Commento al Vangelo di domenica 14 Novembre 2021 – Comunità Kairos

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Il cammino di Gesù volge al termine e il suo insegnamento sta per concludersi. Stimolato dalla domanda dei discepoli a lui più vicini, curiosi di sapere quando si sarebbe compiuto il destino delle pietre del tempio, di cui aveva detto “non rimarrà pietra su pietra”, Gesù rivolge loro un lungo discorso. È il “discorso escatologico” in cui affronta temi relativi agli ultimi tempi. Il suo intento è stimolare i discepoli ad osservare i segni. La distruzione del Tempio, i falsi profeti e le guerre, la persecuzione dei discepoli, la rovina di Gerusalemme, sono solo segni, avvenimenti che richiedono un occhio attento per essere interpretati. Con la sua risposta e la descrizione dei segni premonitori, Gesù non vuole soddisfare la loro curiosità sul quando e sul come, quanto stimolare la fiducia e la vigilanza ed alimentare l’attesa. Non importa quindi la precisazione del tempo della fine, come suppone la domanda dei discepoli, ma il come si sta nell’attesa.

Non è più in gioco solo il destino personale, la storia singola di ogni uomo che si conclude con la morte, ma il destino cosmico e la storia di tutta l’umanità. La storia del mondo e dell’umanità intera scorre verso un punto d’arrivo, una conclusione, verso una fine e verso il suo fine. Il punto centrale di tutto il discorso è la venuta del Figlio dell’uomo. È la tensione di una promessa che tende al suo compimento. Il tempo, nella concezione biblica, non è ciclico, non si ripete in maniera ricorrente tornando al punto di partenza, ma si distende lungo una linea formata dagli eventi salvifici che hanno il loro punto di arrivo nell’evento ultimo: la Parusia, il ritorno del Figlio dell’uomo.

Questo ritorno non passerà inosservato. La venuta del Figlio dell’uomo sarà preceduta e accompagnata da fenomeni e progressivi sconvolgimenti cosmici eccezionali. Secondo la visione apocalittica, le catastrofi, che di fatto si verificano per colpa dell’uomo o per i limiti della natura, vengono assunte in quel piano misterioso di Dio che raggiungerà infallibilmente il suo scopo di salvezza. L’armonia della creazione sarà minacciata, il cielo, il sole, la luna e le stelle, perfino le potenze del cielo subiranno cambiamenti e questo sarà il preludio alla venuta del Figlio dell’uomo. La simbologia del linguaggio apocalittico cerca solo di spiegare come il ritorno di Dio non lascerà nulla come prima.

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È il momento in cui sarà rivelato il senso profondo della realtà presente e si potrà vedere quella verità che è la parola ultima e definitiva di Dio sul mondo. Non si sta andando verso la fine di tutto, ma verso il fine, verso il senso profondo di tutto ciò che esiste. Il dissolversi del mondo vecchio è insieme il nascere di quello nuovo. Dio realizza il suo disegno in questa storia con le sue contraddizioni; e il male, nelle forme concrete che può assumere nell’arco della storia, sarà superato in maniera irreversibile.

La parabola o meglio la similitudine del fico, posta subito dopo l’annuncio degli sconvolgimenti, è la chiave ermeneutica per leggere il tutto. Dal fico imparate: quando spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Il fico mette le foglie soltanto quando la temperatura è sufficientemente elevata e questo prelude con certezza all’avvicinarsi dell’estate. Un’immagine legata alla terra che stimola l’attesa e la speranza nella certezza che l’“estate” di Dio arriverà. Nello sconvolgimento della storia c’è una presenza di Dio tutta particolare che la orienta a una conclusione positiva che supererà il male e potenzierà all’infinito il bene. E questa estate che avanza ha un nome e un volto: è il Figlio dell’uomo, Gesù Cristo.

Se gli ultimi tempi sono l’incontro della storia umana con Dio, non bisogna dimenticare che il Dio di questo incontro è quello che si è rivelato nella morte e resurrezione di Gesù. L’attesa della Parusia non è altro che l’attesa del Risorto e l’incontro con Lui sarà un giorno di salvezza per tutti.

Niente allarmismi e ansie quindi sulla fine, ma un atteggiamento diverso che chiama gli uomini a essere attenti e vigilanti (Mc 13,33). Un cuore vigile e attento non si lascia sorprendere da quel giorno come da un ladro di notte, ne è infatti in attesa e ne va preparando l’incontro. Solo chi è attento e vigile potrà scorgere ciò che a molti resta nascosto: la salvezza, il regno, la promessa di Dio si fanno strada in mezzo alle catastrofi naturali e alle incongruenze della storia. Se si sta in attesa, inoltre, non importa il quando (che conosce solo il Padre), ogni momento andrà bene nella certezza che “i cieli e la terra passeranno, ma la sua Parola non passerà”.

Commento a cura di Giustina Comunità Kairos


Immagine di Dimitris Vetsikas da Pixabay