Commento al Vangelo del 25 marzo 2018 – p. Roberto Mela scj

“Figlio di Dio!”

Osanna!/Per favore, salvaci!/Hôšîā‘āh nā’
Il tempo liturgico della Quaresima giunge al suo compimento introducendo ai giorni santissimi del triduo pasquale della passione, morte e risurrezione del Signore Gesù Cristo. Con la sua doppia tonalità, di gioia e di sofferenza, ci fa già pregustare la paradossalità del mistero della vita donata da Gesù: la vita nella morte, nella sua morte per amore.

La gioia religiosa e “politica” della gente che acclama l’entrata in Gerusalemme del re mite di Israele seduto su un puledro, chiedendo a YHWH la salvezza per mezzo di colui che ha inviato, si cambierà da lì a pochi giorni nella richiesta – istigata con fine disegno di “invidia” dai sommi sacerdoti e dagli scribi –, della sua morte per crocifissione.

Nella commemorazione dell’entrata in Gerusalemme, il culmine del viaggio di Gesù, temuto ma voluto, anche noi invochiamo da YHWH, il Padre, la salvezza: “Osanna!/Per favore, salvaci!/Hôšîā‘āh nā’”. L’invocazione della folla è religiosa ma anche politica. Colui che viene nel nome del Signore sia benedetto – acclama la folla –, si dica bene di lui da parte di YHWH e di tutti, perché con lui viene il regno del nostro padre Davide, la liberazione anche dagli odiati occupanti romani. Si stendono i mantelli – le proprie persone –, si tagliano le fronde degli alberi, segno della vittoria vicina.

Gesù lascia acclamare, permette ormai alla gente di invocare una salvezza “pericolosa”. L’offerta dolorosa della sua vita chiarirà senza ombra di dubbio la qualità del suo regnare. E allora la gente, volubile e istigata, chiederà, con la stessa voce, la sua crocifissione.

Passio Domini Iesu Christi in palmis. Passione e gioia, passione e gloria. Si apre il talamo della Settimana Santa dello Sposo.

Ha svegliato l’orecchio

Il cosiddetto “Terzo canto del servo di YHWH” (cf. oltre a Is 50,4-9, Is 42,1-9; 49,1-13; 52,13–53,12) ha un tenore più autobiografico di tutti gli altri e si può leggere benissimo sulla falsariga dell’esperienza profetica di Geremia (così l’interpretazione della tradizione ebraica, Giovanni Crisostomo, Tommaso d’Aquino) in continua alternanza tra vocazione alla parola, patimenti subìti a causa dell’annuncio di castigo e di salvezza, supplica con attestazione di innocenza e di fiducia in YHWH. Il protagonista rimane comunque anonimo.

Non è chiamato “servo” ma “discepolo/limmud”. Può essere benissimo un discepolo della cerchia del profeta Isaia, che attualizzò il messaggio del maestro annunciando la consolazione di Israele (cf. Is 40,1ss). La sua identità combacia con l’ascolto. Quotidianamente, giorno per giorno, YHWH gli “sveglia/yā‘r” l’orecchio. Nel momento di accompagnare il suo risveglio, YHWH gli “apre/pātaḥ” l’orecchio. Glielo perfora come segno che, invece della libertà, il suo servo ha scelto di rimanere sempre col suo signore, in fedeltà assoluta e dedita (cf. Es. 21,2-6). Ogni mattino YHWH gli rinnova il rito della “libertà impegnata, libertà a servizio”. Ogni mattina YHWH gli risveglia una parola che dovrà annunciare lungo la giornata.

E il profeta apprende e accoglie con slancio la sua dipendenza vitale, la sua identità, la fonte della sua esistenza. Ascolto, dipendenza, appartenenza. Ogni mattino il profeta è costituito da YHWH discepolo dall’orecchio svegliato/forato/aperto. Riceve l’acqua per una parola di consolazione per l’uomo “stanco”, per sorreggerlo nel cammino faticoso della vita.

