Commento al Vangelo di domenica 28 Novembre 2021 – Comunità Kairos

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Prima domenica di Avvento. Inizia il tempo dell’attesa della prima venuta di Gesù, il Figlio di Dio, nelle spoglie di un bambino: una creatura senza diritti, senza una casa, né una culla, povero e migrante! Attesa di un evento già accaduto, più di duemila anni or sono. Cosa attendiamo allora? Viviamo l’attesa di fare memoria, perché una tale memoria, se vissuta nella fede, ci porta a cogliere in quel bambino l’Amore di Dio che si fa carne, come uno qualsiasi di noi, ci spinge a specchiarci in Lui e a riconoscerci, in Lui, anche noi, figli di Dio! Vivere questa attesa come figli significa ritrovare la confidenza con un Padre che, nonostante le nostre povertà, i nostri limiti, le nostre insufficienze, nonostante le situazioni di emarginazione, di malattia, di peccato ci ama, ci accoglie e ci perdona. E ci parla, come ogni giorno, ogni domenica, in ogni celebrazione con Parole antiche che, ad ogni occasione, si fanno nuove.

Sono oggi parole di Gesù inserite in un grande discorso escatologico riportato da Luca. Ascoltando la narrazione apocalittica di segni nel sole, nella luna e nelle stelle, di turbamento delle acque marine e di potenze dei cieli sconvolte, verrebbe da pensare “ci siamo! È proprio ai nostri tempi che si riferiva Gesù!” È frequente, infatti, aprire la TV e vedere immagini di popoli in ansia per i disastri ecologici che si abbattono con frequenza impressionante sulle nostre città e campagne, o sentire di persone che, nel tentativo di sfuggire alla morte, la trovano invece sotto le macerie di case che crollano per smottamenti o terremoti, o vengono inghiottite da fiumi di fango o da voragini franose. Eppure, se risaliamo agli eventi delle due guerre mondiali e alle loro conseguenze, o alle pestilenze, carestie, terremoti di secoli passati, se ricordiamo i genocidi e le persecuzioni del passato prossimo e remoto, ci rendiamo conto che in tutti i tempi della storia umana si possono leggere i segni di eventi apocalittici. Gesù sta parlando non solo ai suoi seguaci, ma a noi e a tutti gli uomini di tutti i tempi, insegnandoci a cogliere negli accadimenti della storia umana solo occasioni per vigilare e attendere, con vera fiducia nella divina promessa di salvezza, l’avvento del Regno che si realizzerà in modo definitivo con la seconda sua venuta nella gloria: la Parusia! Il quando non è dato di sapere, ma sarà improvviso, in un ignaro presente che sconvolgerà solo chi non ha ascoltato.

Colpisce nei primi versetti del brano l’attenzione di Gesù per le reazioni umane agli eventi straordinari che oggi sappiamo essere in gran parte dovuti alla nostra avarizia e al nostro eccessivo attaccamento ai beni terreni. Ovvero a dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita, secondo le parole antiche. Non tanto, infatti, preoccupano Gesù gli eventi catastrofici cui fa serenamente riferimento, quanto piuttosto la debolezza umana

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nell’affrontarli. L’ansia delle genti che diventa angoscia, la paura che si traduce in vertigine di morte, l’attesa disperata di un futuro ignoto. È infatti al cuore dell’uomo che Gesù parla con tenerezza ed apprensione, e al cuore dei discepoli amati raccomanda che non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita. Gesù si fa maestro di leggerezza del cuore esortando all’attenzione costante verso la realtà del presente che porta quotidianamente i segni del male che continua a diffondersi sulla faccia della terra. Solo per coloro che vivono pesantemente distratti dalle cure mondane il giorno finale giungerà come un laccio ingannatore che si abbatte sull’umanità.

Mentre quel giorno, se atteso con cuore fiducioso come la gloriosa venuta del Figlio di Dio, sarà un ALLORA! FINALMENTE! ECCO è Lui che viene a liberarci da ogni ostacolo, da ogni male e soprattutto dalla morte! Sarà il giorno conclusivo della storia umana, la fine dell’inesorabile scorrere del tempo che logora l’esistenza di tutto il creato e l’inizio dell’eterno Regno in cui umanità e creazione tutta saranno rigenerati e nuovi (Rm 8,19-25).

Alla luce di questa Parola tutta la nostra esistenza, quasi in un costante Avvento, può trasformarsi in veglia e preghiera, poiché la fede che rende leggero il cuore non ci permetterà di attaccarci alle apparenze e ai beni effimeri. Lo scopo del vivere è chiaro: “comparire davanti al Figlio dell’Uomo”, alla sua giustizia che è la sua misericordia, alla sua regalità che è il suo servire per amore, alla sua assoluta umanità che è la sua divinità e diventa il “novissimo” dono che ci farà per renderci definitivamente Figli di Dio nell’abbraccio del Padre.

Fin d’ora, in questo tempo di attesa che coincide con la nostra stessa esistenza, possiamo sperimentare l’incontro con Gesù nel dono sublime ch’Egli ci ha fatto del suo Corpo e del suo Sangue. Egli viene a noi ogni volta che partecipiamo al banchetto eucaristico, alimentando la nostra speranza nella sua ultima e definitiva venuta e dandoci contemporaneamente la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, ovvero la forza di non lasciarci sopraffare dagli eventi e cedere alla tentazione di mollare tutto. In Comunione con Lui possiamo alzarci e levare il capo nella certezza della liberazione.

È significativa la continuità tra il Vangelo di questa prima domenica di Avvento e le letture dell’ultima domenica dell’anno liturgico, conclusosi con la celebrazione di Cristo Re. Ritroviamo infatti l’immagine del Figlio dell’uomo apparire sulle nubi del cielo. La profezia di Daniele continuava: giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui, che gli diede potere, gloria e regno; ….il suo potere è un potere eterno …. e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto. Nel vangelo di questa domenica è chiaramente detto che la Parusia sarà un’epifania di potenza e di gloria grande e inaugurerà il Regno di Dio (v.31). Questo in apparente contrasto con l’attesa di un Dio che si manifesta nella piccolezza e insignificanza di un bambino. Ma l’ottica di Dio ci pone sempre davanti a qualche paradosso. Nell’Apocalisse (1,5) avevamo letto: Ecco viene con le nubi e ognuno lo vedrà, anche quelli che lo trafissero. Il Cristo glorioso porterà dunque i segni della morte in croce, perché la sua gloria si caratterizza per l’obbedienza al Padre e l’Amore incondizionato per i fratelli che l’hanno portato a salire su quel trono crudele. Al compimento dei tempi il Figlio dell’uomo ci sorprenderà e vedremo cadere del tutto i nostri parametri di potenza e di gloria.

Commento a cura di Vanna Comunità Kairos


Immagine di Dimitris Vetsikas da Pixabay