Commento al Vangelo di domenica 26 novembre 2017 – ElleDiCi

RE, PASTORE, GIUDICE

Qualunque nome noi usiamo per indicare Gesù Cristo sarà sempre inadeguato, dovendo ricorrere al vocabolario umano per designare colui che, vero uomo come noi, è anche ve-ro Dio, che trascende infinitamente l’intelligenza di ogni creatura. Tuttavia i nomi che at-tribuisce a Cristo la parola di Dio, spiegata dalla Chiesa, ci danno un aiuto per avvicinarci a lui, intendere in qualche misura chi egli è in sé e per noi. Così quando lo onoriamo, nella solennità odierna, col titolo di «Re dell’universo». Ma le letture di oggi lo presentano anche come «pastore» e come «giudice», suggerendoci approcci diversi, per quanto sempre inadeguati, per avvicinarci a colui per il quale, con il quale e nel quale ci viene tutto ciò che abbiamo e possiamo avere di vero o di bene, per il tempo e per l’eternità.

«Bisogna che egli regni»

Così s. Paolo, dopo aver detto che Cristo, quando sarà venuto e sarà giunta la fine, «con-segnerà il regno a Dio Padre». Nella descrizione che fa del giudizio finale, Gesù parla del «trono della sua gloria», su cui sederà lui stesso, il Figlio dell’uomo. E poco dopo: «Il re di-rà a quelli che stanno alla sua destra… Rispondendo, il re dirà loro».
Quando Gesù è ancora un piccolo bimbo povero e sconosciuto, i magi venuti dall’oriente lo cercano domandando: «Dov’è il re dei Giudei che è nato?» (Mt 2,2). Dopo che ha moltiplicato miracolosamente i pani e i pesci, le folle entusiaste vogliono rapirlo e proclamarlo re (cf Gv 6,15). Entra in Gerusalemme in groppa a un asino e la gente esclama: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele» (Gv 12,13). A Pilato che lo interroga esplicitamente: «Dunque, tu sei re?» non esita a dichiarare: «Io sono re» (Gv 18,37), pur spiegando ben chiaro che il suo regno non è di questo mondo e consiste nel «rendere testimonianza alla verità» (Gv 18,33-37).

«Il Signore è il mio pastore»

Il Concilio ci richiama questa verità, indicando, con le parole del prefazio, di che natura è il regno di Cristo e suggerendoci quello che dobbiamo fare perché il suo regno diventi realtà nella Chiesa e nel mondo: «Cristo, che si è fatto obbediente fino alla morte e perciò è stato esaltato dal Padre (cf Fil 2,8-9), è entrato nella gloria del suo regno; a lui sono sottomesse tutte le cose, fino a che egli sottometta al Padre se stesso e tutte le creature, affinché Dio sia tutto in tutti (cf 1 Cor 15,27-28). Questo potere egli l’ha comunicato ai discepoli, perché anch’essi siano costituiti nella libertà regale, e con l’abnegazione di sé e la vita santa vincano in se stessi il regno del peccato (cf Rm 6,12), anzi servendo a Cristo anche negli altri, con umiltà e pazienza, conducano i loro fratelli al re, servire al quale è regnare. Il Signore infatti desidera dilatare anche per mezzo dei fedeli laici il suo regno, regno “di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, d’amore e di pace”» (Lumen gentium, 36).

Troviamo una menzione del pastore nella descrizione del giudizio finale: «Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra». Ma è soprattutto nella 1a lettura e nel salmo che emerge la figura del pastore. Era comune fra i semiti designare col nome di pastori i capi del popolo. Così fa anche il profeta Ezechiele, rivolgendo amari rimproveri «ai pastori d’Israele che pascono se stessi», e contrapponendo loro la figura del pastore che ha per il suo gregge cura e sollecitudine commoventi (Ez 34). Per Dio, pastore del suo popolo, il gregge non è fonte di guadagno, ma oggetto di un amore che non risparmia attenzione e fatiche, specialmente per le pecore che hanno maggiormente bisogno di lui: quelle perdute, ferite e malate. Gesù applicherà a se stesso quello che dice Dio per bocca di Ezechiele: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore» (Gv 10,11). Anche per Gesù la pecora smarrita è quella che più impegna le sue cure di pastore (cf Lc 15,4-6). In Gesù si avvera luminosamente quello che dice il salmo responsoriale: «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla, su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce». Il Concilio vede nella Chiesa «il gregge, di cui Dio stesso ha preannunziato che sarebbe il pastore (cf Is 40,11; Ez 34,11ss), e le cui pecore, anche se governate da pastori umani, sono però incessantemente condotte al pascolo e nutrite dallo stesso Cristo, il pastore buono e il principe dei pastori (cf Gv 10,11; 1 Pt 5,4), il quale ha dato la sua vita per le pecore (cf Gv 10,11-15)» (Lumen gentium, 6). Facendo nostri i sentimenti del salmista, siamo invitati alla fiducia nel Pastore divino: «Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza». Ascoltare la voce del Pastore che ci parla nel Vangelo e nella Chiesa, cercare di conoscerlo sempre più da vicino, con una conoscenza che è amore e porta all’amore, seguirlo docilmente imitando i suoi esempi, combattendo il nostro egoismo per renderci disponibili ai fratelli: la meditazione su Gesù pastore ci presenta tutto un programma di vita.

Il giudizio finale

Gesù re e giudice. Lo confessiamo solennemente nel Credo: «Di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti». Su che cosa ci giudicherà? Certo, dobbiamo tenere presente tutta la parola di Dio, che c’insegna che «tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male» (2 Cor 5,10).
Nel Vangelo di oggi, materia del giudizio sono le «opere di misericordia»: quelle che avremo fatto o non avremo fatto a favore dei «fratelli più piccoli» di Gesù. Chi sono? I suoi discepoli? Quelli che ha mandato ad annunziare il suo Vangelo? Certamente questi: ma se pensiamo a tutto ciò che la Bibbia ci dice sul dovere della giustizia, della carità, della solidarietà, dobbiamo riconoscere che siamo debitori a tutti e che dovremo rendere conto del nostro comportamento verso tutti e verso ciascuno, in primo luogo verso i più piccoli, i più poveri, ai quali vanno costantemente le preferenze del Salvatore. Saremo sudditi fedeli di Cristo Re dell’universo se crederemo in lui, lo ameremo, lo prenderemo come esempio nella vita d’ogni giorno, se lo sapremo vedere, amare, aiutare nei più piccoli dei suoi fratelli.

 Fonte

Tratto da “Omelie per un anno 1 e 2 – Anno A” – a cura di M. Gobbin – LDC

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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

Mt 25, 31-46
Dal Vangelo secondo  Matteo

31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 26 Novembre – 02 Dicembre 2017
  • Tempo Ordinario XXXIV
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo A
  • Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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