Commento al Vangelo di domenica 5 Maggio 2019 – Paolo Curtaz

Il commento al Vangelo di domenica 5 maggio 2019 – Anno C, a cura di Paolo Curtaz. Qui di seguito il testo ed il video.

Per noi ritardatari

Ci vuole del tempo per convertirsi alla gioia.

Perché le vicende della vita, la nostra connaturale propensione al vittimismo, la fragile condizione umana, ci portano a volgere lo sguardo indietro, a sostare a quel venerdì santo.

Così i vangeli delle apparizioni del risorto sono un invito a tutta la comunità, a noi, a me, a intraprendere un percorso didattico di cambiamento, di conversione, perché la gioia cristiana è una tristezza superata.

Troppo bello per essere vero!

Penserà qualcuno fra di voi.

C’è ancora del tempo, cinquanta giorni. E se, alla fine, ancora non accadrà nulla arriverà lo Spirito s incendiare e spingere fuori.

Comunque se ancora fatichiamo ad accogliere il risorto siamo in buona compagnia.

Con noi c’è il Papa.

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Non fa per me

Luca accenna ad una apparizione privata del Risorto a Pietro di cui non abbiamo alcuna traccia (Lc 24): probabilmente non era andata granché bene…

Pietro è stato il più presente alle apparizioni del Risorto.

Ma nulla è accaduto, in lui, il suo cuore è rimasto duro e arido.

Gesù è vivo certo, ma non per lui.

Gesù è risorto e glorioso, vivo, ma lui, Pietro, è rimasto in quel cortile. A quel tradimento. Alla sua figuraccia. Ha toccato per mano quanto è distante dalle fede, altro che roccia.

Pietro crede, certo. Ma la sua fede non riesce a superare il suo fallimento.

È Pasqua, evviva. Ma la mia vita resta sepolta dai miei sbagli o dalla fortuna. Da un lutto o da un dolore, da una malattia o da mille ombre.

È festa per gli altri, non per me.

Si ricomincia

L’inizio del vangelo di oggi, descrive uno dei più tristi momenti del cristianesimo: Pietro torna a pescare. L’ultima volta, tre anni prima, aveva incontrato sulla riva quel perdigiorno che parlava del Regno di Dio.

Torna a pescare; come a dire: fine dell’avventura, della parentesi mistica, si torna alla dura realtà. Gli altri apostoli – teneri! – lo accompagnano sperando di risollevargli il morale.

E invece nulla, pesca infruttuosa: il sordo dolore di Pietro allontana anche i pesci.

Come accade anche a noi se, annunciando il Vangelo, mettiamo il dolore al centro.

Ma Gesù, come spesso accade, aspetta Pietro alla fine della notte.

Gesù ci aspetta sempre alla fine della notte. Di ogni notte.

Camperisti

Il clima è pesante. Nessuno fiata mentre riassettano le reti.

Un silenzio rotto solo da quel rompiscatole che si avvicina per attaccare bottone e chiede notizie sulla pesca. Nessuno ha voglia di parlare, la schiena curva, il capo chino, il cuore asciutto e sanguinante.

Ma quel perditempo insiste, proprio la persona sbagliata al momento sbagliato.

Come accade anche a noi quando vorremo annegare nel dolore e dobbiamo intrattenerci in una conversazione inutile e frivola.

Finché.

«Riprendete il largo e gettate le reti», dice il camperista.

Tutti si fermano. Andrea guarda Giovanni che guarda Tommaso che guarda Pietro.

Come scusa? Cos’ha detto? Cosa?

Le stesse parole pronunciate dal falegname di Nazareth, tre anni prima.

Nessuno fiata, riprendono il largo, gettano le reti dalla parte debole e accade.

Nessuno osa parlare. Ma sanno. Sanno. Sanno.

È lui. 

Amami, Pietro

Il silenzio, ora, è gravido.

Gesù si comporta con naturalezza, scherza, ride, mangia con loro.

Poi tenta il tutto per tutto e prende da parte Pietro.

L’ultima volta che si erano visti era stato al sinedrio.

«Mi ami, Simone?»

«Come faccio ad amarti, Rabbì, come oso ancora dirtelo, come faccio?» pensa Pietro.

«Ti voglio bene» risponde Simone.

«Mi ami, Simone?»

«Basta, basta Signore, lo sai che non sono capace, piantala!» pensa Pietro.

«Ti voglio bene» risponde Simone.

«Mi vuoi bene, Simone?»

Pietro tace, ora. È scosso, ancora una volta. È Gesù che abbassa il tiro, è lui che si adegua alle nostre esigenze. Pietro ha un groppo in gola. A Gesù non importa nulla della fragilità di Pietro, né del suo tradimento, non gli importa se non è all’altezza, non gli importa se non sarà capace.

Chiede a Pietro solo di amarlo come riesce.

«Cosa vuoi che ti dica, Maestro? Tu sai tutto, tu mi conosci, sai quanto ti voglio bene»

Sorride, ora, il Signore.

Sorride. Pietro è pronto: saprà aiutare i fratelli poveri ora che ha accettato la sua povertà, sarà un buon Papa.

Sorride il Signore e gli dice:

«Seguimi».

Ora è Pasqua anche per lui.

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