Commento al Vangelo del 3 Ottobre 2021 – Piccole Suore della Sacra Famiglia

LASCIATE CHE I BAMBINI VENGANO A ME

In quel tempo, 2. alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie.

Il Vangelo di questa domenica ci propone due riflessioni: una sul matrimonio nelle sue negatività (divorzio e adulterio) e una sui bambini. Il filo conduttore fra i due temi è la necessità di superare i legalismi e abbandonarsi con fiducia a Dio, con l’atteggiamento semplice di un bambino.

La scena avviene in Giudea, al di là del Giordano, nella zona della Perea. Gesù parte da Cafarnao e si dirige a Gerusalemme per l’ultima tappa del suo viaggio. Subisce espressamente controversie da parte dei farisei, preludio della sofferenza che incontrerà successivamente a Gerusalemme.

“Per metterlo alla prova”: i farisei pongono a Gesù volutamente una domanda trabocchetto sulla questione dell’adulterio. È un chiedere per tentare, è un atteggiamento che viene dal maligno. Probabilmente il problema dell’adulterio era molto sentito nella comunità dell’evangelista Marco, ma posta in questi termini la questione era evidentemente tesa a cogliere in fallo il Maestro.

“Se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie”: era scontato presso molti popoli che la donna venisse comprata dalla sua famiglia, come si comprava qualsiasi altro bene. Essa diveniva proprietà dell’uomo, che ne poteva disporre a piacimento e anche disfarsene in qualsiasi momento. Non era e non è questo il disegno di Dio.

  1. Ma egli rispose loro: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”. 4. Dissero: “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla”.

I farisei chiedono se è lecito ripudiare la moglie con l’intento di aggirare la legge. Gesù corregge il discorso ponendo un’altra domanda: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”. C’è molta differenza tra chiedere se è permesso commettere adulterio oppure stare al comandamento dato da Dio a Mosé: “Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa” (Deuteronomio 24,1). Si contrapponevano due correnti di pensiero. Il rabbino Shammaj (rigorista) riteneva che la donna avrebbe commesso peccato di lussuria sposando un altro uomo, dopo essere stata ripudiata. Dichiarava che non si potesse, pertanto, ripudiare. In questo modo tutelava la donna. Il rabbino Hillel, invece, era più permissivo ed ammetteva il ripudio da parte del marito, anche per futili mancanze commesse dalla donna nei confronti del consorte (per esempio una minestra bruciata). In questo caso la donna era abbandonata e diveniva oggetto di possesso di un altro uomo.

  1. Gesù disse loro: “Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa

La legge mosaica mirava a mitigare le conseguenze del divorzio, per renderle meno nefaste.

La legge non sempre è espressione di una volontà divina, ma può essere proiezione di una durezza di cuore, può essere una legge contro l’uomo. Siamo chiamati a essere fedeli allo spirito della legge, che è la salvezza della persona. Dio non vuole contrapposizione tra il cuore o la legge, vuole l’armonia nella libertà e nella gioia dei suoi figli.

“Per la durezza del vostro cuore”: in questo versetto viene utilizzato il termine “durezza” o sclerocardia. Ha il significato di cuore indurito, segno di una fissità che impedisce a sé e agli altri di giungere a Dio. Ne parlano i profeti, che invitano il popolo di Israele ad ascoltare la voce del Signore. Gesù supera la legge: fa un miracolo di sabato (cfr. Marco 3,5); affronta la durezza dei discepoli e la loro incapacità di capire il fatto della moltiplicazione dei pani (cfr. Marco 6,52) e di credere alla risurrezione del Signore (Marco 16,14).

“Egli scrisse per voi questa norma”: Mosé aveva regolamentato il divorzio per limitare i danni e non per legittimare una situazione di male.

  1. Ma dall’inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina;

Per comprendere l’importanza della relazione uomo-donna è necessario fare riferimento al progetto originario di Dio Creatore, che ha voluto l’uomo come persona sessuata: maschio e femmina (Genesi 1,27); esseri simili e diversi nello stesso tempo. Due esseri che trovano la loro pienezza nella relazione. La relazione è pensata per l’aiuto fra i coniugi, per la fecondità e per la procreazione, non per il possesso né per lo sfruttamento. È questo il messaggio che Gesù trasmette e che fa superare ogni tipo di casistica farisaica. Ci ricorda che il matrimonio alla luce della fede è unico e indissolubile e l’uomo non deve dividere quello che Dio ha congiunto.

