Commento al Vangelo del 27 gennaio 2019 – Figlie della Chiesa

Nella III Domenica del tempo ordinario la Chiesa Madre vuole mostrarci la preziosità della Parola di Dio proclamata, che ci interpella personalmente e ci trasforma la vita.

La prima lettura del libro di Neemia manifesta il rapporto vitale tra la parola di Dio contenuta nella Bibbia e la comunità che ascolta. Il popolo di Dio rientrato dall’esilio nella sua terra ricerca la sua più profonda identità e unità nella parola di Dio. Oggi come allora, la Chiesa ritrova in Essa la sua identità; per questo è sempre in religioso ascolto della Parola e da questa viene adunata; da Essa si lascia continuamente «giudicare»; la sua ragione d’essere è nell’annunciare questa Parola e nel testimoniarla.

La Chiesa infatti non vuole proclamare un’astratta ideologia umana, desidera comunicare la Parola che si è fatta carne in Cristo, Figlio di Dio. È Lui il Capo della Chiesa, come ci viene presentato nella seconda lettura, tratta dalla lettera di Paolo ai Corinzi; è Lui il Maestro che unifica la molteplicità e diversità delle membra in un solo corpo. Egli, unendo con la sua parola viva le menti e i cuori, crea l’unità della fede. Messaggio particolarmente significativo in questa settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che ci ricorda che siamo “chiamati per annunziare a tutti la opere meravigliose di Dio”.

La liturgia ci presenta i due brevi testi “introduttivi” di Luca: a tutto il Vangelo (1,1-4) e al ministero in Galilea (4,14-21); in essi l’Evangelista ci rivela che solo Gesù può attualizzare la Parola di Dio e compierla: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi». (Lc 4,21).

cap.1, 1- 4: L’evangelista nell’incipit del suo Vangelo si rivolge a un personaggio illustre che porta il nome simbolico: “colui che ama Dio” e in esso ciascuno di noi può sentirsi incluso… Luca motiva il lavoro intrapreso spiegando che si è proposto di confermare il suo interlocutore sulla saldezza dei contenuti nei quali è stato istruito. Ci tiene anche a dire che ha voluto fare una ricerca accurata tra persone autorevoli e impegnate: sono i testimoni oculari che stanno anche spendendo la loro vita per l’annuncio del Vangelo. Impegno dichiarato dell’evangelista è dunque quello di agganciarsi alla tradizione delle origini, accuratamente vagliata e verificata. Soltanto dopo questa diligente ricerca si accinge a scrivere.

Occorre notare che secondo gli esegeti la sua opera è eccellente anche dal punto di vista letterario e storico, secondo lo stile del suo tempo, perché Luca è indubbiamente una persona colta che padroneggia il greco ellenistico senza difficoltà e vuole dare una testimonianza fondata storicamente e ordinata nell’esposizione. Tale stile ed intento lo si ritrova anche negli Atti degli Apostoli.

cap.4, 14 – 15: Dopo aver raccontato i fatti dell’infanzia, il Battesimo e le tentazioni nel deserto, Luca presenta Gesù nell’inizio del suo ministero in Galilea, la sua terra di origine; non manca di sottolineare che è sempre accompagnato dalla potenza dello Spirito Santo, che illumina la sua parola e il suo operato. Sebbene non riporti nessun miracolo o insegnamento specifico, l’evangelista parlando della fama che accompagna il giovane Rabbì in tutta la regione, fa comprendere che Egli già si sta manifestando come vicino alla gente e sensibile verso le necessità dei malati e bisognosi.

Gesù effettivamente entra nel cuore religioso del popolo, perché insegna nelle sinagoghe facendosi capire da tutti; come nota l’evangelista tutti lo lodano con convinzione perché il suo modo di insegnare è attraente e autorevole.

v.16: Il percorso di Gesù come predicatore itinerante conosce una tappa significativa proprio nella città che lo ha visto crescere nella fanciullezza, nell’adolescenza e nella prima giovinezza; una continuità espressa dalla parola “secondo il suo solito”. Tale espressione consente di entrare nel mistero della quotidianità della sua vita, segnata da un riferimento costante al Padre, specialmente nel ritmo settimanale dei sabati. Come ogni ebreo adulto, Gesù ha il diritto di leggere la Parola di Dio e di interpretarla; lo fa in piedi, l’atteggiamento del Risorto.

