Commento al Vangelo di domenica 25 marzo 2018 – ElleDiCi

OSANNA! CROCIFIGGILO!

«Osanna! Crocifiggilo!». Si potrebbe riassumere in queste due parole, gridate probabilmente dalla medesima folla, a pochi giorni di distanza, il significato dei due avvenimenti ricordati in questa domenica. Con un «Evviva!», spiegato dalle acclamazioni che seguono: «Benedetto colui che viene… Benedetto il regno che viene», concluse ancora da un «Evviva!», la gente di Gerusalemme accoglie, in un impeto di entusiasmo, Gesù che entra nella città a dorso di asino. Con un «Crocifiggilo!», gridato due volte, con un crescendo di furore, la moltitudine, sobillata dai sommi sacerdoti, reclama dal governatore romano la condanna dell’imputato che gli sta davanti, in silenzio. Due grida che contrassegnano due momenti richiamati dalla liturgia odierna.

«Benedetto colui che viene nel nome del Signore!»

Questa dimostrazione di entusiasmo popolare è non solo accettata ma provocata da Gesù che dà a tale scopo precise istruzioni a due dei suoi discepoli. Ora che s’avvicina il termine della sua vita egli si presenta come il Messia atteso dal popolo, mandato da Dio e venuto in nome di lui a portare la pace e la salvezza, anche se in maniera diversa da come l’intendevano gli Ebrei del suo tempo. Ciò appare chiaro specialmente se si ricorda la profezia di Zaccaria: «Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, sopra un puledro figlio d’asina» (9,9). L’opera di salvezza e di liberazione Gesù la continua nei secoli. Per questo la Chiesa, che fermamente lo crede presente anche se invisibile, non si stanca di acclamare a lui nella lode e nell’adorazione. Proprio nella preghiera eucaristica ripetiamo ogni giorno: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore!», premettendo che la lode e il ringraziamento «è veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza».

Il culto pubblico e solenne, quando è espresso sinceramente, nelle forme più varie, con atteggiamento interiore in docile adesione alle direttive della Chiesa che ne garantisce la qualità di fede autentica, è un dovere e un bisogno del cristiano. A una condizione: che non si riduca a questo l’impegno del cristiano, che non sia un episodio, ma qualcosa che informa tutta la vita. Sono troppi coloro che fanno consistere l’essere cristiani nella presenza alla Messa o nella partecipazione a qualche atto di culto. Oggi acclamano con l’«osanna», domani bestemmiano, in pratica, ripetendo «crocifiggilo!». Questo vale non solo quando l’insulto ha come bersaglio diretto Dio e il suo Figlio Cristo, la Madonna e i santi, ma anche quando colpisce l’uomo, immagine e figlio di Dio, nel quale il Cristo sofferente ha voluto identificarsi: l’uomo, non importa se bianco o nero, povero o ricco, nel vigore degli anni o vecchio cadente o creatura che vive nel grembo della madre.

La Passione

Questa parola «passione», riferita alla storia di Gesù, è divenuta così familiare che difficilmente suscita in noi il ricordo vivo, capace di provocare un sentimento e una partecipazione personale, di ciò che significa, di ciò che Gesù ha «patito». Vogliamo richiamare qualcuno dei dati annotati da s. Marco? Sofferenze morali e sofferenze fisiche. «Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà… Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». A Pietro: «Proprio tu, oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte». Tutto si avvererà puntualmente. Tra quelli che aveva scelto come amici e confidenti, uno lo tradirà consegnandolo ai suoi avversari, l’altro protesterà di non conoscerlo. «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Ma i tre discepoli non saranno capaci di vegliare un’ora sola con lui. Anche il Padre, invocato appassionatamente perché lo liberi, sembrerà abbandonarlo. Il bacio di Giuda. L’umiliazione dell’arresto come fosse un criminale. Falsi testimoni lo accusano. Gli sputano addosso, lo schiaffeggiano, lo percuotono. Poi lo incatenano, lo consegnano a Pilato e rinnovano le accuse. Avendo la facoltà di liberare un carcerato, la folla, sobillata, sceglie un assassino, Barabba, e chiede a gran voce la crocifissione di Gesù. Pilato lo fa flagellare. l soldati lo scherniscono, lo coprono d’uno straccio rosso, gli mettono sul capo una corona di spine, lo salutano per scherno come re dei Giudei, lo percuotono con una canna, gli sputano addosso, lo inchiodano sulla croce. 1 passanti lo insultano, tanto più i sommi sacerdoti, riusciti finalmente nel loro intento, e anche quelli che sono stati crocifissi con lui. Infine, la sofferenza più misteriosa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Un forte grido, la morte. Perché tutto questo? L’inizio della preghiera eucaristica ci darà la risposta: «Egli, che era senza peccato, accettò la passione per noi peccatori e, consegnandosi a un’ingiusta condanna, portò il peso dei nostri peccati. Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione ci acquistò la salvezza».

Dunque, riconoscenza e amore a colui che si è sacrificato per noi, al servo di Dio che, come ha predetto il profeta, non ha opposto resistenza, non s’è tirato indietro, ha presentato il dorso ai flagellatori, non ha sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Perché tutto questo? Non fu, per Gesù, il sottomettersi per forza a un destino crudele: «Io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso» (Gv 10,17-18). Egli soffre e muore per affermare la sua libertà, rifiutando costantemente i compromessi con i detentori del potere che l’avrebbero distolto dal compimento della sua missione. «La morte è il punto d’arrivo del suo cammino di libertà; infatti l’obbedienza di Gesù è non tanto sottomissione ad un imperativo, quanto azione in linea con la volontà liberatrice di Dio» (Duquoc).