  1. per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. 8. Così non sono più due, ma una sola carne. 9. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

I legami naturali con la famiglia di origine (il marito lasciava la sua famiglia e si univa al clan della moglie) sono superati dalla vocazione a diventare una carne sola (Genesi 2,24), che non è soltanto l’unione fisica dei corpi, ma anche condivisione della stessa vita, della coabitazione, della progettualità comune, dell’educazione dei figli, delle gioie e dei dolori, del sostegno nella malattia: tutti aspetti che iniziano con il patto matrimoniale. Oltre a tutto questo, il matrimonio è un mistero che si esprime pienamente nell’amore assoluto per Dio, in cui l’uomo realizza se stesso.

“L’uomo lascerà suo padre e sua madre” (Genesi 2,24): nel linguaggio mistico, i Padre della Chiesa hanno visto il Cristo che abbandona il Padre, lascia la sua dimora, le sue prerogative, viene sulla terra e assume una carne umana, in condizione di servo. Egli realizza il progetto di Dio dopo il fallimento di Adamo.

“I due diventeranno una carne sola”: il riferimento è sempre al libro della Genesi. L’uomo e la donna sono in relazione, si accolgono vicendevolmente. Sono immagine della Trinità, perché sono distinti, ma uniti da un unico amore. Dio, nel Figlio, ha sposato la nostra umanità e ciascuno di noi. Per questo motivo è necessario che il vincolo matrimoniale sia unico e indivisibile, a testimonianza dell’amore indissolubile di Dio che, in Gesù, è fedele fino alle estreme conseguenze, fino alla morte di croce.

“Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”: congiungere significa porre sotto lo stesso giogo (in greco synezeuxen, in latino coniugare). Un giogo è una trave di legno che si lega al collo di due buoi unendoli tra di loro e al carico che devono trainare. Per camminare insieme devono avere lo stesso passo e la stessa direzione. Così gli sposi cristiani vanno verso Cristo aiutandosi a vicenda, in un comune progetto, in una stessa direzione. Il divieto di divorzio nasce dalla volontà di Dio che vuole gli sposi in una relazione indissolubile: non si può camminare da soli nella vita dal momento in cui si è contratto un impegno con un’altra persona.

Così ogni cristiano deve accettare di porsi sotto il giogo che Cristo, come condivisione della sua stessa sorte e partecipazione alla sua stessa vita.

Non sappiamo la reazione dei farisei alle affermazioni del Maestro. Sappiamo, però, che anche in seguito cercheranno nuovi capi d’accusa contro di Lui per arrestarlo.

  1. A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. 11. E disse loro: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; 12. e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio”.

I discepoli sono persone che desiderano capire bene l’insegnamento del loro Maestro e nell’intimità della comunità chiedono spiegazioni, come si fa con una persona verso la quale si nutre grande confidenza. La particolarità dell’insegnamento di Gesù sta nel fatto che non solo il marito poteva ripudiare la moglie (mentalità ebraica), ma anche la moglie poteva ripudiare il marito (mentalità greco-romana). Non è possibile, tuttavia, a nessuno dei due ripudiare l’altro coniuge, in quanto, contraendo una nuova unione, si esporrebbe se stessi e l’altro ad una situazione di grave adulterio.

Il fatto che l’evangelista Marco ribadisca queste problematiche, significa che la comunità cristiana presente in Roma (per la quale egli scriveva) necessitasse di indicazioni su come comportarsi. In questi versetti, tuttavia, si parla di divorziati risposati; pertanto si pensa che nelle prime comunità cristiane fosse permesso il divorzio, ma senza la possibilità di contrarre nuovo matrimonio successivamente. L’adulterio si consuma nel prendere un altro coniuge.

  1. Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li

Da questo versetto, l’attenzione viene posta sui bambini, poco considerati nella mentalità ebraica: la donna era possesso del marito e il figlio viene dal grembo della donna. Se lei era poco considerata, il bambino lo era ancora meno.

I familiari accompagnano i bambini da Gesù probabilmente per ricevere una benedizione, non tanto perché fossero malati e bisognosi di guarigione. La loro vivacità non è gradita dai discepoli che rimproverano gli accompagnatori.