Il discepolo fonda la sua vita sull’ascolto prima che sull’annuncio. Non si ribella nel ricevere la parola. Non si inalbera né si ribella al fatto di ricevere la sua identità e la sua missione. Non si sottrae vigliaccamente a una vocazione che ha intravisto in modo molto chiaro. La parola di YHWH è luce della vita, della giornata, luce che rianima e guida nel cammino. Rinfranca l’animo e il passo. Conduce a pascoli non inquinati. Ricostruisce ogni mattino un’ecologia integrale, prima nel suo discepolo e, tramite lui, per tutto il suo popolo.

Anche Gesù, nell’essere l’Inviato del Padre, segue la stessa logica. Dice quello che prima ha ascoltato: «… io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me» (Gv 12,49-50).

Discepolo perseguitato

Il discepolo riceve la parola. È risvegliato ogni mattino alla verità di se stesso. E con questo riceve anche la forza di affrontare la persecuzione a causa della parola, di andare in esilio col suo popolo, di aver la schiena arata dai flagelli degli oppressori e dei torturatori. Non si vergogna di far parte dei feriti della storia, dei “danni collaterali” fatti dai grandi della terra che giocano a risiko con i popoli per ampliare le proprie zone di influenza e accaparrarsi più pozzi di petrolio possibili.

Il discepolo/profeta alza chiara la voce, non sottrae il suo corpo al rifiuto della sua persona e del suo annuncio. Gli sputi e le offese non lo scoraggiano, sa che YHWH è al suo fianco, gli “viene in aiuto/ya‘ăzor-lî” (vv. 7.9), perché lui è sempre vicino ai più fragili dei suoi figli.

Davanti al tribunale della storia il discepolo-profeta si alza con fiducia serena: chi potrà accusarlo di aver desiderato il male, di aver invocato qualcosa che offendesse la dignità degli uomini e dei popoli?

Il suo avvocato difensore gli porrà salda la mano sulla spalla destra, non avrà nulla da temere. La forza tranquilla della verità gli stria il cuore, nessuno riuscirà a condannarlo per colpevolezza manifesta. Non alzerà la voce, non ce n’è bisogno. Le cose vere si impongono da sole. Dalle sofferenze subìte ha imparato a essere discepolo. Ha inciso nella coscienza la parola perché intrisa di sofferenza, ingiusta agli occhi degli uomini ma “vera” secondo il cuore di YHWH.

La parola del discepolo sarà sofferta, ma “vera”, e per questo bucherà il velo nero delle sofferenze – e forse anche della morte violenta –, portando, a nome di YHWH, salvezza e riscatto.

Tutti lo abbandonarono

«Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo» (Mc 14,50-52). Dopo aver sentito preannunciare da Gesù nell’Ultima Cena il suo triplice rinnegamento (Mc 14,30), Pietro – e anche tutti gli altri apostoli dopo di lui – aveva detto con grande insistenza/ekperissōs elalei: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò”. Lo stesso dicevano pure tutti gli altri» (Mc 14,31). Di fatto, al momento dell’arresto di Gesù nel Getsemani «tutti lo abbandonarono e fuggirono/aphentes auton ephygon pantes». L’evangelista è crudo nella sua notazione e non salva l’onore di nessuno dei Dodici.

Dopo la predizione del rinnegamento di Pietro, Gesù aveva detto: «… Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse» (cf. Zc 13,7). È lo “scandalo/inciampo/skandalon” di un Messia che salva attraverso l’assunzione della violenza umana, della morte di croce, per giungere alla risurrezione. La salvezza nella croce. Questo è “il segreto messianico” di Gesù, ricordato spesso dall’evangelista Marco. Questo mistero di iniquità che ingloba la salvezza fa inciampare tutti. E tutti fuggirono.