Perché tutto questo? Paolo introduce le considerazioni che abbiamo ascoltato nella 2a lettura sullo spogliamento del Figlio di Dio e sulla sua obbedienza fino alla morte esortando: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5). Non si tratta, certo, d’una ricerca sadica della sofferenza, ma di accettare e portare la nostra croce, con fede, con umiltà, con pazienza. Di soffrire e morire per affermare la nostra libertà di figli di Dio, di testimoni della verità e dell’amore. Ecco il testamento scritto sul breviario da un prete toscano di 34 anni, Don Aldo Mei, in carcere: «Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell’odio, io che non ho voluto vivere che per l’Amore. “Deus charitas est” e Dio non muore. Non muore l’Amore!… Muoio pregando per coloro stessi che mi uccidono…». Il 4 agosto 1944, alle ore 22, «circondato da soldati tedeschi scavava una fossa sul prato che circonda le mura di Lucca. Pochi minuti dopo la mitraglia lo crivellava di colpi». Perché? «Aveva dato ospitalità e protezione ad una famiglia ebrea, aveva assistito e amministrato i sacramenti ad alcuni gruppi di partigiani, aveva nascosto un apparecchio radio». E con lui, quanti altri!

«Dio l’ha esaltato»

S. Giovanni, commentando l’accoglienza trionfale fatta a Gesù in Gerusalemme, osserva: «Sul momento i discepoli non compresero queste cose; ma quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che questo era stato scritto di lui e questo gli avevano fatto» (12,16). Sia questo episodio, sia tutta la tragedia della passione, si comprendono solo alla luce della risurrezione. «Umiliò se stesso… per questo Dio l’ha esaltato». Al sommo sacerdote che lo interrogava: «Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?», Gesù risponde: « Io lo sono!». Questa affermazione, che in quel momento fu giudicata una bestemmia e invocata come motivo della condanna a morte, rivelerà tutto il suo significato, quando, continua Gesù, gli uomini vedranno «il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo».

Nella grande chiesa di Chamelco, una parrocchia montana del Guatemala tutta di Indios, mi hanno colpito alcune rappresentazioni del Crocifisso caratterizzate da un crudo verismo che rievoca in maniera impressionante le sofferenze di Cristo. La cosa non era nuo-va: ma mi ha fatto riflettere un’osservazione udita più volte là e in altri paesi dell’America Latina. Gli Indios e i negri hanno espresso nell’immagine del Cristo sofferente la loro passione di popoli oppressi per secoli, fino a perdere la speranza di risorgere un giorno alla libertà e al riconoscimento della dignità umana. Per questo, mi si diceva, è ben rara la rappresentazione del Cristo risorto. La situazione sfociò nell’energica protesta elevata dal vescovo, insieme con preti e religiosi, contro l’oppressione dei contadini, costretti ad abbandonare le loro case, ridotti alla miseria e addirittura assassinati. Possiamo sperare anche per quei fratelli lontani la risurrezione a una vita degna di uomini? Possiamo sperarla per i fratelli di quei paesi per i quali l’affermazione dei diritti elementari del cittadino può costare il carcere o il manicomio?

L’esaltazione di Gesù risuscitato è fondamento della nostra fede

Se il centurione, «vistolo spirare in quel modo, disse: Veramente quest’uomo era Figlio di Dio! », tanto più fermo dev’essere l’atto di fede per noi, che lo sappiamo risorto. Questa fede è un incoraggiamento a seguire Gesù sulla via del Calvario nell’accettazione della sofferenza e della morte, animati dalla speranza della risurrezione. «Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione» (Rm 6,5); «se veramente», aggiunge s. Paolo, «partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (Rm 8,17). E quanto chiederemo, con umiltà e fiducia, nella preghiera conclusiva di questa Messa: «Signore, che ci hai saziati con i tuoi santi doni, e con la morte del tuo Figlio ci fai sperare nei beni in cui crediamo, fa’ che per la sua risurrezione possiamo giungere alla mèta della nostra speranza».

Fonte

Tratto da “Omelie per un anno 1 e 2 – Anno A” – a cura di M. Gobbin – LDC

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DOMENICA DELLE PALME – ANNO B

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Mc 14, 1 – 15, 47
Dal Vangelo secondo Marco

– Cercavano il modo di impadronirsi di lui per ucciderlo
Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Àzzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

– Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura
Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

– Promisero a Giuda Iscariota di dargli denaro
Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

– Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

– Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà
Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».

– Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue dell’alleanza
E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

– Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:
“Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”.
Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

– Cominciò a sentire paura e angoscia
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

– Arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta
E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

– Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?
Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi a? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva a. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell’uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

– Non conosco quest’uomo di cui parlate
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.

– Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?
E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei? ». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi a? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più a, tanto che Pilato rimase stupito. A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

– Intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

– Condussero Gesù al luogo del Gòlgota
Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

– Con lui crocifissero anche due ladroni
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.

– Ha salvato altri e non può salvare se stesso!
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

– Gesù, dando un forte grido, spirò
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

Qui ci si genuflette e si fa una breve pausa.

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

– Giuseppe fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro
Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 25 – 31 Marzo 2018
  • Settimana Santa
  • Colore Rosso
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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