“Perché li toccasse”: il toccare è la prima forma di conoscenza della realtà che abbiamo come creature, appena nasciamo. L’atto del toccare significa amare e apprezzare: non si tocca ciò che si teme e si disprezza, anzi nemmeno ci si avvicina. Gesù era solito toccare i malati per guarirli. Così nell’Eucaristia non disdegna di toccarci e di entrare in comunione intima e profonda con ognuno di noi, tanto da donarsi come cibo per la vita, sostegno, farmaco, pegno dell’immortalità.

  1. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio.

“S’indignò”: Marco descrive un Gesù indignato: non ritiene sconveniente presentarlo con tratti troppo umani. Questa reazione avviene di fronte alla sacralità dei bambini. Probabilmente nella comunità di Marco non erano accolti i bambini e questo brano vorrebbe indicare come comportarsi nei loro confronti nel momento in cui dovessero partecipare alle riunioni con gli adulti.

“Lasciate che i bambini vengano a me”: i bambini si fidano di Gesù perché si sentono accolti e accorrono a Lui. Gesù addita il bambino come esempio di chi vuole porsi alla sua sequela, far parte della sua famiglia e accogliere la sua salvezza.

“A chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio”: si può leggere in questo versetto la contrapposizione fra Adamo che fugge da Dio, perché mette al primo posto se stesso, e i bambini che accorrono a Gesù. Essi non hanno paura di offrirsi poveri e deboli all’amore, mettendo Dio al primo posto. L’atteggiamento per essere parte del Regno è l’umiltà: consegnarsi a Dio, poveri e semplici, bisognosi di tutto, privi di ogni autosufficienza.

“Non glielo impedite”: i discepoli impediscono ai piccoli di andare a Gesù, ma Gesù impedisce ai discepoli di impedirlo. Non è un gioco di parole, ma un diverso atteggiamento: repulsione da una parte, accoglienza dall’altra.

“A chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio”: Gesù spiega che il Regno è Lui: povero, piccolo, umiliato, respinto, disprezzato, tradito, ucciso, ma risorto. Se vogliamo che Egli regni in noi dobbiamo diventare come Lui, percorrere la sua stessa strada, attraversare la sofferenza, nella certezza della risurrezione, coronamento della fedeltà nascosta.

  1. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».

Il bambino è esempio di una persona che ha bisogno di tutto: non può vivere senza chi lo accudisca, lo nutra, gli dia affetto, lo vesta, lo educhi, gli insegni a parlare… Contrariamente ai farisei, legalisti e rigidi, Gesù indica che nel rapporto con Dio bisogna essere semplici e umili, riconoscendo la propria creaturalità e affidandosi alla sua misericordia. Non sono necessari riti, sacrifici, preghiere prolungate per essere graditi a Dio. Occorre offrirgli un cuore bisognoso, un animo fiducioso che si appoggia solo sulla sua misericordia e sulla sua paternità. Il vero piccolo sa di poter contare solo su Dio e a Lui si affida completamente.

“In verità io vi dico”: questa espressione rende più solenne l’affermazione di Gesù. Parla in prima persona, in quanto Dio.

  1. E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di

“Prendendoli tra le braccia”: sembra di vedere il sorriso di Gesù, ricambiato da quello dei bambini, felici di sentirsi importanti per Lui.

“Li benediceva”: invece di sgridare i bambini e di respingerli, Gesù li benedice, a suggellare la sua preferenza per i piccoli e i deboli.

“Imponendo le mani su di loro”: è il gesto di trasmissione della propria forza e della propria potenza.

Gesù accoglie i bambini, non teme di toccarli e di abbracciarli, di far capire loro che l’amore del Padre si riversa soprattutto sugli umili e i bisognosi. In loro accoglie tutti gli scartati, i disprezzati, gli emarginati, i poveri, i deboli di qualsiasi genere.

Chiediamo la grazia di vincere il nostro male, la nostra sclerocardia, la nostra incapacità di amare. Diventeremo accoglienti con il nostro prossimo: anziani, malati, deboli, bambini. Nella piccolezza delle nostre azioni quotidiane scopriremo la grandezza dell’amore di Dio.

Egli si comporta con noi come il più tenero dei padri, ci sorride, ci spalanca le braccia e ci stringe a sé per non lasciarci mai più.

Suor Emanuela Biasiolo delle Piccole Suore della Sacra Famiglia


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