vv.17 – 19: La Parola profetica che secondo l’Evangelista Gesù non cerca, ma si presenta ai suoi occhi in apertura del rotolo, è quella di Isaia; un piccolo brano che mette insieme i vv. 1-2 del capitolo 61 e il v. 6 del cap. 58. Siamo nella terza parte del libro, in cui la missione del profeta viene esplicitata con una grande apertura alla speranza. Leggere questo testo all’inizio del tempo ordinario e all’interno dell’Anno della misericordia, fa commuovere il cuore: è questo l’Anno di grazia che il Signore proclama anche per noi, sua Chiesa, oggi.

Lo Spirito del Signore che ha consacrato con l’unzione Gesù continua ad attuare il suo messaggio di vicinanza, di gioia e di fiducia. Anche oggi i poveri hanno bisogno di sentire il lieto annunzio della salvezza. Sono molti, troppi ancora i prigionieri che attendono liberazione: dal carcere vero e proprio e dalle altre limitazioni che vengono dalle strutture di peccato; spesso prigioni di false ideologie, di abitudini sbagliate, di paure, egoismi, dipendenze… La cecità affligge ancora troppa gente, specialmente quella che preclude la vista del cielo… L’oppressione ha tanti volti e appesantisce il cuore e la mente, impedendo alle persone di volare in libertà con le ali della fede e dell’amore… Abbiamo un bisogno immenso di essere liberati, e questo ci promette e ci dona Gesù con l’annuncio gioioso dell’Anno di liberazione!

vv.20 – 21: I gesti di Gesù nel versetto 20 sono visti da Luca “al rallentatore”; ci viene consegnato questo momento di silenziosa attesa, di aspettativa da parte di tutti. Gesù, chiudendo il volume del profeta, sembra voler dire che ciò che è antico, pur mantenendo tutto il suo valore, viene superato dall’“oggi” che nel momento attuale rende presente e compiuta quella parola di speranza. Gesù si presenta come realizzatore della promessa di Dio; vedere Lui e stare con Lui significa trovare tutte le risposte alle attese del cuore, della mente, della vita.

Appendice

L’excursus sulle fonti e sulla tradizione apostolica che Luca premette al suo vangelo non è uno sfoggio accademico, ma risponde a preoccupazioni varie, soprattutto apologetico-pastorali. L’autore vuole offrire ai suoi lettori, raccolti simbolicamente nel nome di Teofilo, una conoscenza approfondita delle verità di fede apprese nella loro prima «catechesi» (v. 4). Sembra rivolgersi soprattutto ai neofiti, ma nella fede tutti sono tali. I cristiani debbono sapere che la dottrina (logos) evangelica non poggia sulla sapienza o sulle «parole» degli uomini, ma su una moltitudine di testimoni garantiti e sicuri (cfr. 2 Pt 1,16; Eb 12,1).

La persona e la parola di Gesù, attraverso la testimonianza della predicazione apostolica, vengono rese presenti negli scritti lucani affinché giungano a quanti non le hanno conosciute o non le hanno ben comprese. Attraverso il suo racconto anch’essi diventeranno «uditori» e «servi della parola»,

I fatti che egli narra «si sono compiuti tra noi» non solo perché non se n’è spenta l’eco, ma soprattutto perché continuano a realizzarsi ancora; non passano’ pertanto alla storia. Tale è il senso del verbo plérophoreà: un’attuazione, come l’Esodo, la Pasqua, la conversione, che non giunge mai al suo termine. L’esperienza di Cristo, il suo significato e il suo messaggio (logos) sono sempre attuali perché anche se accaduti in un determinato periodo della storia, continuano e continueranno a interpellare gli uomini di tutte le generazioni. Non rimangono circoscritti entro limiti di tempo o di spazio.

