Commento al Vangelo di domenica 14 gennaio 2018 – ElleDiCi

LA NOSTRA RISPOSTA

La Bibbia si potrebbe definire la storia di Dio che chiama, non si stanca di chiamare. Chiama Adamo, Noè, Abramo, Mosè, i profeti, e per mezzo di essi tutti gli uomini e in particolare il popolo che ha scelto, Israele. Viene Gesù, e chiamerà i singoli e le folle, prima di tutto i poveri, ai quali è venuto a recare “un lieto messaggio” (Lc 4,18), e quanti camminano curvi sotto il peso della sofferenza: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11,28). Mandati da lui gli apostoli chiameranno Ebrei e pagani a credere nel Signore risorto e accettare il dono della salvezza. La risposta dei chiamati va dall’atto di fede e dalla conversione sincera all’indifferenza e al rifiuto. Ma Dio continuerà a chiamare. È chiamata di Dio anche la sua parola ora proclamata e quella del suo ministro che si fa sentire in questo momento.

Dio chiama tutti

Nella 2ª lettura non si parla di “chiamata”. Ma non è arbitrario cercare anche questo significato se teniamo presente ciò che da Corinto scriveva Paolo, un tre anni prima, alla comunità di Tessalonica: “Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione” (1 Ts 4,7). La santità, a cui Dio chiama tutti, è indicata qui dall’apostolo nella castità, nel preciso e grave dovere di rispettare il corpo proprio e altrui, fuggendo la prostituzione e tutti i disordini che profanano il corpo, “tempio dello Spirito Santo che è in noi e che abbiamo da Dio”.

La Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, l’organismo che ha il compito di garantire la conformità della dottrina e della morale all’insegnamento di Cristo, nella “Dichiarazione circa alcune questioni di etica sessuale”, esplicitamente ratificata e confermata dal Papa, ricorda: “È compito dei vescovi insegnare ai fedeli la dottrina morale concernente la sessualità, quali che siano le difficoltà che l’adempimento di questo compito incontra di fronte alle idee e ai costumi oggi diffusi”. Adempiendo questo dovere, so di richiamare l’insegnamento della parola di Dio, proclamata nella 2ª lettura.

Paolo proclama il dovere della castità allegandone vari motivi

“Non appartenete a voi stessi”. Creato da Dio, riscattato da Cristo a prezzo del suo sangue, l’uomo deve usare del suo corpo, della sua persona, secondo il disegno del Signore, che mira al bene vero dell’uomo da lui redento. L’impurità, la licenza nell’uso della sessualità, è una forma di egoismo, negazione dell’amore vero che è comunione; è un comportarsi come se ognuno fosse il padrone assoluto del proprio corpo, mentre l’amore vero è comunione, è dono di sé all’altro. “I vostri corpi sono membra di Cristo”. Perciò sono degni del massimo rispetto, che rifiuta di asservirli all’istinto depravato, come avviene nella prostituzione, che non può essere atto di amore, ma mercificazione e avvilimento della persona, fatta mero strumento di piacere. È usare delle persone e buttarle come una lattina di Coca-Cola.

La parola di Paolo, rivolta agli abitanti di una città, Corinto, proverbiale per la dissolutezza che vi regnava, dovrebbe certo toccare la coscienza delle donne che, spesso attraverso dolorose vicende che rendono ben difficile giudicare chi è maggiormente colpevole, entrano nel giro del vizio. Ma la sua condanna forse è ancora più sferzante per quegli uomini, quei cristiani di qualunque ceto sociale che, invece di dominare l’istinto con la volontà e l’aiuto di Dio, “peccano contro il proprio corpo” e contribuiscono a incancrenire una delle più dolorose e vergognose piaghe sociali.

