Commento alle letture del Vangelo del 5 novembre 2017 – Carla Sprinzeles

Amici, vorrei centrare il messaggio di oggi in una frase di Gesù: “Non fatevi chiamare maestri dalla gente, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. Non chiamate nessuno padre sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.”

Guardiamoci in verità: abbiamo voglia di esibirci, per ricevere il plauso e la stima degli uomini? Il rischio è notevole: sono piccinerie, ingenuità, che nascondono dietro la voglia di apparire la pretesa di sottrarsi alla legge di Dio, dietro la smania di titoli altisonanti il bisogno segreto di prendere il posto all’unico Padre e Maestro.
La nostra condizione è quella di essere alunni alla scuola di Dio. Occorre vivere nell’attenzione all’azione di Dio, alla sua presenza, da poter esprimere completamente nella nostra vita, nei limiti delle nostre strutture, la Parola di Dio che risuona in noi: occorre ascolto, confronto, proposta e stimolo.

MALACHIA 1,14 2,8-10

Il brano proposto nella prima lettura è del libro di Malachia. Si riferisce ai sacerdoti e ai leviti che prestano servizio nel tempio di Gerusalemme, restaurato di recente, dopo la lunga sospensione dalle celebrazioni liturgiche, a causa dell’intervento distruttore compiuto da Nabucodonosor nel 587 avanti Cristo. Ma la ripresa delle celebrazioni rituali nel modesto santuario post-esilico verso il 515 – non esprime religiosità autentica e vissuta da parte dei ministranti, ritornati da Babilonia. Nella casa del Signore i rimpatriati non vengono alimentati nella loro effettiva relazione con Dio, a causa della poca fede dei sacerdoti: essi non danno gloria a Dio!
Il profeta denuncia, a nome di Dio, le cause del vuoto religioso e teologale della classe sacerdotale post-esilica: “Voi avete deviato dalla retta via e siete stati di inciampo a molti con il vostro insegnamento….non avete seguito le mie vie e avete usato parzialità nel vostro insegnamento!”
Malachia non denuncia idolatria nel culto del tempio, come prima dell’esilio aveva denunciato il profeta Ezechiele. Tuttavia la ritualità senza fede è offensiva della “gloria” divina, è pratica fuorviante e “insegnamento” scandaloso per il popolo! Se non c’è alleanza sincera con Dio – ossia relazione di fedeltà profonda con Dio-, il culto si deforma e l’insegnamento del sacerdote al popolo è svigorito e fuorviante!
Non fanno avvicinare a Dio e diventano pietra di inciampo al popolon col loro insegnamento distorto. Sono ipocriti: hanno ridotto il culto ad un vano rituale solo esteriore, hanno praticato un culto che non hanno preso a cuore, hanno manipolato la legge per interessi personali.
L’ultimo versetto è un invito a essere uniti nel bene avendo tutti uno stesso Dio e uno stesso Padre.

MATTEO 23, 1-12

Anche oggi il vangelo è in perfetto accordo con la prima lettura nella quale il profeta Malachia si scaglia contro i cattivi sacerdoti. Qui Gesù si scaglia contro scribi e farisei, i potenti del tempo, quelli che “contano”.
I farisei erano i difensori più intransigenti delle tradizioni, i “separati” dagli altri. Gli scribi erano i dotti della legge, gli studiosi di professione della legge di Mosè. Sia gli scribi che i farisei sono presentati nel vangelo come oppressori del popolo, rendevano la legge disumana, sfruttavano per se stessi una posizione religiosa per accaparrare onori e privilegi: Gesù si è fatto servo di tutti è l’unico maestro. “Non fatevi chiamare rabbì, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.”
Quando due persone stanno insieme, è facile che l’uno faccia il padrone e l’altro lo schiavo, diceva Karl Marx, il quale elaborò un sistema per ottenere un’eguaglianza. L’errore di Karl Marx, come quello della rivoluzione francese, è di aver sognato un’eguaglianza fittizia, perché fomentata dall’esterno e non dal cambiamento interiore dell’uomo.
Ammesso che ci fosse stata una coscienza di classe, i proletari sarebbero diventati i nuovi padroni e la situazione ribaltata avrebbe ripetuto la precedente. Il sogno dell’uniformità suscita comunque la violenza perché si troverà sempre qualcuno cje voglia sopraffare l’altro, uscire dal gregge e usare il prossimo per i suoi comodi. Finché l’essere umano non ha scoperto la sua identità d’immagine irripetibile di Dio, finché non sa che il suo spazio e la sua ricchezza non sono esteriori, ma appartengono all’interiorità, la sua esigenza gli appare come troppo fragile per non desiderarne un potenziamento, e questo avviene necessariamente a spese dell’altro.
Solo chi si conosce figlio del Padre celeste, amato di un amore che non si esaurisce mai, è sufficientemente radicato nella sua esistenza per non aver bisogno di sminuire quella dell’altro. Di conseguenza, la diversità diventa possibile, non più come radice d’invidia, ma di condivisione, come preziosità dell’individualità a beneficio di tutti.
Il più grande allora può diventare servo.
Chi mette le sue conoscenze a servizio degli studenti, si rallegra nel vederli diventare più bravi di lui; così la convivialità proposta da Cristo è una gara a chi, valorizzando l’altro, si sentirà tanto più realizzato. Ma è spesso più facile lusingare chi ha potere, chiamandolo “maestro” o “cavaliere”, per ottenerne benevolenza e sicurezza.
Quanta fatica in certe comunità, religiose o no, per rinunciare ai titoli e alle adulazioni che danno fiducia a chi teme di essere lasciato solo di fronte alla sua esistenza.
Il vangelo ci aiuta a scegliere la libertà, a prezzo del dono del proprio spazio, della propria vita, per ritrovarli nell’infinito dell’interiorità.

Amici, chiediamoci se queste parole di Gesù, rivolte ai farisei, possono essere rivolte anche a noi. La nostra vita corrisponde a quanto diciamo?
Quanto male fa al Vangelo sapere di credenti sempre pronti a farsi ammirare, che in realtà fingono in cuor loro! Meglio un atteggiamento esteriore semplice ed una feconda spiritualità che una esteriorità priva di verità.
L’unico maestro è Gesù, seguiamo lui nell’umiltà e nella verità!

A cura di Carla Sprinzeles | via Qumran

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 5 novembre 2017 anche qui.

XXXI Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt 23, 1-12
Dal Vangelo secondo  Matteo

1Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2dicendo: «Sulla cattedra di Mosé si sono seduti gli scribi e i farisei. 3Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. 4Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, 7dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. 8Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. 9E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. 10E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. 11Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; 12chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 05 – 11 Novembre 2017
  • Tempo Ordinario XXXI
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo A
  • Salterio: sett. 3

Fonte: LaSacraBibbia.net

LEGGI ALTRI COMMENTI AL VANGELO

Read more

Local News