Commento al Vangelo di domenica 9 Giugno 2019 – Ileana Mortari (Teologa)

“Riceverete la forza dallo Spirito santo”

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti” (v.15). Il brano di oggi inizia con un periodo ipotetico della realtà: data una certa premessa, ne scaturisce di necessità una determinata conseguenza. La premessa denota il modo abituale in cui Gesù fa le sue proposte: “se”….

Egli rispetta sempre la libertà dell’uomo; per primo gli offre il suo amore, desidera entrare in rapporto con lui in modo unico e personale; gli propone un legame intenso e irripetibile, per unirlo a Sé tramite l’amore,…..ma solo se anche l’uomo lo desidera!

Ebbene, una volta realizzatasi questa premessa, ne deriva che l’uomo interpellato “osserverà i suoi comandamenti”. A prima vista, può sembrare una contraddizione: nel rapporto di amore non può esserci imposizione, solo reciproca e libera corresponsione. In effetti anche nella frase di Gesù è così, se solo ci sforziamo di approfondire il termine originale greco “entolài” tradotto con “comandamenti”.

Entolài” è il termine con cui la Bibbia greca detta “Settanta” rende l’originale ebraico “Le 10 parole” (che corrispondono ai famosi “10 comandamenti”); ma nella concezione biblica la Legge-comandamento è soprattutto la rivelazione divina che conduce alla vita; i “comandamenti” sono “indicazioni per un cammino”, quello della salvezza, cioè quello che porta al senso e alla pienezza della vita; ecco perché, “se” si ama il Signore, ci si troverà incamminati nella via autentica.

In concreto, ciò significherà anche praticare nella vita quotidiana il famoso Decalogo, riletto e portato a compimento dal Vangelo; il che significa, ad esempio, che non basta non uccidere, ma si deve evitare l’ira nei confronti dei fratelli; che non si può commettere adulterio, ma neppure desiderare la donna d’altri; che si deve arrivare addirittura ad amare i nemici e a pregare per i propri persecutori.

E tuttavia emerge chiaramente dai passi paralleli in questo stesso cap.14° di Giovanni che il significato più profondo del versetto citato è il nesso tra l’amore per Gesù e l’osservanza-custodia della sua Parola, che, come sappiamo, è di una ricchezza e profondità incommensurabili; come a dire: è evidente l’insistenza del Maestro più sul positivo del suo messaggio di rivelazione che sul negativo di un’arida serie di imposizioni e proibizioni, come potrebbe far pensare la parola italiana “comandamenti” tout court, senza altre spiegazioni.

Inoltre a Gesù sta a cuore che il dono del suo amore e la relativa risposta dell’uomo siano per sempre. Consapevole della sua prossima dipartita, Egli si preoccupa di dire al v.18 del cap.14: “non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo”; come lo vedranno? In quelle apparizioni che seguiranno la sua resurrezione e in cui Egli “si farà vederesolo ai suoi seguaci. E ben sappiamo quanto sia fondamentale questa esperienza personale del Risorto fatta dagli apostoli per la fede dei futuri discepoli: essa si fonderà proprio su tale testimonianza.

Non solo, ma Gesù aggiunge: “e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito, perché rimanga con voi per sempre” (v.16). Rispetto a “Spirito Santo” Giovanni preferisce il termine “Paraclito”, perchè esprime vari ruoli dello Spirito (ad un tempo difensore, consolatore, sostenitore,

intercessore, protettore, avvocato, esortatore, consigliere, testimone, maestro), e che soprattutto ricorderà ai credenti parole e fatti del Salvatore e consentirà di attualizzarli, rendendo così l’amore dei discepoli per Lui sempre più ricco e profondo.

Gesù prosegue: “lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi” (v.17).

A differenza dei nostri fratelli ortodossi (che nella loro riflessione teologica e spirituale danno molto più spazio allo Spirito), noi cattolici forse siamo poco consapevoli e poco coscienti della portata di questo versetto giovanneo. Noi abbiamo qualcosa che i non cristiani e i non credenti (il “mondo”) non conoscono e non hanno: lo Spirito Santo! Lo Spirito è in mezzo a noi, è in ciascuno di noi, è con noi, così come Gesù era con i suoi discepoli. La sua venuta si attua in una presenza fisica; non lo si vede, ma sappiamo che c’è e rimane sempre e vive in ciascuno di noi senza limiti di tempo e di spazio.

Forse noi cattolici non ci pensiamo abbastanza; eppure quante riprove avremmo di questa presenza fattiva dello Spirito, se solo fossimo più capaci di attenzione!

Non succede forse che talvolta una situazione negativa intricata e apparentemente senza via d’uscita all’improvviso si sblocca, mostrandoci una soluzione? “E’ stato il caso!” dice l’agnostico; ma il credente vi scorge l’azione dello Spirito sostenitore e intercessore.

E non capita anche che ci gettiamo in un nuovo impegno di solidarietà, spinti da qualcosa che non sappiamo ben definire, ma che è più forte di noi? E’ lo Spirito esortatore che agisce dentro di noi.

E chi non si è trovato di fronte a una tragedia di sofferenza, malattia e morte ed è riuscito a non cadere nella disperazione più nera e totale, dicendo “Non so come ho fatto a vivere tutto ciò?” E’ ancora lo Spirito consolatore che è all’opera a nostro favore.

Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” dice S.Paolo nella Lettera ai Galati 5, 22. Riusciamo a ricordarcelo ogni giorno?

In conclusione, sapremo, in questa nuova Pentecoste, accogliere il dono dello Spirito con più consapevolezza e gratitudine?

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