Commento al Vangelo di domenica 16 Giugno 2019 – Paolo Curtaz

Il commento al Vangelo di domenica 16 Giugno 2019 – Anno C, a cura di Paolo Curtaz. Qui di seguito il testo ed il video.

Quale Dio?

«Ma secondo te Dio esiste?»

Il sorriso da furbetto è quello semi-serio che Marco usa quando vuole provocarmi ma che, spesso, cela un universo.

«Glielo chiederemo quando lo incontreremo», rispondo.

«Questa risposta non me l’aspettavo», replica, soddisfatto.

No, certo, non possiamo saperlo.

È una sfida, una scommessa, un azzardo, credere nell’esistenza di Dio.

Ragionevole, documentata, motivata, ma pur sempre una scelta.

E tale resterà per sempre.

Ma anche chi nega la sua esistenza sa bene che, la sua, è un’affermazione quantomeno discutibile.

Oggi, poi, va di moda non porsi il problema, farsi divorare a grossi morsi dalla quotidianità, vivendo come se Dio non fosse una questione importante. E si vedono i risultati.

Quando l’uomo di sostituisce a Dio, quando finge di sapere in che cosa consiste la vita, quando lascia che sia la parte oscura (che c’è, chi può seriamente negarla?) prevalga.

Resto dell’avviso, come scriveva il grande teorico della storia delle religioni, Max Weber, che chi non si pone il problema di Dio, in realtà, finisce col sostituirlo con idoli ingombranti.

O, per dirla con maggiore humor britannico, alla Chesterton,

che abbiamo smesso di credere e siamo diventati dei creduloni.

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Quale Dio

Ed è simpatico che questa banda di simpatici topoloni che è la Chiesa, non quella gossipara dei media e nemmeno quella descritta allo sbando, che si legge sui siti dei cattolici puri e duri, ma quel popolo di Dio santo e in conversione cui il risorto affida la costruzione del Regno (tenero), grazie allo Spirito Santo, si ponga la domanda ogni anno mi rincuora.

E anche se stiamo lentamente lasciando che la logica del mondo ci contagi (quanto mi irrita questa cosa!), che la politica (quella brutta, sinceramente) tratti la fede come oggetto contundente, che paranoie, fobie, approssimazioni si sostituiscano alla vita spirituale, il messaggio che ci viene consegnato rimane.

Noi non crediamo in Dio. Crediamo nel Dio di Gesù Cristo.

È proprio un’altra questione, sinceramente. Un altro approccio.

Io non ci sarei mai arrivato a Dio, se non mi fosse venuto incontro lui.

Il Dio mostruoso

Lo scrivo e lo dico spesso: mi sono convinto che tutti portiamo nel cuore un’immagine di Dio, anche chi crede di non credere.

Non sempre bella, sinceramente: un’idea spontanea, inconscia, culturale, legata alla nostra educazione e nutrita da qualche distratto ascolto di predica o di catechismo.

Dio c’è, certo, ma è incomprensibile, lunatico, inaccessibile.

Ti ama, si dice, ma poi se non lo ami, lui che ti vuole tanto bene, ti manda una bella disgrazia.

È onnipotente, ma non difende il bambino venduto per prostituirsi.

C’è, opera, ovvio. Ma non fa quasi mai il mio bene.

Meglio blandirlo Dio, non si sa mai. Meglio trattarlo bene, sperando che non ti capiti una disgrazia.

E, a dirla tutta, forse io sarei capace di operare meglio di lui e di risolvere qualche bel problemino mondiale.

L’idea di Dio che portiamo nel cuore, siamo onesti, è mediamente orribile.        

Finché è arrivato Gesù e ha sconvolto le nostre piccole idee di Dio.

E ne ha parlato come nessuno ne aveva parlato e ha inviato lo Spirito perché, infine, capissimo.

Il Dio di Gesù

Gesù ci svela che Dio è Trinità, cioè comunione.

Ci dice che se noi vediamo “da fuori” che Dio è unico, in realtà questa unità è frutto della comunione di un Padre/Madre che ama un Figlio e questo amore è talmente intenso da diventare una persona: lo Spirito Santo. Talmente uniti da essere uno, talmente orientati l’uno verso l’altro da essere totalmente uniti.

Dio non è solitudine, immutabile e asettica perfezione, sommo egoista bastane a se stesso, ma è comunione, festa, famiglia, amore, tensione dell’uno verso l’altro.

Solo Gesù poteva farci accedere alla stanza interiore di Dio, solo Gesù poteva svelarci l’intima gioia, l’intimo tormento di Dio: la comunione. Una comunione piena, un dialogo talmente armonico, un dono di sé talmente realizzato, che noi, da fuori, vediamo un Dio unico.

Dio è Trinità, relazione, danza, festa, armonia, passione, dono, cuore.

Allora finalmente capisco l’inutile lezione di catechismo di quando, bambino, vedevo il parroco tracciare sulla lavagna l’addizione: 1+1+1=1 e disegnava un triangolo equilatero.

Tenero. Con l’amore medio che un bambino ha per la geometria si era infilato in un bel pasticcio!

Oggi ho capito.

Sbagliava operazione. In Dio 1x1x1=1.

Proprio perché il Padre ama il Figlio che ama il Padre e questo amore è lo Spirito Santo, che noi, da fuori, vediamo un’unità assoluta.

 E a me?

Se Dio è comunione, in lui siamo battezzati e a sua immagine siamo stati creati; questa comunione ci abita e a immagine di questa immagine siamo stati creati. La bella parabola della Genesi ci ricorda di come Dio si sia guardato allo specchio, sorridendo, per progettare l’uomo.

Ma, se questo è vero, le conseguenze sono enormi.

La solitudine ci è insopportabile perché inconcepibile in una logica di comunione, perché siamo creati a immagine della danza.

Se giochiamo la nostra vita da solitari egoisti non riusciremo mai a trovare la luce interiore perché ci allontaniamo dal progetto.

Sartre diceva: “L’enfer c’est les autres”, Gesù ci ribadisce: “Siate perfetti nell’unità”.

E se anche fare comunione è difficile, ci è indispensabile, vitale, e più puntiamo alla comunione e più realizziamo la nostra storia, più ci mettiamo alla scuola di comunione di Dio, più ci realizzeremo.

 

La Chiesa, va costruita a immagine della Trinità. La nostra comunità prende ispirazione da Dio-Trinità, guardiamo a lui per intessere rapporti, per rispettare le diversità, per superare le difficoltà. Guardando al nostro modo di essere, di relazionarci, di rispettarci, di essere autentici, chi ci sta intorno capirà chi è Dio e per noi l’idea di un Dio che è Trinità diventerà luce.

Questo è il Dio che Gesù è venuto a raccontare.

Quello di cui scommetto l’esistenza.

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