Commento al Vangelo di domenica 6 Dicembre 2020 – p. Alessandro Cortesi op

p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.

“Consolate consolate il mio popolo, dice il vostro Dio, è finita la sua schiavitù… Una voce grida: nel deserto preparate la via del Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Sali su di un alto monte, tu che rechi liete notizie in Sion”

Nel tempo della catastrofe dell’esilio un profeta, il secondo-Isaia, si fa voce di speranza e di attesa di ritorno. Il suo scritto è raccolto nei capitoli 40-55 del libro omonimo. ‘Consolate il mio popolo…’ è parola che racchiude la sua missione.

Il popolo è invitato a sollevarsi e a porre in atto i preparativi per un ritorno vicino: si tratta di un nuovo cammino che ripropone quello dell’esodo. Nel deserto Dio stesso guida alla liberazione su una strada che si apre inattesa. Il Dio dell’alleanza è il signore della storia: “Ecco tutti costoro sono niente, nulla sono le opere loro; vento e vuoto i loro idoli” (Is 41,29). E’ lui il primo l’ultimo: “fuori di me non vi sono dèi” (Is 44,6).

La voce di un messaggero annuncia che Dio sta per intervenire e cammina ancora accanto al suo popolo così come aveva fatto nel trarli fuori dall’Egitto: “Dio fece deviare il popolo per la strada del deserto verso il mar Rosso… Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna di nube, pe guidarli sulla via da percorrere , e di notte con uan colonna di fuoco, per far loro luce, così che potessero viaggiare giorno e notte ” (Es 13,18.21). La via che si apre è come una ‘via sacra’, simile a quelle perfettamente diritte che conducevano fin sulle soglie dei templi di Babilonia. Dio sta venendo e su questa strada il popolo dovrà camminare con gioia per tornare alla terra segno della promessa. ‘Il Signore Dio viene con potenza’ ma è una potenza paradossale perché il suo stile è cura e tenerezza: come un pastore che si prende carico delle pecore che più fanno fatica e che accompagna e sostiene quelle più fragili.

All’inizio del suo vangelo Marco presenta la figura di Giovanni battista come di un messaggero che prepara la via a Dio stesso: “Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me” (Mal 3,1-4). Il Battista è ‘voce’ che annuncia una svolta radicale e chiede un cambiamento di orientamento concreto nella vita di chi lo ascolta. Sceglie di stare nel deserto, lontano dal tempio e da lì rivolge un appello senza confini per prepararsi alla venuta di uno più forte. La sua voce è annuncio di qualcuno, di Gesù: presentato come ‘il più forte’ che battezzerà in Spirito Santo.

E’ Gesù il più forte da Giovanni indicato: viene a sconfiggere il male e a donare lo spirito, il dono atteso per gli ultimi tempi (Gl 3,28-29; Is 44,3; Ez 36,26). Il presente ‘viene’ sta ad indicare l’imminenza del suo venire. Il Battista lo annunciava con il suo essere voce nel deserto e con lo stile essenziale della sua vita teso ad un messaggio di conversione.

Marco all’inizio del suo vangelo ricordando la testimonianza di Giovanni richiama alla conversione. Battezzando nel deserto Giovanni richiama al cammino dell’esodo e al cammino del ritorno dall’esilio: solo recandosi nel deserto, lontano dal tempio ed a Gerusalemme si può ascoltare e accogliere la voce che parla di un venire di Dio ed apre la strada alla lieta notizia che ha il profilo del volto di Gesù da incontrare.

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