L’evangelista dello Spirito (Atti) si mostra fin da questi primi accenni preoccupato anche delle funzioni apostoliche. Il tema dell’apostolicità della chiesa è proprio del terzo evangelista, impegnato a trovare un punto fermo per risalire fino al Cristo storico, che egli e i suoi contemporanei non hanno mai incontrato, e di cui si va perdendo la memoria. (Ortensio da Spinetoli, Luca, Cittadella Editrice, 1994, pp. 46-47)

Composta quasi interamente da brani propri di Luca, la scena della predicazione di Gesù nel villaggio «dove era stato allevato» ha un carattere programmatico assai accentuato; essa annuncia infatti dei temi che occuperanno un posto centrale nell’insieme di Luca-Atti.

Il sommario introduttivo (vv. 14-15) ripete ancora una volta che Gesù è dotato dello Spirito profetico che, dopo il deserto, lo guida sui luoghi del suo ministero. Il contenuto dell’insegnamento di Gesù non è precisato, mentre in Mc 1,15 egli predica esplicitamente il regno di Dio; le prime parole pubbliche del Cristo saranno dunque la sua interpretazione di Isaia.

Detto ciò, Luca noterà assai spesso che Gesù insegna, senza precisarne il contenuto; il fatto è che prendere la parola è un atto in sé già significativo, indipendentemente dal contenuto.

A differenza del Battista, Gesù parla spesso in luoghi e tempi specificamente adibiti a questo scopo: è solito entrare in una sinagoga il giorno di sabato. Notiamo la presa di distanza di Luca che parla delle loro sinagoghe (v. 15); negli anni 85-90, quando Luca scrive, si è consumata la rottura con il giudaismo, le cui autorità proibiscono ormai ai cristiani di predicare durante il culto nella sinagoga. Per la prima volta, infine, si incontra il tema della «fama» di Gesù, che si diffonde in tutta la Galilea e che scaturisce dalla sua autorevolezza nel parlare.

La prima parte del racconto (vv. 16-22) descrive una parte del culto sinagogale. Essa tralascia le preghiere iniziali e la prima lettura, tratta dalla legge di Mosè, conservando solo una lunga citazione della seconda: la profezia di Is 61,1-2. Luca ne omette solo il verso minaccioso: «(a proclamare) un giorno di vendetta da parte del nostro Dio». Secondo l’oracolo, il compito dell’inviato è quello di annunciare con vigore la scomparsa di quello che fa soffrire i poveri e gli oppressi, di proclamare l’inizio di un’epoca in cui l’uomo sarà accolto da Dio.

La struttura dei vv. 16-20 è accuratissima:

si alzò a leggere

gli fu presentato il libro

ed egli, apertolo,

s’imbatté nel passo in cui c’era scritto (Is 61,1-2)

poi, arrotolato il volume,

lo restituì al servitore

e si sedette

Il lettore di Luca che è stato illuminato dalla teofania del battesimo comprende quindi, senza ombra di dubbio, che l’araldo di Dio, consacrato dallo Spirito, è Gesù stesso e che la missione descritta sarà la sua, come è raccontato nel seguito del vangelo di Luca.

Tuttavia, dopo essersi seduto – si predicava così in Palestina, in piedi invece nelle sinagoghe della diaspora (At 13,16) – Gesù spiega agli abitanti di Nazaret: «Oggi si è adempiuta questa scrittura per voi che mi ascoltate»; non dice esplicitamente: « … perché essa parla di me e voi potete vederlo», come d’altronde non dice mai di essere il Cristo o il profeta. (Hugues Cousin, Vangelo di Luca, San Paolo, 1995, pp. 80-81)

La predicazione di Gesù viene fatta iniziare, in Marco e in Matteo, con parole ben diverse. «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 4,17; cfr. Mc 1,14-15). Dicendo questo sembrano essere più fedeli all’antica tradizione.

Luca, invece, ha presentato l’urgenza della conversione col Battista. Per questo, qui, all’inizio dell’azione di Gesù, ha preferito presentarlo come «grazia»: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito coi vostri orecchi» (4, 21).

In altre parole, Luca non ha voluto incominciare a dire che Gesù annuncia il regno. Preferisce far vedere fin dal principio che il regno è la verità, la realtà del Cristo. Gesù viene ed evidenzia il contenuto della sua vita intima.

Questo è il centro.

Il regno non è già la meta di un futuro a cui tendiamo. Il regno è la verità, la novità del mondo che il Cristo suscita intorno a sé. Ciò che Luca ci dice qui timidamente, costituirà il centro del vangelo di Giovanni; il suo tema sarà sempre lo stesso: l’autorivelazione di Gesù che mostra se stesso come la verità, la vita e la salvezza che viene da Dio per gli uomini.

