Commento al Vangelo di domenica 24 Ottobre 2021 – Comunità Kairos

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La guarigione di Bartimeo è l’ultima nel vangelo di Marco e avviene sulla strada che da Gerico porta a Gerusalemme, dove Gesù andrà incontro alla sua passione e morte. Il cieco diventa termine di paragone determinante per la modalità di sequela di Gesù. Soprattutto per coloro che da tempo camminano con lui, ma che si ostinano a guardarlo dalla prospettiva sbagliata.

I discepoli, infatti, si scontrano ancora con le proprie resistenze, non riescono a ribaltare le logiche mondane (cf. Mc 10, 35-45) e non vedono Gesù per ciò che davvero è.

Sembra proprio che l’itinerario di Bartimeo sia quindi una catechesi sul cammino del discepolo, per il quale è necessario che gli occhi si aprano al mistero di Cristo, che la luce della sua Parola sia guida per seguirlo fino alla croce e non scandalizzarsi di Lui (cf. Mc 14,26).

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Il racconto, nello stile dell’evangelista, è asciutto ma assolutamente denso di elementi significativi, a cominciare dall’introduzione.

Gesù cammina per la strada. Il suo annuncio di speranza per i più poveri, per i sofferenti, per tutti coloro che sono emarginati, unito ai numerosi miracoli di guarigione, ha attirato una folla numerosa che lo segue con i suoi discepoli e che gli sta intorno come una cerchia difensiva.

Sul ciglio della strada siede un uomo che ha un nome e un padre (unico caso in tutto il vangelo di Marco); si chiama Bartimeo ed è figlio di Timeo. La sua vita è bloccata dalla cecità che non gli consente di essere autonomo, per cui è costretto a mendicare, a chiedere la pietà dei passanti, che spesso non si curano di lui.

La strada non è fatta per sedersi ma per camminare, l’infermità di Bartimeo invece lo blocca ai margini della strada, ai margini della società. In altre parole, fa di lui un escluso dalla comunità.

Bartimeo non ci vede, ma ci sente benissimo e quindi è stato raggiunto dalla fama di Gesù. Chissà quanti racconti hanno suscitato in lui la speranza di incontrare quest’uomo straordinario! E ora quest’uomo sta passando proprio per la strada dove lui sta a mendicare. Non può perdere l’occasione di allacciare un rapporto personale con Gesù e spera che da lui gli arrivi la salvezza, la guarigione dalla sua infermità.

La folla è numerosa e Bartimeo non ha altro mezzo che gridare per farsi sentire da Gesù e lo fa con le parole che la tradizione orientale ha fatto proprie nella preghiera del cuore: “Figlio di David, Gesù, abbi pietà di me”. Lo riconosce quale Cristo, il Messia inviato da Dio sulla terra (cf. 2Sam 7,8-17; Is 11,1-9) ed è l’unico che in tutto il Vangelo di Marco chiama per nome Gesù. Bartimeo sa che in quell’uomo c’è il Dio che salva. Ci vede benissimo, prima che gli si aprano gli occhi.

Ma i discepoli e la folla cercano di far tacere Bartimeo e lo rimproverano. È sconcertante che l’ostacolo sia costituito da coloro che dovrebbero favorire l’incontro e credono di vedere, perché sono convinti di discernere come ci si comporta davanti a Dio. E invece sono ciechi per troppo zelo (cf. Mc 9,38-40; 10,13-16) e pretendono di impadronirsi di Gesù, “proteggendolo” dagli ultimi. Sembrano essere “sulla buona strada”, invece sono decisamente “fuori strada”.

Ma Bartimeo non si scoraggia, continua imperterrito a gridare per farsi sentire da Gesù, non si lascia vincere dai rimproveri, dai giudizi malevoli ed ironici. Il suo grido possiede una caratteristica: è insistente, e Dio non lascia inascoltata la preghiera insistente (Lc 11,5-8; 18,2-8).

Gesù spezza ancora una volta gli schemi interpretativi. Si ferma e domanda proprio ai discepoli di chiamare il cieco che vorrebbero lasciar fuori, per far loro superare la tentazione di ritenersi comunità di perfetti ed autosufficienti. Le parole che essi rivolgono a Bartimeo riassumono il messaggio universale di Gesù alla speranza, a non temere, a risorgere da una situazione di morte, perché c’è un Dio che chiama e che si piega sul dolore dell’uomo.

Bartimeo ha già iniziato il suo cammino di fede, è pronto a rispondere alla chiamata. Si solleva dal proprio ripiegamento, balza in piedi, e sperimenta già la sua resurrezione. Lascia il mantello, unica sua ricchezza, pronto all’abbandono di tutte le sicurezze e protezioni di cui sinora ha avuto bisogno nella sua cecità, perché il dinamismo della fede implica una progressiva spogliazione di sé. Agisce al contrario dell’uomo ricco che non è stato capace di spogliarsi dei suoi beni (cf. Mc10,21-22).

Il cieco ora è in piedi, cammina verso Gesù che ha ascoltato il suo grido, che non lo considera come un oggetto di scarto, ma lo chiama alla relazione personale.

Gesù ha dimostrato la sua compassione disponendosi all’incontro, ma ora vuole che Bartimeo chieda in modo chiaro ciò di cui ha bisogno, lo rimanda alla consapevolezza del suo desiderio di ritrovare la sua dignità di uomo. Per questo gli pone la stessa domanda che aveva fatto poco prima a Giacomo e Giovanni (cf. Mc10,36): “Che vuoi che io faccia per te?”. Dai suoi discepoli aveva avuto come risposta la richiesta della gloria, mentre Bartimeo non vuole un posto d’onore, gli basta l’essenziale per tornare a essere un uomo libero. La sua richiesta è semplice: “Rabbunì, che io veda!”. Fondamentale il significato del verbo “vedere” nel vangelo di Marco, perché nella storia della passione-resurrezione il verbo privilegiato per indicare il credere è “vedere”. La fede, nel suo vertice, ci viene descritta come la luce della croce: chi guarda in alto e contempla Gesù in croce “vede” la gloria del Figlio di Dio nell’uomo Gesù. La fede consiste quindi nel guardare in alto per contemplare il Cristo in croce: è lì che si conosce e si crede all’amore che Dio ha per noi, è lì che si “vede” l’impotenza alla quale Dio si è ridotto nell’onnipotenza del suo amore per l’uomo.

La risposta di Gesù è quella usata in altri episodi di guarigione (Lc 7,50; 17,19; Mt 8,13; 15,28): “Va’, la tua fede ti ha salvato”. È la fede in Gesù che può operare la guarigione, l’apertura degli occhi. Ma Bartimeo è anche salvato, è un illuminato nella fede, è un credente.

Ottenuta la guarigione, egli potrebbe prendere tante decisioni, ma tra tutte sceglie di seguire Gesù, perché è Lui “la luce vera, che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9). L’incontro con Dio ha fatto di lui un discepolo che può iniziare la sequela fino a Gerusalemme, fino alla croce.

E anche noi, sull’esempio di Bartimeo, siamo chiamati a chiedere a Cristo di essere guariti dalla nostra cecità, a discernere i segni del suo passaggio sulla nostra strada, a cogliere il kairòs dell’incontro con Lui per diventare “quelli della via” (At 9,2), che camminano sulle orme di Cristo e ne condividono la vita.

Commento a cura di Annalisa Comunità Kairos


Immagine di Dimitris Vetsikas da Pixabay