Commento al Vangelo di domenica 6 Marzo 2022 – Comunità Kairos

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Ritorna il tempo della Quaresima e ritorna il dono che il Signore ci fa di un cammino di conversione. Un cammino nel quale possiamo finalmente ritrovare la via giusta. Questa chiamata alla conversione, fatta dalla Chiesa, risuona come un invito ad indovinare il bersaglio che molto spesso noi sbagliamo: il bersaglio della nostra pienezza, il bersaglio che tutti cerchiamo pur di avere serenità, pace, un senso dell’esistenza. La conversione inizia con il risentire la domanda di Dio ad Adamo: «Dove sei?»1. Dove stai andando? Ecco che la conversione è un dono: perché ci permette di verificare dove stiamo andando.

Gesù ci dà, in questo inizio di quaresima, tre indicatori molto chiari, indicatori che ci permettono di non prendere la strada sbagliata. Si tratta di sfuggire alla tirannia dei bisogni, combattendo l’amore egoistico per sé stessi (philautía); di sottrarsi all’idolatria del potere/denaro (eidōlolatreia) e di scansare la prepotenza che mette in discussione l’Amore di Dio (apostasía).

Contestualizzazione

Il brano di questa domenica conduce il lettore ad una sezione del vangelo di Luca (cap. 1-4) che narra la storia della nascita, vocazione e missione di Giovanni Battista e di Gesù. Restringendo lo sguardo sul capitolo quarto contempliamo il momento in cui «Gesù decide di entrare, da uomo adulto, nella sua vocazione di Figlio di Dio» (vv. 1-30). In effetti, nella prima parte di questo capitolo (vv. 1-13), tradizionalmente chiamata le «tentazioni», Gesù «rinuncerà ad un modo di essere Figlio di Dio per aderire poi, nella seconda parte (vv. 16-27), al modo in cui egli sarà Figlio di Dio, secondo le parole del profeta Isaia»2.

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Qui si tratta di un momento decisivo, che precede e apre l’attività missionaria di Gesù, per questo il primo personaggio ad entrare sulla scena narrativa del nostro capitolo è lo Spirito Santo. Come era accaduto con Giovanni Battista (1, 15), con Maria (1, 35), con Elisabetta (1, 41), con Zaccaria (1, 67), con Simeone (2, 25-27), così anche Gesù sarà catturato (v. 1) dallo Spirito Santo, cioè da colui che porta e imprime una vocazione.

Sentieri dell’interpretazione

Dopo esser stato battezzato nelle acque del fiume, Gesù si sposta verso il deserto. È lo Spirito a spingerlo lì. Il testo non dice come mai Gesù restasse in quel luogo ostile per ben quaranta giorni. L’esperienza che Gesù farà in questi quaranta giorni evoca l’umanità di un ebreo che fa memoria di quanto hanno vissuto i suoi padri (i quaranta anni di Israele nel deserto), i quali impararono a conoscere il loro Dio e si legarono a lui, proprio nel deserto. Il deserto è metafora di un tempo di tribolazione, di privazione, di resistenza alle avversità. Come immagine positiva il deserto è anche simbolo dell’essenzialità, della rinuncia al superfluo, di concentrazione e di svuotamento di sé stessi. È interessante notare che alla fine di questa prova del deserto, quando Gesù si trova ad essere nella debolezza di chi ha fame dopo un lungo periodo di digiuno (v. 2), ecco che arriva il “colpo di grazia”: la visione di un falso alleato, il diavolo.

Luca svolge il suo racconto mettendo sull’orizzonte tre personaggi: Gesù, il Figlio amato3; il diavolo – colui che si mette di traverso, che si impossessa della parola, dimostrando fino a che punto il linguaggio può essere manipolato dalla menzogna per creare sospetto e divisione; ed in mezzo a loro, lo Spirito Santo –, Colui che attua la comunione tra il Figlio e il Padre, che conduce il Figlio nel suo percorso di crescita, lo accompagna nei sui incontri, lo guida verso un cammino di purificazione del cuore. In questo scena il diavolo crea divisione, separando quello che sta unito. Lo Spirito Santo invece è sempre una forza di comunione, capace di unire quello che è separato. Sono due potenze antagonistiche, due movimenti in opposizione. E Gesù – con noi e come noi – è lì per scegliere da chi lasciarsi guidare, o meglio, per decidere quale movimento prediligere: quello che unisce o quello che divide? Per chi si trova nella tentazione, la presenza della potenza divina (dinamis) di comunione è fonte di grande consolazione e di nutrimento della speranza. «Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla»4. In questo stare sotto, tenendo il peso del male possiamo lasciarci condurre dallo Spirito di Dio, da quella forza che ci fa resistere nell’Amore anche quando tutto sembra perso….