Il corpo dev’essere rispettato, insegna s. Paolo, perché destinato alla risurrezione. “L’impurità non può essere considerata indifferente perché tocca il destino eterno del nostro corpo” (M. Coune). Chi crede fermamente a un’altra vita che ci attende, nella quale tutto l’uomo, anima e corpo, sarà chiamato a un’esistenza rinnovata, trasfigurata, trova in questa fede, fondata sulla parola di Cristo, una forza per resistere agli istinti e vivere nell’amore vero, sia egli chiamato al matrimonio o alla verginità.

C’è bisogno di dire che la condanna della prostituzione implica la risoluta condanna di tutti i disordini che stravolgono il senso autentico dell’attività sessuale e tutto ciò che, nella mentalità corrente, nel costume, nei mezzi di comunicazione sociale, contribuisce alla perversione del senso morale in questo campo, dal libero amore all’omosessualità, dalla pornografia in tutte le sue forme alla smania di divertirsi in qualsiasi modo, al permissivismo che non conosce freno di pudore e di rispetto per sé e per gli altri?

Dio non chiama tutti allo stesso modo

Samuele è un ragazzo che dorme “nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca del Signore”: Dio lo chiama tre volte. A lui affiderà un messaggio da comunicare a Eli che sarà importante per la vicenda del popolo d’Israele. I due discepoli di Giovanni il Battezzatore, Giovanni che sarà l’evangelista, e ora racconta l’episodio, e Andrea, fratello di Pietro, ai quali Gesù rivolge l’invito: “Venite e vedrete”, erano adulti. Così Pietro stesso, condotto da Andrea a Gesù. Che cosa significasse, per essi, per la Chiesa e per il mondo, questa chiamata, lo sapremo da quanto ci diranno in seguito i vangeli, gli altri libri del Nuovo Testamento, la storia della Chiesa.

Mentre Dio chiama tutti alla fede in Cristo e alla pratica del suo Vangelo, sceglie alcuni per chiamarli a una missione particolare. Come li chiama? A Samuele parla direttamente, mentre il ragazzo crede di sentire la voce di Eli. Ai due primi discepoli la prima chiamata è rivolta mediante la parola del Battista quando “fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’Agnello di Dio!””. Simone, poi detto Pietro, è chiamato per mezzo del fratello Andrea. Altri saranno ancora chiamati, o direttamente da Gesù o attraverso intermediari diversi.

Sono chiamati, questi primi, a seguire Gesù, a vedere dove egli abita, cosa fa, a sentire cosa dirà loro. In seguito, il senso della chiamata si farà più chiaro: “Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini” (Mc 1,17); “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15); “Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,20).
E oggi? Anche oggi Dio chiama. Perché anche oggi c’è bisogno di chi predichi il Vangelo, di chi battezzi, di chi rimetta i peccati. Dio chiama ragazzi, giovani, adulti. Fra gli studenti e fra gli operai. Fra quelli che sono cresciuti in una fede conosciuta e praticata senza problemi e fra quelli che sono passati attraverso crisi burrascose. Chiama facendo sentire la sua voce nel segreto della coscienza, o attraverso la parola d’un sacerdote, nella confessione, nella direzione spirituale, attraverso la testimonianza di vita d’un altro sacerdote che fa dire a chi lo vede: “Vorrei essere anch’io come don X!”, o quella d’un amico che semplicemente vive il Vangelo.
L’importante è dire di sì, accettare di seguire Gesù prontamente, di stare con lui nella fede, nell’amore, nella preghiera. L’importante è che la comunità s’investa del problema delle vocazioni. A cominciare dalla famiglia, che deve sentire come un dono, un grande dono, la chiamata d’un figlio a essere prete, alla parrocchia, al gruppo.

 Fonte

Tratto da “Omelie per un anno 1 e 2 – Anno A” – a cura di M. Gobbin – LDC

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della II Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

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Gv 1, 35-42
Dal Vangelo secondo Giovanni

35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. 40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 14 – 20 Gennaio 2018
  • Tempo Ordinario II
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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