Commento al Vangelo del 27 maggio 2012 – mons. Andrea Caniato

12PORTE – Bologna

Dire “Pentecoste” significa dire “Pasqua in pienezza”, anzi è tutto il mistero della salvezza che raggiunge il suo traguardo, che porta il frutto sperato. Sappiamo tutti che la Pentecoste è la continua discesa dello Spirito Santo sulla Chiesa; ma che relazione esiste con la Pasqua? Perché era necessaria la morte e la risurrezione di Cristo perché lo Spirito potesse scendere sull’umanità? Cos’è, anzi “chi è”, anzitutto, lo Spirito Santo? Già il nome con cui ci è stato rivelato ce ne svela l’identità. “Spirito — Santo”: a pensarci bene anche il Padre è “spirito” ed è “santo”. Così anche il Verbo è “spirito” ed è “santo”. Dunque la prima caratteristica della terza persona della Santissima Trinità è di non avere caratteristiche sue: è proprio tutto ciò che il Padre e il Figlio hanno in comune. Hanno in comune l’infinita perfezione, l’immortalità, la beatitudine; hanno in comune l’essere una cosa sola: Spirito Santo è l’amore del Padre e del Figlio, un amore così pieno e perfetto da fare del Padre e del Figlio non due “dèi”, ma un solo Dio. Spirito Santo è dunque l’unità di Dio, la comunione perfetta delle persone distinte. Spirito Santo è il segreto di Dio, la sua vita palpitante, quell’energia d’amore che tutto crea, tutto rinnova. È dono che sgorga dal Padre e si riversa sul Figlio e al Padre ritorna, in un immenso perfettissimo abbraccio d’amore.
Perché dunque era necessaria l’Incarnazione del Verbo di Dio? perché era necessaria la morte, la risurrezione e la celeste glorificazione di Gesù di Nazaret, affinché lo Spirito Santo potesse entrare nel mondo? Tutto questo era necessario, perché un bicchiere screpolato non può contenere l’oceano. Perché il nostro cuore umano gretto e meschino non può contenere l’amore perfetto di Dio: perché la nostra mente scarsa e complicata, non può sopportare l’intelligenza soprannaturale di Dio. Ce lo rivela la prima pagina della Bibbia: “In principio Dio creò il cielo e la terra”, riferisce all’inizio il libro della genesi, poi aggiunge “lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”.
È come un primo tentativo di ingresso in un mondo sul quale però non può posarsi stabilmente, perché è un mondo precario, imperfetto, instabile.
E tale era la nostra umanità, segnata dal peccato, dalla morte, dalla incapacità di riconoscere il bene dal male, anzi da una viscerale inclinazione verso il male. Lo Spirito Santo non ha punti di appoggio per venire in mezzo a noi, per stabilire in noi la sua dimora.
Ecco allora l’ingresso nel mondo del Figlio di Dio fatto uomo: il Verbo di Dio si è fatto carne, ha assunto la nostra debolezza; ci ha redenti dal peccato e dalla morte perché la nostra umanità fosse il punto d’ingresso dell’amore di Dio nel mondo. A questo punto non possiamo non ripensare al battesimo di Gesù al Giordano, quando Gesù di Nazaret, figlio di Dio fatto uomo, si mise in fila con i peccatori e scese nelle acque del fiume. Con Gesù è sorto dunque un uomo nuovo, un uomo santo e giusto: per la prima volta su un uomo lo Spirito Santo scende e vi rimane stabilmente, come non era mai accaduto nella storia della salvezza. Con la sua predicazione, con la chiamata alla fede e con l’appello alla conversione, con i segni da lui compiuti e soprattutto con il dono totale della passione, morte e risurrezione, Gesù crea attorno a se un popolo nuovo, il popolo dei redenti sul quale finalmente scende e rimane lo Spirito Santo. Ecco perché la Pentecoste è il compimento, il frutto pieno della Pasqua e di tutto il mistero di Cristo. La santa umanità di Gesù è il punto di contatto tra il cielo e la terra, e tra la terra e il cielo. Questa comunione perfettissima che abbraccia il Padre e il Figlio e li rende un solo Dio, un solo Signore, ora si allarga e accoglie anche noi: noi che non siamo perfetti, noi che non siamo santi, noi che non siamo immortali. Per mezzo del Figlio di Dio fatto uomo, ogni uomo può essere fatto Figlio di Dio: non lo diventiamo per una evoluzione naturale, o per una nostra capacità, ma per un dono immenso. “Tutto quello che il Padre possiede è mio — dice Gesù nel Vangelo di Pentecoste — per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”.
Spirito Santo: è ciò che il Padre e il Figlio hanno in comune e tutto questo diventa — per pura grazia — la nostra eredità e la nostra speranza. È un dono che ora ci è dato per quello che è possibile alla nostra cronica imperfezione. Non siamo ancora in grado di reggere questo amore e a questa luce sfolgorante. Ecco perché la Pasqua e la Pentecoste tornano ogni anni; ecco perché ogni settimana ritorna la domenica;
ecco perché dobbiamo ogni giorno invocare il dono di Dio, che abbiamo ricevuto nei sacramenti della Chiesa, ma che si esprimerà in tutta la sua potenza solo quando Dio sarà tutto in tutti. Già e non ancora…

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