Luca non si riferisce qui a una redenzione o libertà per il futuro (la fine del mondo). Gesù è «oggi» la buona notizia, è grazia e libertà per gli uomini. Incontriamo nuovamente il medesimo «oggi» dell’annuncio degli angeli (2, 11).

Gesù è diventato l’espressione, la verità del vangelo che trasforma gli uomini già fin d’ora, concede loro una verità e una salvezza che sono un cammino senza fine. (Javier Pikaza, Leggere Luca, Marietti 1976, pp 31-32)

Cari fratelli e sorelle

La liturgia odierna ci presenta, uniti insieme, due brani distinti del Vangelo di Luca. Il primo (1,1-4) è il prologo, indirizzato ad un certo «Teofilo»; poiché questo nome in greco significa «amico di Dio», possiamo vedere in lui ogni credente che si apre a Dio e vuole conoscere il Vangelo. Il secondo brano (4,14-21), invece, ci presenta Gesù che «con la potenza dello Spirito» si reca di sabato nella sinagoga di Nazaret. Da buon osservante, il Signore non si sottrae al ritmo liturgico settimanale e si unisce all’assemblea dei suoi compaesani nella preghiera e nell’ascolto delle Scritture. Il rito prevede la lettura di un testo della Torah o dei Profeti, seguita da un commento. Quel giorno Gesù si alzò a leggere e trovò un passo del profeta Isaia che inizia così: «Lo Spirito del Signore Dio è su di me, / perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; / mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri» (61,1-2). Commenta Origene: «Non è un caso che egli abbia aperto il rotolo e trovato il capitolo della lettura che profetizza su di lui, ma anche questo fu opera della provvidenza di Dio» (Omelie sul Vangelo di Luca, 32, 3). Gesù infatti, terminata la lettura, in un silenzio carico di attenzione, disse: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete [ora] ascoltato» (Lc 4,21). San Cirillo d’Alessandria afferma che l’«oggi», posto tra la prima e l’ultima venuta di Cristo, è legato alla capacità del credente di ascoltare e ravvedersi (cfr PG 69, 1241). Ma, in un senso ancora più radicale, è Gesù stesso «l’oggi» della salvezza nella storia, perché porta a compimento la pienezza della redenzione. Il termine «oggi», molto caro a san Luca (cfr 19,9; 23,43), ci riporta al titolo cristologico preferito dallo stesso Evangelista, cioè «salvatore» (sōtēr). Già nei racconti dell’infanzia, esso è presentato nelle parole dell’angelo ai pastori: «Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, Cristo Signore» (Lc 2,11).

Cari amici, questo brano interpella «oggi» anche noi. Anzitutto ci fa pensare al nostro modo di vivere la domenica: giorno del riposo e della famiglia, ma prima ancora giorno da dedicare al Signore, partecipando all’Eucaristia, nella quale ci nutriamo del Corpo e Sangue di Cristo e della sua Parola di vita. In secondo luogo, nel nostro tempo dispersivo e distratto, questo Vangelo ci invita ad interrogarci sulla nostra capacità di ascolto. Prima di poter parlare di Dio e con Dio, occorre ascoltarlo, e la liturgia della Chiesa è la “scuola” di questo ascolto del Signore che ci parla. Infine, ci dice che ogni momento può divenire un «oggi» propizio per la nostra conversione. Ogni giorno (kathēmeran) può diventare l’oggi salvifico, perché la salvezza è storia che continua per la Chiesa e per ciascun discepolo di Cristo. Questo è il senso cristiano del «carpe diem»: cogli l’oggi in cui Dio ti chiama per donarti la salvezza!

La Vergine Maria sia sempre il nostro modello e la nostra guida nel saper riconoscere e accogliere, ogni giorno della nostra vita, la presenza di Dio, Salvatore nostro e di tutta l’umanità. (Papa Benedetto XVI, Angelus del 27 gennaio 2013)

Fonte: Figlie della Chiesa

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TERZA SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

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Lc 1,1-4; 4,14-21

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.

In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.

Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore».

Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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