Commento al Vangelo di domenica 26 Agosto 2018 – Comunità Monastica Ss. Trinità

«Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?» (v. 60). «Signore, da chi andremo? tu hai parole di vita eterna» (v. 68). Il lungo discorso nella sinagoga di Cafarnao si conclude con questa reazione contrapposta di molti discepoli che abbandonano Gesù, e di Pietro che a nome dei Dodici decide di rimanere.

Le parole di Gesù hanno avuto un uditorio molto ampio, ma ora la reazione che interessa all’evangelista è quella dei discepoli, che si dividono in due gruppi: i più abbandonano Gesù, solo i Dodici rimangono. L’intero capitolo ha un procedimento concentrico, a cerchi sempre più stretti: all’inizio Gesù si rivolge alla folla; all’interno di questa folla emergono in un secondo momento i Giudei, che mormorano; quindi l’attenzione si concentra sui discepoli e infine, all’interno del gruppo dei discepoli, sui Dodici, e in particolare su due di loro: Simon Pietro prima e poi Giuda, figlio di Simone Iscariota. La narrazione ha il movimento di una grande zoomata che da un iniziale grandangolo molto ampio, su tutta la folla, stringe sempre più l’inquadratura fino a giungere a un primo piano sui volti di Pietro e di Giuda. Siamo così costretti a personalizzare il nostro rapporto con il Signore Gesù. Se all’inizio possiamo confonderci nell’anonimato della folla, alla fine siamo costretti a venire allo scoperto e a prendere una decisione, come accade nella prima lettura per le tribù di Israele che a Sichem devono decidere chi intendono seguire, se il Signore o altri dèi.

Siamo così sollecitati a confrontarci con queste due reazioni opposte: quella dei molti discepoli che mormorano «questa parola (in greco logos) è dura, chi può ascoltarla?». Oppure quella di Pietro che esclama «Tu hai parole di vita eterna». È una parola dura o una parola di vita? Entrambi i gruppi hanno ascoltato lo stesso discorso, eppure diametralmente opposta risulta la loro reazione. La parola è la stessa, ma diverso è l’atteggiamento con il quale viene accolta. Con quali orecchi del cuore bisogna ascoltare la parola di Gesù per comprenderla? È una buona domanda che il testo pone, alla quale siamo sollecitati a rispondere.

Nella mormorazione di chi rimane incapace di ascoltare la parola di Gesù emergono due difficoltà: la prima, più oggettiva, riguarda il modo di parlare di Gesù, il suo contenuto; la seconda, più soggettiva, concerne i discepoli e la loro incapacità, addirittura impossibilità ad accogliere e capire. Si tratta di due ostacoli inseparabili. Il linguaggio di Gesù è definito duro, skleros in greco, termine solitamente usato nei Vangeli per qualificare il cuore degli uomini. Duro è un cuore che  non sa ascoltare. La parola di Gesù è dura in quanto rivela la durezza di cuore dei suoi ascoltatori.

L’intero discorso è duro; non solo questo o quell’aspetto. Pregnante è la terminologia che l’evangelista adotta, facendo dire ai discepoli più precisamente: è duro questo logos. Logos significa parola, evento, discorso, ma nel contesto di Giovanni il termine non può non far pensare al mistero stesso del Logos di Dio con cui si apre il Prologo. Il logos duro è Gesù stesso, in quanto parola di Dio fatta carne. Lo scandalo è costituito non da altro che dal mistero dell’incarnazione, come i brani letti nelle precedenti domeniche hanno messo in rilievo.

C’è poi una seconda difficoltà, più soggettiva, costituita dalla durezza di un cuore che non ascolta. Costoro infatti protestano: «questa parola è dura; chi può ascoltarla?» (v. 60). A questa difficoltà Gesù risponde più avanti: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre» (v. 65). Il verbo potere risuona in entrambi i versetti. Chi può ascoltare? nessuno può se non gli è concesso dal Padre. Il senso è allora: chi può… nessuno può… solo il Padre può. Il cuore duro rivela l’atteggiamento interiore di chi si chiude nella propria autosufficienza, confidando solo nelle proprie possibilità e certezze, anziché aprirsi all’azione di Dio, a quella che Gesù ha già definito l’opera di Dio per eccellenza, o in altri termini a quella possibilità che riposa in Dio e che solo lui può donare.