Quando il grande divisore parla, con la sua parola, mette tutto in discussione: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane» (v.3). Egli sfida Gesù sull’orgoglio di Figlio di Dio, proprio quando Gesù sta affondando nella fame dei figli dell’uomo. Non è un caso che la tentazione primordiale, riguardi il mangiare. Su questo terreno l’uomo e la donna sono stati tentati e sono caduti5. Qui è in gioco la tentazione di esistere per sé stessi, il pericolo di fare del proprio bisogno il criterio guida dell’azione, la bramosia di voler prendere tutto e subito, l’illusione del godimento che non riconosce un limite. Gesù che si nutre con la parola che si è fatta legge6, indica la strada da seguire per non soccombere alla tirannia del proprio desiderio: nutrirsi di quella parola che si è fatta carne – in noi e per noi; alimentare la vita – una vita nuova dentro di se – ascoltando la voce amorosa di Dio e facendo di se stessi una “parola carne” per gli altri. Non è il pane quello che ci salva, ma la bellezza di un volto sorridente.

Ed ecco la seconda tentazione, la brama di onnipotenza e d’invulnerabilità, che fa vedere tutto il mondo «dall’alto». Gesù infatti è condotto dal diavolo in alto (v.5), dove può contemplare la terra e tutto ciò che contiene, tutta la sua ricchezza, i regni nelle mani dei governanti di questo mondo, la gloria che essi ostentano. Il potere è la seduzione della posizione da cui si guardano le cose: tu sopra e tutto il resto sotto. Anche questa volta spetta a Gesù scegliere: da una parte onore, potere, gloria, ricchezze; dall’altra la logica di abbassamento7, di umiltà, povertà, servizio, condivisione, uguaglianza tra diversi. Gesù ha fatto la scelta di restare un servo del Dio di Israele. Gesù conosce il suo Dio e sa che solo a lui farai l’inchino e solo lui adorerai8. Chi si inchina a un dio per avere potere, sarà sempre schiavo di lui. Il potere immette in un circuito di favori e di scambi, in cui ognuno deve vendere la propria libertà. Proprio perché ha attraversato questa tentazione, Gesù ha potuto indicare la via della felicità: «Nessun servo può servire due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammona»9.

Il diavolo non si ferma dinanzi ai netti rifiuti di Gesù, anzi procede con un’ultima tentazione, quella più estrema: sfidare Dio! Il linguaggio del diavolo diventa perspicace – il male si traveste di bene – quando egli parla recitando un salmo10. Il messaggio è più o meno questo: “fai quello che ti pare, intanto Dio ha promesso di salvarti”! Gesù non ci casca e risponde con l’obbedienza alle parole della Torah: «Non metterai alla prova il Signore Dio tuo» (v. 12). Non darai per scontato il suo amore. Non lo ricatterai. Non condizionerai la sua libertà e la sua volontà. Il diavolo se ne va, ma non per sempre: «fino al momento (kairós) fissato», conclude Luca (v. 13). Cioè? Alla fine della storia di Gesù, quando la sua vocazione di Figlio diverrà amore di croce.

La prova del deserto rimane un racconto atto a introdurre la fisionomia del Dio di Gesù. La tentazione, infatti, consiste nel deformare la figura del Dio alleato con Israele e attestato nelle sue Scritture. Contro questa deformazione vanno le scelte di Gesù, a riportare alla purezza e alla verità l’immagine autentica del Dio della Parola. E noi, con la nostra testimonianza, deformiamo l’immagine del Dio di Gesù Cristo?

  • 1 Gen 3, 9.
  • 2 Is 61, 1-2: Lo Spirito del Signore è su di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, ad annunciare ai prigionieri la libertà e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore.
  • 3 Lc 3, 22.
  • 4 1 Cor 10, 13.
  • 5 Gn 3, 1-7.
  • 6 Gesù non compie il miracolo di trasformare le pietre in pane, ma risponde al demonio: «Sta scritto: ‘Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio’ (Dt 8, 3)» Mt 4, 4.
  • 7 «Colui che era ricco si è fatto povero per noi» (2 Cor 8, 9); «colui che era nella condizione di Dio, si è spogliato fino a diventare schiavo» (Fil 2, 6-7).
  • 8 Dt 6, 13. «Temi il Signore tuo Dio, a lui servi, restagli fedele e giura nel suo nome: Egli è l’oggetto della tua lode, Egli è il tuo Dio; ha fatto per te quelle cose grandi e tremende che i tuoi occhi hanno visto» (Dt 10,20- 21).
  • 9 Lc 16, 13; Mt 6, 24.
  • 10 Sl 91, 11-12.

Commento a cura di Maria de Fatima Medeiros Barbosa Comunità Kairos


Immagine di Dimitris Vetsikas da Pixabay