Commento al Vangelo di domenica 14 Ottobre 2018 – Comunità Monastica Ss. Trinità

La sezione centrale del vangelo di Marco (i capitoli 8-10) presenta un tema dominante, quello della sequela, plasticamente raffigurato dalla via che sale a Gerusalemme percorsa da Gesù con i suoi discepoli. Su questa strada avviene un incontro: un uomo ricco si avvicina a Gesù e lo interroga. E proprio attraverso il dialogo che si intesse tra quest’uomo e Gesù, attraverso la desolante conclusione a cui giunge il cammino di ricerca di quel ricco, attraverso le reazioni dei discepoli, spettatori attoniti di questo episodio, Marco ci offre alcune sfumature che caratterizzano le esigenze della sequela: le condizioni per «avere in eredità la vita eterna» (10,17); la scoperta di quel ‘Maestro buono’ che può insegnare e fare dono della vita; la scelta di seguire questo maestro e le condizioni per essere suo discepolo; il discernimento sui beni terreni e il rapporto tra ricchezza e sequela. E certamente quest’ultimo aspetto sembra catturare l’attenzione di quell’uomo ricco che, con tanto entusiasmo, era corso da Gesù ponendogli quell’interrogativo esistenziale, l’interrogativo sulla vita vera, la vita ‘senza fine’.

A partire da questa domanda rivolta a quel ‘Maestro buono’ (cfr. 10,17-18) e dalle successive risposte, l’uomo ricco è posto di fronte ad alcune scelte: dove sta la vera vita? I beni terreni possono assicurare la vita? Scegliere la vita o scegliere i beni? Possedere ricchezze o lasciarle per seguire quel ‘Maestro buono’?È dunque necessario un discernimento e questo deve illuminare il rapporto con le ricchezze materiali e la loro relazione con ciò che veramente può dare valore a una esistenza. In sé la ricchezza non è un male; anzi, nel linguaggio biblico, è segno di benedizione di Dio. Ma resta pur sempre una realtà ambigua, soprattutto quando cattura il cuore dell’uomo, rendendolo estraneo a Dio, in quanto crea una sorta di dimenticanza nei suoi riguardi e provoca attorno a sé ingiustizia sociale e avidità (si pensi alle parabole del ricco stolto e del ricco gaudente in Lc 12,13.21 e 16,19-31).

Soprattutto di fronte alla vita elargita da Dio, ogni ricchezza materiale assume un valore diverso. Come suggerisce il testo del libro della Sapienza (prima lettura), una vita illuminata dalla saggezza che viene da Dio non può essere paragonata con nessun bene materiale: «tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento» (Sap 7,9). Il discernimento per giungere a una scelta ‘sapienziale’ della vita può esser illuminato solo dall’incontro con la parola di Dio, quella parola che – come dice la lettera agli Ebrei (seconda lettura) – «è viva, efficace, più tagliente di ogni spada a doppio taglio» e «che discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12). E proprio sulla strada che conduce a Gerusalemme, quell’uomo ricco è chiamato a fare questa scelta, in un confronto con la parola di Dio, con quel maestro buono che dona la vita.

Soffermiamoci su alcuni elementi che caratterizzano la dinamica di questo incontro. Notiamo anzitutto come all’incontro con Gesù, quell’uomo è condotto a partire da una ricerca personale, una ricerca sincera e motivata: «gli corse incontro… e gli domandò: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità al vita eterna?”» (Mc 10,17). La risposta di Gesù rimanda il ricco semplicemente alla parola di Dio, alla via dei comandamenti (e in particolare quelli che evidenziano le relazioni con il prossimo). Ed è appunto il cammino a cui quest’uomo ha cercato di essere fedele «fin dalla giovinezza» (10,20). Ma attraverso la risposta di Gesù, la ricerca di quest’uomo deve aprirsi a un salto di qualità, a un incontro. Si è rivolto a Gesù, l’ha chiamato ‘Maestro buono’ e ora deve prendere coscienza di ciò che cerca veramente e chi è colui al quale ha rivolto la sua domanda: «perché mi chiami buono?» (10,18).