Pietro si lascia attrarre dal Padre; può perciò confessare la sua fede, della quale possiamo cogliere alcuni tratti caratteristici. Innanzitutto, Pietro sa cosa cercare, o meglio sa che il ‘che cosa’ è un ‘chi’. È la persona di Gesù, non altro. La parola di Gesù ha purificato il suo desiderio.

Anch’egli, al pari della folla, si è saziato di pane e ha visto la grandezza del segno, ma adesso non cerca né il pane né il segno: cerca Gesù.

In secondo luogo, ha capito come cercarlo, con quale stile e atteggiamento interiore. Un piccolo pronome, decisivo, affiora infatti sulle sue labbra: «Signore, tu hai parole di vita eterna» (v. 68). Pietro è capace di dare del tu al Signore, entrando in un dialogo personale con lui. Questo ‘tu’ va sottolineato, perché risuona anche nel testo originario, laddove il greco di solito omette  i pronomi personali. Solo Pietro lo usa. I Giudei non entrano mai in dialogo con Gesù. Al v. 41 si narra che «mormoravano contro di lui»; al v. 52 che «si misero a discutere aspramente fra loro»; il

60 lascia intendere che anche coloro che se ne vanno mormorano di Gesù, ma senza dialogare con lui. Pietro invece si rivolge personalmente a Gesù con il tu della relazione personale. È in questa relazione che può capire chi è Gesù e accogliere la sua parola di vita. Mangiare il suo pane significa infatti dimorare in lui come egli dimora in noi (cfr. v. 56). Solo nell’incontro personale Gesù rivela se stesso.

Pietro domanda «da chi andremo?»: probabilmente egli stesso non ha ancora compreso tutta la profondità della parola di Gesù, di quel logos che è Gesù stesso, perché la verità delle sue parole e il mistero della sua identità potranno essere compresi soltanto dopo la Pasqua, nella luce della Croce. Ha capito però l’essenziale: ciò che importa è rimanere con Gesù, legato alla sua persona, dire di sì a lui, perché solamente lui e nessun altro può essere il Signore della nostra vita. In questo legame personale la sua parola, anche se ancora non del tutto compresa, anziché scandalo genera stupore. Quello stupore che affiora nella domanda stessa di Pietro – Signore, da chi andremo? – ; è lo stupore di chi non ha ancora compreso pienamente, eppure si lascia ugualmente affascinare dalla sorprendente bellezza del mistero di Dio, che ci attrae con la sua inaudita novità.

Gesù aveva affermato subito prima «le parole che vi ho detto sono spirito e sono vita» (v. 63). Ora Pietro risponde: «Tu hai parole di vita eterna». Ma il suo cammino di fede non si arresta qui; al v. 69 compie un passo in avanti e dice «tu sei». Questo è un passaggio decisivo, da vivere in ogni itinerario di fede: dal tu hai al tu sei. «Tu hai il pane; tu sei il pane. Tu hai parole di vita; tu sei la Parola, il Logos della vita». Per tre volte nel suo discorso Gesù aveva affermato con forza «Io sono», assumendo su di sé il nome stesso di Dio (vv. 35.48. 51). A Gesù che proclama «Io sono» Pietro risponde «Tu sei».

Questa è la fede personale di Pietro, che si lascia attrarre da Dio in questo spazio dell’incontro personale con Gesù; ma, occorre subito aggiungere, in questo spazio Pietro non entra da solo. Il suo tu, infatti, si allarga subito a un noi: «noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (v. 69). Pietro sa che nella sua fede risuona la fede di altri, e nello stesso tempo sa che la sua stessa fede, pur così personale, ha bisogno di nutrirsi della fede più ampia di una comunità. In questo ‘noi’ di una fede comune nasce la Chiesa, come accoglienza piena del dono che Gesù fa di  se stesso, della sua carne e del suo sangue. Accogliendo il corpo di Cristo dato per noi, gli uomini diventano un noi, diventano Chiesa, diventano il corpo di Cristo donato per la vita del mondo.

Fonte: Monastero Dumenza

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XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

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Gv 6, 60-69
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 26 Agosto – 01 Settembre 2018
  • Tempo Ordinario XXI
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 1

Fonte: LaSacraBibbia.net

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