I primi quattro chiamati – i discepoli e gli amici più cari – “avevano abbandonato le reti/aphentes ta diktua” e Andrea e Giovanni anche il loro padre Zebedeo/aphentes ton patera autōn Zebedaion e un’azienda ittica prospera, con garzoni assunti a contratto. Avevano abbandonato il padre, la fonte della vita e dell’autorità, la saldezza di una genealogia che ti radica nella storia, per mettersi alla sequela di lui (cf. Mc 1,18.20), il Maestro, il loro Signore, il Figlio dell’uomo. Ora lo abbandonano miseramente al suo destino. Solo di fronte alla violenza religiosa e politica immotivata e meschina, cieca di fronte alla novità di vita portata da Gesù.

Fuggì via nudo

L’evangelista Marco nota la solitudine di Gesù nel momento dell’arresto e nelle angoscianti ore successive, ma è anche l’unico a notare che solo un “ragazzo/neaniskos” “lo seguiva passo passo/synakolouthei autōi” con una sequela continua prudente ma coraggiosa, sobria, sciolta, leggera (cf. Mc 14,51). Soltanto un leggero “lenzuolo/sindona” di lino lo avvolge, appena sufficiente a ripararsi nelle fresche nottate di inizio aprile. Se l’era “gettato intorno/peribeblēmenos” come riparo minimale per coprire la sua nudità. Una «nudità necessaria» (G. Perego).

È la nudità necessaria a chi vuol essere discepolo, sciolto e libero da se stesso, agile nel seguire Gesù, staccato dal possesso di beni che appesantiscono la sequela e rallentano la missione. In lui la Chiesa vede se stessa, tra fuga e nudità necessaria. I nemici afferrano il neaniskos, ma egli “lascia cadere/katalipōn” il lenzuolo/sindone e fugge via, nudo.

Fugge anche lui. Non però per abbandonare Gesù per sempre, ma per custodirlo col suo omaggio nella tomba, che veglierà vuota in attesa delle donne…

Il suo “lenzuolo/sindōn” di discepolo fedele ora però ha subìto una trasformazione pasquale. Non è più un lenzuolo funebre prepasquale, come quello “acquistato/agorasas sindona” da Giuseppe di Arimatea (cf. Mc 15,46, sola altra ricorrenza del termine in Mc) per “avvolgerlo [= Gesù] con il lenzuolo/eneilēsen tēi sindoni” prima di deporlo nel sepolcro scavato nella roccia (cf. Mc 15,46).

 La “sindone” del neaniskos

Il lenzuolo “funebre prepasquale” del “ragazzo/giovane/neaniskos” (Mc 14,51) è diventato una “lunga e ampia veste fluttuante/stolēn” (cf. Mc 16,5), come quella portata con sussiego finanche esagerato dagli scribi (cf. Mc 12,38par, unica altra ricorrenza del termine in Mc), mentre passeggiano per strada ricevendo i saluti della gente per poi sedere nei primi posti nella sinagoga e nei banchetti.

È una veste “bianca/leukēn” del mondo di Dio, il mondo dei risorti, della vita definitiva. È la veste bianca indossata dalla moltitudine immensa, incalcolabile, di persone provenienti da ogni tribù, popolo e lingua mentre stanno in piedi, da risorti, davanti al trono (di Dio) e davanti all’Agnello apocalittico (cf. Ap 7,9), con in mano le palme della vittoria definitiva contro il Male (cf. Ap 7,9). «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello» (Ap 7,14), risponde uno degli anziani al Veggente di Patmos che lo aveva interrogato sulla loro identità. Essi hanno immerso la loro vita nel sangue redentore dell’Agnello vittorioso, come sgozzato ma ritto in piedi risorto e vivente (cf. Ap 5,6).

Le loro vesti/vite sono state trasfigurate di risurrezione, rese bianche, per la morte gloriosa e riscattatrice dell’Agnello che, a Pasqua, ha vinto definitivamente il Drago, la Bestia e il suo codazzo di seguaci.

