Commento al Vangelo del 3 giugno 2012 – Paolo Curtaz

Santissima Trinità

Dt 4, 32-34.39-40/Rm 8,14-17/Mt 28,16-20

Matematica divina

Pericoloso, lo Spirito.

Rischia di far diventare dei fifoni degli intrepidi. E dei litigiosi una comunione.

Proporrei una novena solenne da fare in tutta Italia, per ridare fiato alla nostra gente stordita e rissosa, partigiana e piccina, così, per ricordarci cosa è essenziale e cosa è folkloristico.

E chiederei allo Spirito di buttare per aria la Chiesa quando si rintana nei cenacoli, cortesemente.

E magari, già che c’è, di buttare in aria anche me.

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Pretini matematici

Ci vuole lo Spirito per capire la Trinità. Ovvio.

Ricordo un tenerissimo pretino che tentava di spiegare la Trinità a noi ragazzini di terza elementare disegnando un triangolo equilatero e usando l’improbabile addizione: 1+1+1=1 creando un insanabile conflitto tra scienza e fede!

Con la connaturale simpatia dei bambini nei confronti della matematica, immaginatevi il risultato.

Per affrontare il mistero della Trinità ci aiuta più la poesia della matematica, più la musica e l’emozione della teologia.

Ho sempre immaginato questa festa come un tuffo nell’acqua, coma uno spettacolare tuffo carpiato in un mare profondo e calmo.

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Così, oggi, ci tuffiamo nel mistero di Dio.

Ora e solo ora, dopo aver ricevuto lo Spirito, possiamo parlare di Dio.

Attenti: non il dio che c’é nella nostra testa, ma il Dio che ci è venuto a raccontare Gesù; non il dio ragionevole e innocuo delle nostre riflessioni moderne o delle dilaganti mode sincretiste, ma il Dio scandaloso e inimmaginabile di Gesù; non il dio rassicurante e conservatore di chi riduce la fede a cultura, ma il Dio sorprendente che la Chiesa ha accolto e annuncia.

Ci siamo fidati di Gesù, lo abbiamo seguito in questi mesi, ne abbiamo ascoltato il messaggio affascinante e nuovo, abbiamo con stupore visto i gesti prodigiosi della presenza di Dio, abbiamo celebrato la sua passione e morte tragica, abbiamo, stupiti, accolto l’annuncio della sua resurrezione e della sua presenza.

Infine, domenica scorsa, abbiamo ricordato la forza dello Spirito che ci permette di scoprire che Gesù è vivo in mezzo a noi.

Il Dio di Gesù

Gesù ci svela che Dio è Trinità.

Ci dice che se noi vediamo “da fuori” che Dio è unico, in realtà questa unità è frutto della comunione del Padre col Figlio nello Spirito Santo.

Talmente uniti da essere uno, talmente orientati l’uno verso l’altro da essere totalmente uniti.

Che grande notizia, amici! Dio non è solitudine, immutabile e asettica perfezione, il sommo egoista bastante a se stesso, ma è comunione, festa, famiglia, danza, compassione, dono, amore, tensione dell’uno verso l’altro.

Solo Gesù poteva farci accedere alla stanza interiore di Dio, solo Gesù poteva svelarci l’intima gioia, l’intimo tormento di Dio: la comunione.

E la Scrittura oggi ci ricorda come, a partire da Israele, questa amicizia tra l’uomo e Dio sia cresciuta fino al dono dello Spirito stesso di Dio in noi.

E a me?

Che significa questa scoperta? Cosa cambia nella nostra quotidianità?

Se Dio è comunione, in lui siamo battezzati e a sua immagine siamo stati creati; questa comunione ci abita e a immagine di questa immagine siamo stati creati.

La bella parabola della Genesi ci ricorda di come Dio si sia guardato allo specchio, sorridendo, per progettare l’uomo. Ma se questo è vero le conseguenze sono enormi.

La solitudine ci è insopportabile perché inconcepibile in una logica di comunione. Se giochiamo la nostra vita da solitari non riusciremo mai a trovare la luce interiore perché ci allontaniamo dal progetto.

Sartre diceva: L’enfer c’est les autres, l’inferno sono gli altri.

Gesù ci ribadisce: Siate perfetti nell’unità.

E se anche fare comunione è difficile, ci è indispensabile, vitale, e più puntiamo alla comunione e più realizziamo la nostra storia, più ci mettiamo alla scuola di comunione di Dio, più ci realizzeremo.

Ricordiamoci che il grande sogno di Dio, la Chiesa, va costruita a immagine della Trinità.

La nostra comunità prende ispirazione da Dio-Trinità, guarda a lui per intessere rapporti, per rispettare le diversità, per superare le difficoltà. Guardando al nostro modo di essere, di relazionarci, di rispettarci, di essere autentici, chi ci sta intorno capirà chi è Dio e per noi l’idea di un Dio che è Trinità diventerà luce.

Il mio povero pretino sbagliava operazione aritmetica: non l’addizione serviva per capire la Trinità, ma la moltiplicazione.

Uno per uno per uno fa sempre uno.

Il Padre è per il Figlio che è per lo Spirito Santo e insieme sono un unico Dio.

Questo è il Dio che Gesù è venuto a raccontare.

Volete ancora tenervi il vostro vecchio dio?

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