Commento al Vangelo di domenica 29 ottobre 2017 – Comunità Monastica Ss. Trinità

Per comprendere il senso della discussione intavolata da un dottore della Legge con Gesù intorno al ‘grande comandamento’, che la liturgia di questa domenica ci propone, può essere utile partire dall’affermazione conclusiva posta a sigillo dell’episodio: «Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» ( Mt 22,40). Tutta la Legge e i Profeti dipendono , o meglio, sono appesi ai due comandamenti dell’amore a Dio e dell’amore al prossimo. Il verbo qui usato ( kremánnymi ) evoca l’immagine di oggetti appesi a un chiodo: se il chiodo non reggesse gli oggetti precipitereb bero. Così è per il duplice comandamento dell’amore: senza questo ‘chiodo’ tutta la Scrittura non starebbe in piedi, stramazzerebbe pesantemente al suolo. Gesù invita dunque a scorgere nel grande comandamento dell’amore l’anima, il cuore, la forza portante di tutte le norme e i numerosi precetti contenuti nella Legge (la Torà di Mosè), e di tutti gli insegnamenti dei Profeti che ne costituiscono il commento e l’interpretazione.

Esso è ciò che sorregge tutto, il principio fondamentale che anima tutta la vita , quello che la tradizione ebraica chiama kelal gadol , che significa in pratica ‘ciò per cui esiste tutto il resto’. Forse parlare di ‘fondamento’ in questo caso, anche se corretto, non è del tutto adeguato: infatti l’immagine del chiodo appena ricordata c i fa pensare piuttosto a un fondamento capovolto, a una forza che sostiene il tutto dall’alto e non dal basso. Jacopone da Todi, in una delle sue Laude , usa la bella immagine delle ali. Egli dice: «Anema, che desideri andare ad paradiso /… De caritate adór nate, ch’ella te dà la vita / e dui ale compónete per far esta salita: l’amore de Deo e nel prossimo». L’amore di Dio e del prossimo sono come due ali che fanno volare tutta la Legge e la fanno volare in alto, verso Dio, nella ‘salita’ che conduce a lui. Ma Gesù, nella risposta al dottore della Legge, non si limita a mettere in primo piano la centralità del comandamento dell’amore: la sua originalità sta proprio nell’accostare i due comandamenti dell’amore a Dio e dell’amore al prossimo, di modo che non si potrebbe pensare di osservarne uno senza contemporaneamente osservare anche l’altro (come si può infatti volare con un’ala sola?).

I due comandamenti stanno insieme, così come l’amore non può essere che unico e indiviso. Non ci sono due amori diversi, semm ai due direzioni di un unico amore (anche se, a ben vedere, non è del tutto sicuro che le direzioni siano veramente due…). Si è soliti dire che a Dio va la totalità dell’amore («con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente»: v. 3 7), mentre al prossimo ‘solamente’ la misura dell’amore di sé. E questo va bene: anche nell’amore infatti il primato spetta a Dio. Egli è ‘l’unico Signore’, lui solo va adorato. Ma bisogna fare attenzione a intendere correttamente questo primato. Se il com andamento dell’amore di Dio è «il grande e primo» (v. 38), il comandamento dell’amore del prossimo è « simile a quello» (v. 39). Quel «simile» non indica una debole rassomiglianza, ma una somiglianza forte: è di pari valore, della stessa importanza. Il primato del comandamento dell’amore di Dio non sottrae quindi valore al comandamento dell’amore del prossimo, anzi, si può dire che addirittura lo rende necessario, lo esige. L’amore a Dio richiede, quasi per necessità, l’amore al prossimo. Chi ama Dio non può non amare nello stesso tempo anche il proprio fratello. «Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo…» ( 1Gv 4,20). Il fatto è che l’amore per il prossimo è come uno specchio del nostro amore per Dio. Se amiamo veramente Dio, questo lo si può vedere solamente dall’amore che siamo in grado di donare ai fratelli; poiché nell’amore al prossimo si concretizza, si rende visibile l’amore a Dio.

È significativo al riguardo che san Paolo, in più di un’occasione, parli del comandamento dell’amore al prossimo come ricapitolazione e pienezza di tutta la Legge (cfr. Rm 13,9; Gal 5,14). Egli non menziona esplicitamente il primo comandamento, quello dell’amore a Dio: per lui tutto è riconducibile al secondo comandamento. Chi ama veramente il prossimo dimostra per ciò stesso di aver già adempiuto il primo comandamento. Lo avevano ben capito i grandi santi per i quali amare Dio e amare il prossimo erano una cosa sola. Santa Caterina da Siena, nel suo Dialogo della Divina Provvidenza , riporta queste parole de l Signore: «Una sola cosa sono l’amore per me e l’amore per il prossimo, e l’anima tanto ama il prossimo quanto ama me, dal momento che l’amore del prossimo scaturisce dall’amore di Dio». Il legame indissolubile che unisce i due comandamenti è forse da ravvisare in quella verità fondamentale dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,27; 5,1- 2). È in questo rapporto di immagine, in questa somiglianza verticale che l’uomo può amare Dio nell’amore che dona all’altro uomo. Quel «come te stess o» (v. 39) non indica solamente la più grande intensità dell’amore che un uomo è capace di donare a un altro uomo, ma dice anche – almeno così interpretano alcuni autori – che bisogna amare il prossimo perché egli è come ‘un altro te stesso’ (in questo cas o il «come te stesso» è riferito al sostantivo «prossimo» più che al verbo «amare»). Ma se nel prossimo si riconosce la propria immagine, si riconosce per ciò stesso l’immagine divina che è in lui. Qui umano e divino si incontrano fino a formare una cosa s ola: i comandamenti sono due ma, nello stesso tempo, sono uno solo (l’evangelista Marco infatti, nel brano parallelo, parla di un solo comandamento: cfr. Mc 12,31).

Probabilmente è proprio questo che suscita scandalo e sconcerto: il prossimo è ‘simile’ a D io. Così come il secondo comandamento è ‘simile’ al primo. «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» ( Es 22,20). Così inizia il passo della prima lettura tratto dal libro dell’Esodo. Il forestiero che non bisogna molestare né opprimere è il forestiero che «voi» un tempo siete stati. Esso va accolto e amato perché è «come te stesso». In questo modo la Scrittura ci fa scoprire le motivazioni profonde del nostro agire verso il prossimo. A fondamento di tutto, però, non ci può essere che l’amore stesso di Dio che per primo ha amato il suo popolo che era forestiero in terra d’Egitto. Egli ci invita a essere come lui, che «protegge i forestieri» e «sostiene l’orfano e la vedova» ( Sal 145/146,9; cfr. Es 22,21- 23) e viene in soccorso al povero che grida a lui («quando griderà verso di me, io l’ascolterò, perché io sono pietoso»: Es 22,26). È in questo essere ‘pietosi’ come lui che si realizza pienamente la nostra somiglianza.

Divina e umana.

Fonte: Monastero Dumenza

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XXX Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt 22, 34-40
Dal Vangelo secondo  Matteo

34Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 29 Ottobre – 04 Novembre 2017
  • Tempo Ordinario XXX
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo A
  • Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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