Commento al Vangelo del 6 agosto 2017 – Mons. Alberto Albertazzi

Questi è il Figlio mio, l’amato. Ascoltatelo

L’evento della trasfigurazione è uno dei non pochi fatti sui quali i tre vangeli sinottici (Mt, Mc, Lc) sono sostanzialmente d’accordo. Non mancano però marginali differenze che ora visitiamo, prima di raccogliere il messaggio globale dell’evento. Ancora una volta Matteo vince per essenzialità narrativa, sorvolando su accessori notificati dagli altri. Non ci dice, a differenza di Luca, che la trasfigurazione avvenne mentre Gesù pregava.

La concomitanza non è da poco, perché il terzo evangelista, appassionato alla preghiera di Gesù, sembra quasi passare la sensazione che il suo pregare avesse qualcosa di trasfigurante: combinazione alquanto suggestiva. Ed è abbastanza discreto da non intrufolarsi nella conversazione tra i tre eccelsi per carpirne l’oggetto. Secondo Luca infatti i tre augusti personaggi discettavano della fine che avrebbe fatto Gesù a Gerusalemme. E tanto meno si lascia andare a ingenuità descrittive alla Marco, che arriva a dire che nessun lavandaio sulla terra sarebbe riuscito a candeggiare così gli indumenti di Gesù. Come al solito a Matteo, più che gli accessori, interessa la sostanza delle cose.
Precisa che Gesù si fa scortare sul monte dai discepoli delle grandi occasioni – Pietro, Giacomo e Giovanni (Mc 5,37; Mt 26,37) – e si trasfigura davanti a loro: «Il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce». Ci saremmo aspettati candide come la neve ma, essendo la trasfigurazione avvenuta in Palestina e non in Lapponia, la neve per i primitivi lettori sarebbe stata poco evocativa. Intervengono a colloquio con Gesù Mosè ed Elia, rappresentanti rispettivamente due storiche istituzioni dell’Antico Testamento: la legge e il profetismo. A questo punto l’esplosione di entusiasmo petrino: «Signore, è bello per noi essere qui». Aveva ben ragione: la fruizione estetica era suprema. Si profila il tema non secondario della bellezza del momento religioso. La religione cristiana non è soltanto buona e vera, ma anche bella. Si comprende così lo slancio di Manzoni :«Bella, immortale, benefica fede, ai trionfi avvezza» (5 maggio 1821, 97). Ma poi Pietro, come qualche altra volta, va a finire nel cattivo gusto: «Se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia».

Invece di sguazzare taciturno e riposato in quell’esondazione della divinità dall’umanità di Gesù, è assalito da un impeto di protagonismo offrendo miserandi sussidi ambientali. E tutto scompare. Se l’uomo con la sua crassa corpulenza si intrufola in un’atmosfera satura di divinità, manda tutto a carte quarantotto. La visione è assorbita dall’ombra di una nube luminosa. Ecco la bellezza dell’assurdo provocato da emozioni soprannaturali: come può una nube luminosa fare ombra? Il soprannaturale ha il potere di rottamare gli stereotipi naturali, infischiandosene altamente. Nube atmosferica o nube segnaletica della presenza di Dio secondo precedenti anticotestamentari (Es 19,16-19; Is 6,4)? Preferisco evidentemente questa seconda ipotesi.
La voce uscita da quella nube, già sostanzialmente udita nella circostanza del battesimo, intima: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo» (cfr Mt 3,17). Questo imperativo terminale non era risuonato al battesimo. Ormai, oltre la metà dell’itinerario narrativo, Gesù ha acquisito sufficiente credibilità: bisogna ascoltare lui. Mosè ed Elia, pur con tutto il rispetto che si meritano, sono ormai obsoleti. In tal modo è sancito il superamento del Nuovo sull’Antico Testamento.
Tutto si rinormalizza. I discepoli frastornati ricevono da Gesù una flebo di incoraggiamento: «Non temete». Ebbero la stessa fattispecie di timore che provò Maria all’annuncio dell’angelo (Lc 1,30)? Non sappiamo. Una cosa però è certa: i discepoli, in questa circostanza, hanno sperimentato su di sé la frantumante mano di Dio (cfr 1Pt 5,6).
La vicenda si conclude con una raccomandazione: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti». Questa connessione fra trasfigurazione e risurrezione sembra fondare il sospetto che la prima non sia altro che un’apparizione del risorto, anticipata dagli evangelisti per motivi redazionali, quasi per non tenere troppo il lettore col fiato sospeso, notificandogli attraverso sapienti chiaroscuri narrativi quale sarebbe stato l’esito terminale della vicenda.

L’articolo Trasfigurazione del Signore Mt 13, 44-52 sembra essere il primo su Arcidiocesi di Vercelli.

Mons. Alberto Albertazzi – Responsabile Uff. Catechistico presso CURIA ARCIVESCOVILE – UFFICI PASTORALI (Vercelli).

Fonte

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 6 agosto 2017 anche qui.

Trasfigurazione del Signore – Anno A

Il suo volto brillò come il sole.

Mt 17, 1-9

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 06 – 12 Agosto 2017
  • Tempo Ordinario XVIII, Colore Bianco
  • Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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