Commento al Vangelo del 29 Marzo 2020 – don Giovanni Berti (don Gioba)

“Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto…”

Marta e Maria, sorelle di Lazzaro si rivolgono entrambe così a Gesù appena lo incontrano. A queste parole fanno eco anche quello che la gente dice di Gesù “Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?”

Mai come in questi giorni questo brano del Vangelo descrive quello che stiamo vivendo a livello personale e mondiale. La morte si è impossessata della nostra vita, colpendo la nostra salute, i nostri affetti, la nostra vita sociale ed economica, il nostro futuro. Tutto è stravolto e rovesciato, a cominciare proprio dai riti funebri, così dolorosamente numerosi in questi giorni anche per la mia piccola comunità. La celebrazione del funerale si dice anche “esequie” che letteralmente significa “andare dietro” richiamando il corteo che partecipa unito nell’accompagnare il defunto nel suo viaggio verso il cielo. Le esequie solitamente diventano l’occasione anche per stringersi attorno a chi è nel dolore per la perdita e rafforzare la consolazione. Ma nello stravolgimento di questi giorni anche i riti delle esequie sono colpiti e lo stare distanti aumenta il dolore. La sepoltura di chi è morto viene fatta subito senza la consolazione della messa in chiesa o di un momento comunitario che dica anche fisicamente la vicinanza a chi è nel lutto. E spesso non ci sono nemmeno i parenti costretti a casa dalla malattia o dalla quarantena.

Nella sua omelia durante la preghiera straordinaria in piazza San Pietro il 27 marzo, Papa Francesco, citando il Vangelo che narra della barca degli apostoli nella tempesta, ha sottolineato il grido degli apostoli rivolto al loro maestro che dorme e sembra non interessato alla loro sorte: “Signore non ti importa che siamo perduti?”. Il Papa in quelle parole ha visto le nostre parole di credenti che sembriamo in balia della tempesta della morte che è nell’aria, e che entra nei nostri polmoni e nei nostri cuori.

“Signore, se tu fossi stato qui…” è davvero una preghiera! Gesù non condanna il grido di dolore umano perché anche lui è immerso in esso. Gesù è sulla barca nel mezzo della tempesta così come ora è li davanti al sepolcro dell’amico morto. Le sorelle di Lazzaro allor e anche noi oggi facciamo fatica a sentire la vicinanza di Gesù e non vediamo la potenza della sua mano.
Ma Gesù ancora prima di fare gesti miracolosi ci conferma che lui è lì, lui è presente e immerso nella nostra storia. Gesù è vicino a noi ancora di più ora che non possiamo stare vicini gli uni gli altri e le vie della consolazione umana sembrano davvero compromesse e impossibili.

Ma è proprio questa l’ora di Dio, è il tempo in cui far emergere in questa emergenza la sua forza di vita, inaspettata tanto quanto inaspettate sono le tempeste e le tragedie come quella in cui siamo. Facciamo nostre le parole di Marta e Maria e anche il grido di angoscia dei discepoli amici di Gesù che temono di morire nella tempesta. Non abbiamo vergogna di dire al Signore “dove sei?” e anche di protestare se lui sembra distante o addormentato. E lasciamo che sia davvero il Signore a dare la sua risposta che sicuramente ci sorprenderà.

Un amico tempo fa mi raccontava di un funerale al quale era stato. Mi disse che pur nella drammaticità della morte (il defunto era una persona giovane morta per malattia) aveva sentito in quella preghiera tutto il dolore ma anche in esso la presenza di Dio che non toglieva le lacrime ma donava una luce superiore che nessuna parola o spiegazione umana poteva dare.
L’evangelista Giovanni quando racconta della resurrezione di Lazzaro è attento a non dire che il morto torna felice e contento come prima dalle sorelle. Gesù ascoltando la preghiera delle sorelle, avendo fatto suo il loro dolore (è anche un suo amico), ordina che Lazzaro sia sciolto e lasciato andare. L’evangelista ci racconta che Gesù non ha principalmente tolto il morto dalla tomba, ma ha tolto la morte dal cuore delle sorelle, lasciando che il lutto si trasformasse in speranza e voglia di vivere.

“Signore, se tu fossi stato qui…”, e Lui c’è anche ora, ascolta le nostre preghiere e ci promette che la morte alla fine non avrà la vittoria nel nostro cuore, e farà diventare noi stessi, per quanto colpiti duramente, capaci di nuova speranza e vita.

Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)


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