcune “sette” non sono da tenere in considerazione: la fine sarà quando tutto Israele sarà convertito.

“Mistero di Israele”: Israele è il nostro fratello maggiore, noi siamo figli di Abramo, ricordiamoci bene: dobbiamo un profondo rispetto per coloro che ci hanno insegnato veramente la fede.

Veniamo ora un altro significato del Servo Sofferente. Ben presto già nella teologia ebraica, il Servo Sofferente viene identificato con il Messia, colui che alla fine dei tempi porterà la Salvezza, non più attraverso azioni gloriose ed imprese militari, ma attraverso la sua sofferenza e la sua passione. Il Vangelo lo presenta come il Figlio Servo, il Messia che realizza la profezia del Servo sofferente, e ce ne dà la dimostrazione: è lì in mezzo ai peccatori! Ma pensiamo: un Dio grande e potente che fa la sua comparsa in pubblico, facendo la fila, aspettando di essere battezzato!| Questa solidarietà con gli uomini raggiungerà la sua pienezza sulla croce, quando Gesù riceverà il vero Battesimo. Lo dice Marco 10,38-39:

“38 Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». 39 E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete”.

Questa è la solidarietà di Gesù fino in fondo.

Qui c’e un parallelo continuo con la figura di Adamo. Adamo, il primo uomo, aveva voluto farsi come Dio, aveva voluto mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male, perché il tentatore aveva detto: “Se mangerete sarete come Dio” (Gen 3,5). Gesù fa il cammino inverso, il Dio invece che si fa uomo: è quello che Paolo definisce il mistero della kènosis, dello svuotamento, dell’annientamento, il cammino dell’umiliazione, il solo cammino che porta all’esaltazione (Fil 2,5-11). Ecco perché Gesù dice di essere i primo che si è fatto ultimo, il Servo di tutti.

Ciò ha delle conseguenze tremende per noi. Gesù entra nella storia anonimo, nascosto tra la gente, e questo è un insegnamento anche per noi. La Chiesa è chiamata non a discorsi di potenza e di gloria, ma a nascondersi fra la gente, a condividere la sorte degli ultimi, a mischiarsi con i peccatori, a condividere la vita delle persone povere, emarginate, escluse. Gesù qui non fa un discorso, un programma Pastorale, ma dà un esempio, una lezione alla sua Chiesa. Noi siamo chiamati a stare con gli altri, siamo chiamati al servizio, allo svuotarsi, a diventare ultimi, a morire per gli altri.

Questa è la folle logica che il Vangelo ci propone fin dai primi versetti: il discepolo è chiamato a seguire il Maestro. Matteo dà una lezione anche di Catechismo: vuole insegnare ad un catecumeno, cioè a colui che vuole diventare cristiano, che il Battesimo, per noi come per Gesù, è un momento innanzitutto di morte. Sì, il Battesimo è segno di morte, morte dell’uomo vecchio,  morte alle cose di questo mondo, morte alla superbia, morte allo spirito di possesso e di dominio: è  autorinnegamento. Solo attraverso questa strada si arriva a risorgere con Cristo; come dice Paolo: “Se parteciperemo alla sua immersione, parteciperemo alla sua emersione” (Rm 6,4; Col 2,12).


Letture della Domenica
BATTESIMO DEL SIGNORE – ANNO A – Festa
Colore liturgico: BIANCO

Prima Lettura

Ecco il mio servo di cui mi compiaccio.

Dal libro del profeta Isaìa
Is 42,1-4.6-7

Così dice il Signore:
«Ecco il mio servo che io sostengo,
il mio eletto di cui mi compiaccio.
Ho posto il mio spirito su di lui;
egli porterà il diritto alle nazioni.

Non griderà né alzerà il tono,
non farà udire in piazza la sua voce,
non spezzerà una canna incrinata,
non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta;
proclamerà il diritto con verità.

Non verrà meno e non si abbatterà,
finché non avrà stabilito il diritto sulla terra,
e le isole attendono il suo insegnamento.

Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia
e ti ho preso per mano;
ti ho formato e ti ho stabilito
come alleanza del popolo
e luce delle nazioni,
perché tu apra gli occhi ai ciechi
e faccia uscire dal carcere i prigionieri,
dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Sal 28 (29)
R. Il Signore benedirà il suo popolo con la pace.

Date al Signore, figli di Dio,
date al Signore gloria e potenza.
Date al Signore la gloria del suo nome,
prostratevi al Signore nel suo atrio santo. R.

La voce del Signore è sopra le acque,
il Signore sulle grandi acque.
La voce del Signore è forza,
la voce del Signore è potenza. R.

Tuona il Dio della gloria,
nel suo tempio tutti dicono: «Gloria!».
Il Signore è seduto sull’oceano del cielo,
il Signore siede re per sempre. R.

Seconda Lettura

Vita familiare cristiana secondo il comandamento dell’amore.

Dagli Atti degli Apostoli
At 10,34-38

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. 

Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti.

Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui».

Parola di Dio

Vangelo

Appena battezzato, Gesù vide lo Spirito di Dio venire su di lui.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 3,13-17

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.

Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.

Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Parola del Signore

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