Commento al Vangelo del 7 febbraio 2016 – don Giovanni Berti – Gioba

Commento al Vangelo a cura di don Giovanni Berti 

Una delle interpretazioni che mi più hanno stimolato sul nome Pietro dato da Gesù a Simone è quella del biblista Alberto Maggi. L’appellativo Pietro (in greco Kηϕᾶς, aramaico Kēfā “pietra”) dato a Simone sarebbe legato alla sua durezza spirituale, che più volte emerge nel Vangelo in varie occasioni e modi, e che lo portano a staccarsi spesso da Gesù, il quale ogni volta però lo recupererà e sanerà con la dolcezza della misericordia.

In questo episodio della sua chiamata a seguirlo, Pietro mostra la sua durezza proprio nel momento in cui Gesù gli mostra la sua potenza d’amore, dandogli un segno straordinario: proprio là dove ha fallito nel suo mestiere di pescatore, Dio agisce con abbondanza. L’evangelista Luca, che fino ad ora ha nominato solo Simone, quando questi pronuncia la frase “Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore” lo chiama con quel nome che a noi è più noto, Simon Pietro.

[ads2]Simone si mostra duro come una pietra, ma non in senso di solido e fermo, ma nel significato di lento e pesante nel comprendere e lasciarsi guidare da Gesù. Questa pietra spirituale emergerà parecchie volte, arrivando persino a rimproverare Gesù quando parla di passione e croce, un discorso che a Pietro non piace. Quando Gesù sarà arrestato e processato, Simon Pietro, che sembrava così sicuro di se nel seguire Gesù, arriverà a negarlo davanti ad una semplice serva…

Ma in ogni caso la fiducia di Gesù verso questo uomo, pescatore fallito e duro di comprendonio, non verrà mai meno, perché lo sguardo del Maestro si posa sul cuore di Simone, perché sa bene che dietro alla pietra è capace di pulsare vita e di arrivare a darla per il Vangelo. Ci vuole solo tempo e tanta misericordia.

Anche qui Pietro è così concentrato sui suoi fallimenti lavorativi e spirituali che, mentre un attimo prima si era fidato di questo non-pescatore che gli dava ordini (“Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”), ora che è coinvolto in prima persona si tira indietro prigioniero della paura e del suo passato.

Nella sua risposta Gesù non dice “non è vero, non sei peccatore”, ma gli dice qualcosa di più efficace “Non temere…”, che è un invito a fare verità su se stesso ma nello stesso tempo a guardare in avanti a quello che può fare, senza lasciarsi ancorare dalla paura e dalla sfiducia. Gesù si fida di Simone, nonostante tutto…

E’ questa parola di amore fiducioso che secondo me ha smosso il cuore indurito di Simone. La pietra che imprigionava il discepolo è rotolata via, e questo pescatore peccatore guarda in avanti con speranza, lascia tutto, e insieme ai suoi amici segue Gesù. Forse il segnale di questo cambiamento profondo è sottolineato dal fatto che l’evangelista ritorna a chiamarlo solo con il nome di Simone.

Ma sappiamo che la pietra del cuore tornerà ancora a zavorrare Simone, ma Gesù non si stancherà di ridargli fiducia e a liberarlo da questo peso e chiusura.

Se rileggo più volte questa pagina di Vangelo, posso rivedere me stesso da una e dall’altra parte. Mi sento nella parte di Simone, quando la pietra della sfiducia e delle mia paure tende a fermare il mio entusiasmo e a guardare solo al mio passato con negatività, sentendomi incapace di tutto e ancor di più di essere un buon cristiano. Ma mi identifico anche con Gesù, quando sento che il mio compito, come uomo e come credente, è quello di aiutare chi mi sta vicino a non temere nelle proprie paure e durezze, e a guardare al futuro sempre con fiducia e mai disperazione. Gesù ha voluto la comunità cristiana proprio perché facessimo quella bella esperienza di Simone sulla sua barca, cioè l’esperienza dell’incoraggiamento reciproco, aiutandoci a risollevarci e a rilanciare la nostra vita e la nostra fede. Questo sì che rende oggi la barca della Chiesa un luogo di miracoli come la barca di Simone quella mattina sul lago di Galilea.

Giovanni don

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