Alla destra

Nella tomba vuota, pasquale, un “giovane/neaniskos” (Mc 16,5) attende le donne la mattina dopo il sabato (Mc 16,1). La sua veste sontuosa e splendente è “gettata intorno/peribeblēmenon” (Mc 16,5; cf. 14,51!) al suo corpo mentre se ne sta seduto, vittorioso e regale, sulla destra del luogo dove era stato deposto Gesù. Se ne sta al posto di onore, come il Figlio dell’uomo sta seduto alla destra della Potenza [= Dio] e viene sulle nubi del cielo, come si è identificato Gesù rispondendo al sommo sacerdote (cf. Mc 14,62) che lo interrogava: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?» (cf. Mc 14,61).

Gesù aveva identificato con una persona di livello divino la sua identità di Figlio dell’uomo, di Messia, che, secondo la tradizione giudaica, non aveva tale natura (cf. Dn 7,13ss, unitamente a Sal 110,1). Per il sommo sacerdote, Gesù pronuncia una bestemmia (cf. Mc 14,64) passibile di pena di morte.

Il neaniskos pasquale, vestito di splendida veste di risorto, è il termine ultimo del cammino discepolare intrapreso dai Dodici – e dal discepolo di Is 50,4ss! –, al momento paurosi traditori di Gesù, ma trasformati in discepoli coraggiosi e vittoriosi grazie alla misericordia del Gesù pasquale.

Dio mio, Dio mio…

Gesù muore in croce, in mezzo a due terroristi che lo insultano, oltraggiato, sfidato dai passanti, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi a scendere da quel trono infamante e a salvare se stesso, dopo aver salvato altri. Scenda, vedremo e crederemo (cf. Mc 15,29-32).

A mezzogiorno si fa buio su tutta la terra, come si fece buio nel momento della rivelazione di YHWH al Sinai, al momento di donare la sua Istruzione/Torah al suo servo Mosè.

YHWH si rivela ora nel grido di dolore angosciato ma affidato di Gesù che muore pregando il Tu del Padre, con i primo versetto del Sal 22. Gesù muore pregando, nella dolorosa solitudine avvertita in modo lancinante a livello psicologico, ma affidato fiducioso a Colui che gli farà annunciare ancora da vivo il nome di YHWH in mezzo all’assemblea dei fratelli (cf. Sal 22,23). «Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli» (Sal 22,26b) prega fiducioso il salmista nel dolore mortale. Gesù prega con l’inizio del Sal 22, di cui ben conosce il finale positivo di vittoria. Gesù muore pregando un Tu ben conosciuto, affidabile, l’Affidabile. Muore angosciato ma non disperato.

Buio rivelatore

Prima della morte di Gesù il velo del tempio “fu scisso/squarciato/eschisthē” (da Dio, aoristo passivo, passivum divinum), in due, da cima a fondo, completamente (cf. Mc 15,38). In una densa nube YHWH va incontro al suo servo Mosè sul Sinai (cf. Es 19,9). In una “nube densa/‘ānān kābēd”, il terzo giorno, «il Signore scese dunque sul monte Sinai, sulla vetta del monte e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte. Mosè salì» (cf. Es 19,16-20). «Voi vi avvicinaste e vi fermaste ai piedi del monte – ricorda Mosè al popolo nel suo primo discorso nelle steppe di Moab –; il monte ardeva, con il fuoco che si innalzava fino alla sommità del cielo, fra tenebre, nuvole e oscurità/ḥōšek ‘ānān wa‘ărāpel. Il Signore vi parlò dal fuoco; voi udivate il suono delle parole ma non vedevate alcuna figura: vi era soltanto una voce. Egli vi annunciò la sua alleanza, che vi comandò di osservare, cioè le dieci parole, e le scrisse su due tavole di pietra» (Dt 4,11-13). «Abbassò i cieli e discese – proclama il salmo –; una nube oscura sotto i suoi piedi. Cavalcava un cherubino e volava, si librava sulle ali del vento. Si avvolgeva di tenebre come di un velo, di acque oscure e di nubi come di una tenda» (Sal 18[17],10-12 = 2Sam 22,10ss, in un salmo attribuito a Davide).

