Commento al Vangelo del 28 novembre 2010 – don Mauro Pozzi

Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parrocco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.

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VEGLIATE

L’avvento è il tempo dell’attesa del Messia. Ci prepara a celebrare il Natale, la sua prima venuta, ma ci ricorda anche che il mondo aspetta la redenzione che si compirà nell’ultimo giorno quando Gesù, il Figlio dell’uomo, tornerà nella gloria. Di questo ci parla la prima lettura, che descrive il tempio di Gerusalemme come una calamita che, nel giorno dell’avvento del Messia, attirerà a se tutti gli uomini: un fiume che, anziché scendere, sale sul monte. Il regno sarà di pace e prosperità, non si costruiranno più armi, ma aratri per seminare e falci per mietere. Tutto il mondo camminerà nella sua luce. È una visione meravigliosa che dà senso e speranza alla nostra attesa. Non conosciamo il momento in cui questo avverrà, per cui bisogna essere pronti come chi fa la guardia. Il diluvio, come tutte le calamità, è piombato sugli uomini ignari, solo Noè e la sua famiglia si sono potuti salvare. Ognuno conduceva la sua vita di sempre, un giorno dopo l’altro, senza pensare. Non facciamo così anche noi? Tutti facciamo dei programmi per il futuro, ma il vero futuro è l’eternità, a questo bisogna essere pronti. I contemporanei di Noè lo prendevano in giro perché costruiva una barca in mezzo al deserto. Spesso si trovano persone che considerano la preghiera, e la vita spirituale in genere, come delle attività assolutamente inutili, proprio come se si stesse fabbricando una barca dove non c’è acqua; ma la vita non è solo mangiare e bere, prendere moglie e marito, questo ci dice Noè. Svegliatevi dal sonno ci ammonisce San Paolo. Chi va avanti giorno dopo giorno, rincorrendo una felicità solo materiale, è come un sonnambulo che non distingue il sogno dalla realtà. Vale la pena che ci prepariamo, non tanto a una catastrofe, quanto a un bellissimo incontro. Ecco il senso dell’Avvento, fare di tutto per essere quello dei due che viene preso, piuttosto che essere lasciato. Preparare con cura un luogo dove il Signore possa fermarsi e stare con noi, non come un nemico, un ladro che ci sorprende, ma come un ospite atteso e desiderato.

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