Commento al Vangelo di domenica 3 Marzo 2019 – mons. Giuseppe Mani

Nel Vangelo di questa domenica Gesù ci propone alcune riflessioni sapienziali. La nostra vita deve essere vissuta con saggezza, altrimenti prende direzioni sbagliate e finisce male. La prima cosa richiesta è scegliere bene il proprio maestro. Senza maestro infatti non si apprende la sapienza, ci manca un’esperienza adeguata. Dobbiamo approfittare dell’esperienza dei maestri. Quello che è vero per l’arte, per la medicina è vero per la vita. Ciascuno riceve dalla natura i primi maestri nei genitori, poi si tratta di fare delle scelte da chi imparare, chi considerare i propri maestri. Gesù ci mette in guardia dalla scelta di maestri ciechi che finiscono nella fossa portandosi dietro i loro discepoli.

Gesù si presenta come il solo maestro: “Voi non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro maestro, il Cristo” (Mt 23,16) Durante l’ultima cena dice : “Voi mi chiamate maestro e Signore e dite bene perchè lo sono….Vi ho dato l’esempio perché come ho fatto io facciate anche voi”. Il maestro insegna soprattutto attraverso l’esempio. Dirà alla fine “Ogni albero si riconosce dal suo frutto”. L’insegnamento di Gesù sul maestro è quanto mai opportuno perché essendo la vita essenzialmente relazione l’uomo è sempre condizionato dal contatto con gli altri. Per questo una delle preoccupazioni principali dei genitori è vigilare sulla compagnia dei propri figli ed è su questo principio che si fonda la teoria della moda che non riguarda soltanto il modo di vestire ma anche quello di pensare, i “maitres a penser” condizionano davvero la mentalità delle persone.

Il nostro unico maestro è Cristo Gesù e i veri maestri si misurano dal riferimento a Lui. solo così siamo certi di non finire nella fossa. Gesù poi rivolge una domanda “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e non la trave che è nel tuo?”. Dobbiamo riconoscere che siamo spontaneamente portati a essere indulgenti con noi stessi ed esigenti con gli altri. Invece dovremmo fare il contrario. Gesù tocca così un argomento di cui Dio è geloso: quello del giudizio. Gesù lo riserva esclusivamente a se e ci mette in guardia perché “Sarete giudicati dal modo con cui giudicate gli altri”. “ Un uomo di mondo” disse che a pensar male delle persone si farà peccato però solitamente ci si indovina.

E’ proprio vero soprattutto quando pensano male di noi. Il Signore, che “vede nel segreto” ci dice che abbiamo delle travi negli occhi che ci proibiscono di vedere, siamo dei veri ciechi. Non è detto che non dobbiamo aiutare gli altri a liberarsi delle pagliuzze che impediscono loro di vedere, ma di farlo con la carità e con quella umiltà che incoraggia gli altri a fare la stessa cosa nei nostri confronti: esercitare così la correzione fraterna, quello che proprio vuole il Signore. L’ultima parte del Vangelo di questa domenica riguarda i frutti. Gesù afferma: “Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, ne albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero si riconosce dal suo frutto”. Poi lo applica a noi, la considerazione è ovvia “L’uomo buono trae fuori il bene dal tesoro del suo cuore ecc…”

Lo aveva chiarito bene Gesù quando disse “dal cuore provengono i propositi malvagi, omicidi, adulteri, prostituzioni, furti, false testimonianze”. Se stiamo sempre a criticare gli altri, vuol dire che il nostro cuore è cattivo. Allora non sono gli altri cattivi, ma noi, che abbiamo sempre da criticare , da biasimare. Se avessimo un cuore buono, troveremmo il modo di scusare gli altri, d’incoraggiarli, di difenderli. Questa osservazione ci spinge a chiedere a Dio di darci un cuore buono. Nel libro di Ezechiele c’è un oracolo in cui Dio dice: “Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei precetti”(Ez 36,26-27) Dio ha realizzato questa promessa dandoci un cuore nuovo: quello di Cristo e lo Spirito Nuovo, lo Spirito Santo.

A Cristo possiamo chiedere soprattutto di unire il nostro cuore al suo cuore perché lo trasformi fino a Dire “Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me”(Gal 2,20). Avremo così trovato il vero Maestro che ha purificato anche il nostro cuore.

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