Commento alla Colletta del 10 dicembre 2017 – Goffredo Boselli

Anche in questa colletta, come quella di domenica scorsa, troviamo il tema del movimento, più esattamente della corsa incontro al Cristo: “in tui occursum Filii festinante”. Occursus evoca il verbo occurso, andare incontro e dunque “mentre accoriamo verso” oppure “nella corsa incontro al tuo Figlio”, dunque non del semplice “cammino”.
Se alla liturgia sta dunque a cuore l’immagine della corsa incontro al Veniente, al punto da porcela davanti per due domeniche consecutive, facendone così uno dei tema maggiori dell’Avvento, significa che questa immagine custodisce una verità da fare nostra e da vivere. La liturgia fa del vegliare una qualità dinamica, e questo lo ha compreso molto bene John Henry Newman quando scrive: “Noi non dobbiamo solo credere, ma vegliare; non dobbiamo solo amare, ma vegliare”.

E poi aggiunge “Ma cosa significa vegliare? Veglia nell’attesa di Cristo, chi ha un cuore sensibile, aperto e accogliente, chi è desto, pronto, intuitivo, che si tiene in agguato, ardente nel ricercarlo e nell’onorarlo. Veglia nell’attesa di Cristo chi lo attende in tutto ciò che gli succede e che non sarà né sorpreso, né confuso, né sconvolto se è messo di colpo davanti al fatto improvviso della sua venuta”. “Desto, pronto, intuitivo, che si tiene in agguato” secondo quanto dice Newman, ecco la qualità dinamica del vegliare che le collette delle prime tre domeniche di Avvento rendono con verbi di movimento, con l’immagine del correre verso.

Ma la colletta di questa domenica insieme all’immagine della corsa verso il veniente, ci invita a considerare anche cosa può ostacolare il cammino e cosa invece lo velocizza. “Fa’ che il nostro impegno nel mondo non ci ostacoli nel cammino verso il tuo Figlio”, nel testo latino “nulla opera terreni actus impediant”, dunque “nessuna opera dell’agire terreno ci ostacoli” o “ci intralci”. La colletta ci ricorda che le “terrestria”, le cose della terra, le opere della terra possono essere di ostacolo. Molto sobriamente e in modo equilibrato la liturgia ci fa chiedere che le nostre azioni terrene non ostacolino la corsa, non nel senso di impedirla ma di rallentarla. E qui non c’è nessuna volontà di disprezzare o di denigrare ciò che è terreno, ma con grande realismo ed esperienza dell’umano, si prega che la corsa non sia trattenuta, nel senso di rallentata, appesantita.

Abbiamo sentito Newman affermare che “Veglia nell’attesa di Cristo chi lo attende in tutto ciò che gli succede”; e noi, alla luce di questa colletta, potremmo aggiungere, “Veglia nell’attesa di Cristo chi lo attende in tutto ciò che fa. Anche le nostre terrestria opera, gli atti terreni non ci sono di impedimento, non ci trattengono, perché attendiamo Cristo attraverso ciò che facciamo. Questo significa che vegliare non è solo pensare o un pregare, ma le nostre azioni terrene, quelle più quotidiane sono un vegliare: l’agire quotidiano, il più umano e perfino profano è vegliare.
Se le azioni terrene possono rallentare, vi è anche ciò che invece velocizza la corsa la “sapienza che viene dal cielo”, “sapientiae caelestis eruditio”. La sapienza dello Spirito ci erudisce, vale a dire che l’opera dello Spirito è un insegnamento. Un erudire, cioè ci trae fuori dalla nostra condizione di ignoranza; ci fa letteralmente meno “rudi” e più raffinati nel valutare il senso e il valore delle nostre azioni terrene. L’andare alla scuola della sapienza dello Spirito, l’insegnamento dello Spirito ci rende partecipi al suo Regno. Il testo latino della colletta recita ”nos faciat eius esse consortes”, “ci faccia partecipi della sua stesa sorte”, la sorte del Figlio.
Dunque, preghiamo e invochiamo l’insegnamento dello Spirito perché la sua sapienza ci conduca a condividere la vita stessa del Figlio.

Goffredo Boselli, monaco di Bose

Dio grande e misericordioso,
fa’ che il nostro impegno nel mondo
non ci ostacoli nel cammino 
verso il tuo Figlio,
ma la sapienza che viene dal celo
ci guidi alla comunione con il Cristo, 
nostro Salvatore.

Omnipotens et misericors Deus,
in tui occursum Filii festinantes
nulla opera terreni actus impediant,
sed sapientiae caelestis eruditio
nos faciat eius esse consortes.

 

 

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