Nel “buio/skotos” totale, cosmico, che avvolge la morte imminente di Gesù (cf. Mc 15,33), YHWH/Dio Padre si rivela ormai apertamente mentre consegna agli uomini il suo Dono definitivo, escatologico, la sua fedeltà insuperabile, la sua istruzione ineguagliabile, la Torah crocifissa per amore. Torah crocifissa, segno di alleanza definitiva, striata e sigillata dal sangue ricattatore di un vero uomo e del vero Figlio di Dio che entra nella vita di Dio, insanguinandola per sempre della vita donata sulla croce, sulla terra, a favore dei suoi fratelli, degli altri figli di Dio, figli nel Figlio.

Abbandonato, ma affidato

Muore un uomo. Muore il Figlio di Dio incarnato. Muore addolorato, abbandonato mentre si abbandona totalmente a Colui che ha generato in eterno i suoi giorni e che ancora gli farà vedere la luce, non abbandonandolo nelle tenebre dello Sheol. «… tu non abbandonerai la mia vita negli inferi, né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione» (Sal 16[15],10b; citato da Pietro nel discorso a Pentecoste), aveva tante volte pregato Gesù, innalzando con fede il salmo a YHWH suo Padre.

La roccia “teologica” del suo cuore credente e orante non vacilla, mentre la sua psicologia umana torturata a morte avverte in modo tragico la solitudine della fine.

Veramente costui…

Il centurione, un soldato pagano avvezzo alla pena crudele e disumana della crocifissione inflitta agli schiavi e ai terroristi che attentavano alla maestà dello Stato romano, “se ne sta lì in piedi, accanto al morente/parestēkōs”, “davanti a lui/guardandolo in volto/ex enantias autou” (Mc 15,38). Sente il grido innalzato a gran voce da Gesù nell’aramaico della sua vita di pio giudeo che ora gli sgorga quasi in modo inconscio, frutto di preghiera abituale e continua (v. 34).

È la preghiera del cuore. Una preghiera che cerca un Volto. «Il mio cuore ripete il tuo invito: “Cercate il mio volto!”. Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto» (Sal 27[26],8-9a).

Muore un uomo, muore il Figlio di Dio incarnato. Muore crudelmente un uomo solo, un uomo credente, un ebreo dal cuore tutto deposto in YHWH suo Padre.

Il centurione vede quell’uomo “spirare in quel modo/houtōs exepneusen”. Angosciato e solo, ma abbandonato in preghiera al Padre. Torturato a morte, crocifisso, soffocato nel suo stesso sangue.

Angosciato, non disperato. Consegnato. Affidato.

Non c’è più fiato, resta la fede.

«Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!» (Mc 15,39).

L’intuizione del pagano.

La fede del cristiano.

Commento a cura di padre Roberto Mela scj – Fonte del commento: Settimana News

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

DOMENICA DELLE PALME – ANNO B

Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 25 Marzo 2018 anche qui.

Mc 14, 1 – 15, 47
Dal Vangelo secondo Marco

– Cercavano il modo di impadronirsi di lui per ucciderlo
Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Àzzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

– Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura
Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

– Promisero a Giuda Iscariota di dargli denaro
Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

– Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

– Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà
Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».

– Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue dell’alleanza
E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

– Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:
“Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”.
Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

– Cominciò a sentire paura e angoscia
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

– Arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta
E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

– Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?
Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi a? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva a. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell’uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

– Non conosco quest’uomo di cui parlate
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.

– Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?
E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei? ». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi a? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più a, tanto che Pilato rimase stupito. A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

– Intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

– Condussero Gesù al luogo del Gòlgota
Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

– Con lui crocifissero anche due ladroni
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.

– Ha salvato altri e non può salvare se stesso!
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

– Gesù, dando un forte grido, spirò
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

Qui ci si genuflette e si fa una breve pausa.

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

– Giuseppe fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro
Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 25 – 31 Marzo 2018
  • Settimana Santa
  • Colore Rosso
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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