Per avere «in eredità la vita eterna» (10,17, questo è ciò che aveva chiesto l’uomo ricco a Gesù), è necessario compiere una scelta. E la scelta per quell’uomo è essere discepolo del ‘Maestro buono’, seguire colui che è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). «Una cosa sola ti manca…» (10,21): a quell’uomo non basta essere un giusto (osservare i comandamenti) per avere la vita; deve diventare un discepolo di colui che dona la vita. Questa è la radicalità della chiamata che Gesù rivolge a quel ricco. E la radicalità dell’appello è caratterizzata anzitutto dallo sguardo che Gesù rivolge a quell’uomo: «Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò…» (10,21).

Prima di chiamare alla sequela, Gesù ama colui che invita ad essere suo discepolo. E per quell’uomo, desideroso di fare qualcosa per possedere la vita, anzitutto è richiesto di accogliere un amore gratuito. Sta qui la radicalità: nella sequela non si è protagonisti, ma si accoglie la gratuità di un dono, l’amore di Cristo. Ma la scelta di seguire Gesù è radicale anche perché richiede un abbandono di ciò che fino a quel momento ha catturato la vita di quell’uomo, le ricchezze: «Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesori in cieli; e vieni! Seguimi!» (10,21). Per seguire Gesù è richiesta una libertà da ciò che ostacola questo cammino; è necessario fare un vuoto, ma che deve esser però riempito da un tesoro vero, l’amore di Cristo e l’amore per Cristo.

A questo punto per quell’uomo si pone il discernimento: che cosa è più importante? Che cosa o chi preferire? E la risposta data dall’uomo ricco è purtroppo un fallimento. L’incontro si conclude con una scelta mancata, una ricerca e un desiderio di vita frustrati. Dalla gioia iniziale che aveva portato quell’uomo a correre incontro a Gesù, alla tristezza finale di un cuore incapace di scegliere tra la Vita e le cose che compongono la vita, ma che di fatto non la contengono. E Marco sembra insistere su questa tristezza: «A queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato…» (10,22). È la tristezza di un cuore che non riesce a liberarsi e che la parola di Gesù ha fatto emergere (cfr. Eb 4,12-13); è la tristezza di una ricerca fallita. «Se ne andò»: è proprio il contrario della sequela.

Ma lo sguardo e la parola che Gesù rivolge ai discepoli sconcertati da ciò che avevano visto, è come un’ultima apertura per comprendere cosa significa seguire Gesù. In fondo, ricorda Gesù ai discepoli, un ricco non può entrare nel regno di Dio: «Quanto è difficile entrare nel regno di Dio!» (10,24). E subito aggiunge: è «impossibile agli uomini» (10,27). Nella prospettiva umana, seguire Gesù, accettare le condizioni di questa sequela, lasciare ciò che ostacola la sequela, è assurdo e impossibile (l’immagine della cruna dell’ago e del cammello). A meno che l’uomo si affidi radicalmente alla potenza dell’amore di Dio, si affidi, in qualche modo, allo sguardo di amore di Gesù. Allora essere discepolo è possibile per ogni uomo, anche per un ricco (come è capitato a Zaccheo: cfr. Lc 19,1-10), perché «tutto è possibile a Dio» (10,27). Diventare discepoli o entrare nel Regno, non è frutto dell’abilità e degli sforzi umani: è un dono della potenza salvifica di Dio. A Lui è necessario affidarsi ed accogliere quella parola e quello sguardo di amore (cfr. 10,21) che rendono libero l’uomo e lo cambiano.

Fonte: Monastero Dumenza

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XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

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L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto.

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 10, 2-16
 
2Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. 3Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosé?». 4Dissero: «Mosé ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». 5Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. 6Ma dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; 7per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie 8e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. 9Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». 10A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. 11E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; 12e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
13Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. 14Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. 15In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». 16E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 07 – 13 Ottobre 2018
  • Tempo Ordinario XXVII
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 3

Fonte: LaSacraBibbia.net

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