Commento al Vangelo del 9 Ottobre 2019 – mons. Vincenzo Paglia

mons. Vincenzo Paglia
mons. Vincenzo Paglia

“La parola di Dio non è incatenata!”. Lo dice Paolo dettando la Lettera a Timoteo mentre porta le catene della prigionia (2 Tm 2,9). E aggiunge: “Perciò sopporto ogni cosa per gli eletti, perché anch’essi raggiungano la salvezza”. Queste sofferte parole dell’apostolo ci dicono la libertà e la forza della Santa Scrittura che ogni domenica ci viene annunciata; in tal senso la Parola di Dio è davvero un dono prezioso del Signore.

Le vicende tristi o meno tristi che accadono a noi personalmente o al mondo che ci circonda non riescono a soffocare il Vangelo, come neppure le catene riuscirono a fermare l’apostolo Paolo nel suo ministero di predicazione. Ogni domenica, sia che partecipiamo alla liturgia, sia che la disertiamo, il Vangelo torna a parlare alla vita degli uomini. Si potrebbe dire che, a differenza di Paolo, costretto a “portare le catene come un malfattore” a causa del Vangelo, noi incateniamo noi stessi per escluderci dall’ascolto di quell’unica parola che può salvarci. Lo stesso Vangelo di questa domenica (Luca 17,11-19) ci mostra la potenza della parola.

Gesù si trova nel territorio di Jezreel, tra la Galilea e la Samaria. Mentre sta entrando in un villaggio, gli vengono incontro dieci lebbrosi (era facile incontrarli vicino ai luoghi abitati). Essi, fermatisi a distanza, com’è previsto dalle leggi, gridano verso di lui: “Gesù maestro, abbi pietà di noi!” (v. 13). Gesù non li evita, come in genere fanno tutti, ma si mette persino a parlare con loro. Alla fine li congeda: “Andate a presentarvi ai sacerdoti” (v. 14). Non li guarisce subito come ha fatto in altri casi (Lc 5,12-16); né li tocca con le sue mani, ma li invia ai sacerdoti, chiedendo così un atto di fede. I dieci lebbrosi obbediscono immediatamente e si incamminano verso i sacerdoti. L’evangelista nota che durante il cammino sono “sanati”; potremmo dire, si accorgono di guarire. Tutto questo non è senza significato: la guarigione, il miracolo, non è un fatto prodigioso che capita in modo improvviso quasi fosse frutto di una magia. Possiamo paragonare la prima parte della scena evangelica ai primi passi di ogni conversione e della stessa vita del discepolo. La conversione, infatti, nasce sempre da un grido, da una preghiera, come quella di questi dieci lebbrosi. La stessa liturgia, ogni domenica, proprio mentre inizia, ci fa ripetere: “Signore, pietà!”. La guarigione si radica nel riconoscere la propria malattia, il proprio bisogno di aiuto, di protezione, di sostegno.

Il Signore, a differenza degli uomini spesso distratti di fronte al grido di aiuto, ascolta e si ferma. Non solo. Subito risponde. Come abbiamo ascoltato dall’apostolo, la Parola di Dio non è mai incatenata: parla con libertà e con potenza, sempre. Il problema semmai si pone sul nostro versante; siamo noi che non prestiamo ascolto, o perché sfiduciati, o perché colmi delle nostre parole. In questa domenica ci è chiesto di ascoltare la parola evangelica e di porre la nostra fiducia in essa, come fecero i dieci lebbrosi. Sulla parola di Gesù, essi intrapresero il cammino verso i sacerdoti e, proprio mentre stavano per via, tutti furono guariti. Questo sta a dire che la guarigione inizia quando si comincia a obbedire al Vangelo, e non più a se stessi o alle proprie abitudini mondane. In tal senso il nostro cammino spirituale ci porterà la guarigione, nel cuore e nel corpo, nella misura in cui è scandito dall’ascolto del Vangelo. Una cosa analoga accade ai due discepoli di Emmaus: essi guarirono dalla loro malattia (la profonda tristezza del cuore) mentre erano in cammino e ascoltavano Gesù che parlava.

Il testo evangelico di questa domenica, dopo aver notato che tutti e dieci i lebbrosi sono stati guariti, aggiunge che uno solo torna indietro “lodando Dio a gran voce”; e appena arriva vicino a Gesù gli si getta “ai piedi per ringraziarlo” (v. 16). L’evangelista intende sottolineare con questo gesto l’ulteriore passo della conversione: ossia la riconoscenza e l’affidamento della propria vita a Gesù. La piena guarigione infatti prende anche il cuore. Potremmo dire che il decimo lebbroso non è solo “guarito”, ma anche “salvato”. Gli altri nove, tutti ebrei, forse ritenevano la guarigione una cosa dovuta, perché figli di Abramo. Il decimo, un samaritano, uno straniero, sentì la guarigione come una grazia, come un dono immeritato, che esigeva un ritorno di amore. Egli è esempio per ognuno di noi, perché accogliamo la commozione gratuita di Dio sulla nostra vita e lo ringraziamo per essersi chinato su di noi.

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Letture della
XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Prima Lettura

Tornato Naamàn dall’uomo di Dio, confessò il Signore.

Dal secondo libro dei Re
2 Re 5,14-17

 
In quei giorni, Naamàn [, il comandante dell’esercito del re di Aram,] scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Elisèo, uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato [dalla sua lebbra].
 
Tornò con tutto il seguito  da [Elisèo,] l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò.
 
Allora Naamàn disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Sal 97 (98)
R. Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo. R.
 
Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele. R.
 
Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni! R.

Seconda Lettura

Se perseveriamo, con lui anche regneremo.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
2 Tm 2,8-13

 
Figlio mio, ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore.
Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.
 
Questa parola è degna di fede:
Se moriamo con lui, con lui anche vivremo;
se perseveriamo, con lui anche regneremo;
se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà;
se siamo infedeli, lui rimane fedele,
perché non può rinnegare se stesso.

Parola di Dio

Vangelo

Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 17, 11-19

 
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea.
 
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Parola del Signore

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