Commento al Vangelo di domenica 8 Marzo 2020 – p. Alessandro Cortesi op

La vita umana è un viaggio in cui è presente un desiderio profondo che spinge ad andare avanti, a vivere una tensione ed una ricerca. L’esperienza del credere si inserisce in questo cammino, ne condivide fatiche e gioie, il peso quotidiano. Giunge in qualche modo a scavarne le radici. Condivide soprattutto quella fiducia fondamentale che è spinta ad andare avanti nella vita a cercare futuro anche dove esso non è visibile. In questo cammino percepisce in modo profondo che tale apertura proviene da una presenza, è risposta ad una chiamata che precede, è orientata ad un incontro, procedendo come se si vedesse l’invisibile.

Abramo è padre dei credenti perché la sua vita è stata segnata da una chiamata a partire e andare. La sua è stata risposta ad una voce percepita nella sua esistenza fuori di lui, guardando le stelle, e dentro di lui, nelle profondità del cuore. Un viaggio verso terre lontane, promesse, ma anche un viaggio dentro a se stesso. Abramo partì, lasciando la sua terra e le sue sicurezze verso un futuro nascosto, sconosciuto, racchiuso nelle mani del Dio della promessa: ‘va’, lascia…’.

La chiamata di Abramo è spinta ad andare con lo sguardo rivolto ad un popolo numeroso: una indicazione evocata e senza alcun appoggio sul presente. Abramo è in quel momento un uomo solo ma la promessa lo lega ad una moltitudine… La chiamata di Dio ad andare infatti indica orizzonti di popoli e umanità: ‘farò di te un grande popolo e ti benedirò… in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra’.

Il suo cammino è un esempio di un rinnovarsi mai concluso: Abramo è chiamato a superare lo scandalo dell’attesa, del dubbio e della prova. Il suo peregrinare presenta i tratti di quello di ogni credente, chiamato a farsi benedizione per gli altri.

Il racconto della trasfigurazione è posto da Matteo a metà del suo vangelo. Fa così scorgere la direzione del cammino di Gesù verso Gerusalemme: è già un racconto pasquale. Non a caso Matteo usa un termine, per parlare dell’evento sul monte, che evoca un cambiamento: non tanto trasfigurazione ma ‘metamorfosi’, quello che accade nel passaggio dal bruco alla farfalla. Nel volto umano di Gesù si scorge una luce che viene dall’alto e lo trasforma, trasformando anche chi lo guarda.

Gesù è presentato nel suo andare verso Gerusalemme, verso la croce, ma nello stesso tempo con il volto luminoso: le sue vesti sul monte divengono splendenti ed è accompagnato da Mosè ed Elia, che insieme simboleggiano tutta la storia di Isreale.

Il monte, lo splendore, la nube, la voce richiamano quanto accadde al Sinai nel dono della legge, e insieme il cammino dell’esodo: la gloria di Dio, la sua presenza, camminava nella tenda che conteneva le tavole della legge (Es 40,34-38). Tenda e dimora sono ora la presenza di Gesù che cammina davanti ai suoi discepoli.

Pietro si rivolge a Gesù chiamandolo ‘Signore’ e fa riferimento alla festa delle tende, sei giorni dopo il giorno dell’espiazione (Yom Kippur), festa di attesa del messia. I tempi del messia sono presenti (2Pt1,16-18).

Subito dopo l’annuncio della passione, e dopo l’invito a seguire Gesù sulla sua strada questo momento è segnato dalla luce. Gesù percorre la via del dono e del servizio, fino alla croce, ma il volto sfigurato di colui che affronta ostilità e sofferenza, in fedeltà all’amore è il medesimo volto del risorto, che ha vinto il male e la morte con l’inermità di un amore vissuto fino alla fine.

La trasfigurazione indica anche i tratti del volto del discepolo, chiamato a seguire Gesù per la via da lui percorsa. In questa via vi sono momenti di gioia: ‘è bello per noi stare qui’. Ma il cammino deve continuare, sui sentieri della vita di ogni giorno e trovare riferimento solo sulla sua parola: ‘Ascoltatelo’. La quaresima può essere tempo in cui lasciare spazio all’ascolto della Parola di Dio e a guardare il volto Gesù, via aperta all’incontro con Dio.

Fonte

p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia. Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.

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