Commento al Vangelo del 24 maggio 2015 – Paolo Curtaz

Il commento al Vangelo di domenica 24 maggio 2015 a cura di Paolo Curtaz per la domenica di Pentecoste.

At 2,1-11/1Cor 12,3-7.12-13/ Gv 20,19-23 .

Pericolo incombente: Spirito in arrivo

Non possiamo farcela, non scherziamo. No, non siamo in grado. Nessuno che abbia un po’ di sano realismo lo può (veramente) fare. Non siamo capaci di annunciare il Regno con sufficiente trasparenza, con coerenza minima, con passione necessaria. Il mondo implode nella sua crisi e nella sua insanabile aggressività e anche noi ne siamo contagiati e travolti. E sentiamo tutto il peso della nostra fragilità personale comunitaria. Questa storia dell’affidare alla Chiesa, a questa Chiesa, le redini del Regno è stato uno scherzo, o un inganno o una follia. Siamo seri. È quello che si sono detti per ore i pavidi discepoli radunati al cenacolo. Gesù se n’è andato davvero e loro devono capire cosa fare. Annunciare il Regno, d’accordo. Dove, come a partire da quando, dicendo cosa? Fuori tira ancora una brutta aria per i discepoli del Nazareno, per quale masochistica ragione dovrebbero uscire e farsi nuovamente arrestare? Pietro e gli altri lo sanno bene, lo hanno vissuto sulla propria pelle: non sono all’altezza del compito. Diamine: solo un mese prima erano tutti fuggiti a rotta di collo! Come aspettarsi, ora, una reazione diversa, un comportamento all’altezza della situazione? Pensano e discutono, gli apostoli. Un po’ si fanno coraggio, un po’ non alzano lo sguardo. No, non ce la possono fare, non da soli, non adesso. Si sta alzando il vento. Strano, non succede quasi mai in primavera, a Gerusalemme.

Uragano

Non è un vento: è l’uragano. Un uragano che li strappa alle loro certezze, che li devasta, che li scompiglia e li scapiglia, che li converte, infine. Il fuoco scende nel cuore e li consuma. Il terremoto fa crollare le loro piccole certezze e i loro progetti ansimanti.

No, certo, non ce la possono fare. D’accordo.

Sarà lo Spirito ad agire. È arrivato, il dono (annunciato) del Risorto. È più folle e più anarchico di come neppure osassero immaginare. Più di ogni altra luce, più di ogni convinzione o determinazione, di ogni progetto o piano pastorale.

Eccolo, lo Spirito.

Il cuore ora è gonfio, escono per strada, fermano i pellegrini di passaggio a Gerusalemme per la Pentecoste. Parlano del Maestro, lo professano Messia e Signore e presente.

È arrivato lo Spirito.

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Si divertono a giocare con noi, gli evangelisti. A stuzzicarci e farci uscire dalla sindrome del “sappiamo già tutto”. Ognuno di loro scherza e ci provoca: quando è sceso lo Spirito?

Giovanni dice che Gesù dona lo Spirito dall’alto della croce, morendo.

O forse la sera di Pasqua, apparendo ai discepoli.

O, a credere Luca, nella festa ebraica della Pentecoste.

Enigmi da svelare per capire chi è lo Spirito.

Lo Spirito nasce dalla croce perché la croce manifesta la misura dell’amore di Dio che è lo Spirito. È dono totale, definitivo, vitale (Credo lo Spirito che dà la vita professiamo nel Credo).

Lo Spirito è dono del risorto e porta con sé i doni della pace del cuore e la capacità di perdonare.

E lo Spirito è la nuova Legge che sostituisce quella donata da Dio a Mosé sul Sinai, la festa che gli ebrei festeggiavano il giorno di Pentecoste. Ora la Legge è scritta nei cuori ed è lo Spirito a ricordarcela…

Finalmente

Il Consolatore, per sradicare ogni solitudine, per fare della Chiesa la compagnia di Dio agli uomini.

Il Vivificatore, per togliere l’asfalto e ogni altra crosta che ostinatamente ricopre il volto di Dio e la Parola.

Il Paracleto, per difenderci dalla paura e dalla parte oscura che è in noi e che ci turba impedendoci di essere veramente discepoli.

Il Suggeritore, per ricordare ai discepoli cosa ha detto Gesù quando ce ne dimentichiamo.

Egli ricostruisce i linguaggi, ci dona la grazia di capirci, di intenderci, di comunicare. Supera l’arroganza dell’uomo che costruisce torri per manifestare la propria forza e usa il linguaggio del potere che non fa capire, che confonde, che allontana. Pentecoste è l’Antibabele, l’altro modo di capirsi, accomunati dalla stessa ricerca interiore.

Eccolo il fuoco, che scalda e illumina, che indica una strada nella notte.

Eccola la nube, che tiene lontani gli egiziani e illumina il cammino del popolo che fugge verso la libertà del cuore, la nebbia che toglie ogni punto di riferimento per affidarsi a Dio solo.

Ecco il vento che soffia dove vuole: siamo noi ad orientare le vele per raccoglierlo e metterci in navigazione.

Ecco il terremoto che ci scardina dal profondo.

Ecco la colomba, portatrice di buone notizie, quando torna nelle mani sicure di Noè che l’ha inviata per sapere se il diluvio è finito, mite e arrendevole.

Prudenza

Tenetelo nel cassetto lo Spirito, per favore.

È pericoloso, devastante, inquietante.

Quando la Chiesa si siede o si arrocca fa nascere i santi che la ribaltano.

Quando pensate che la vostra vita sia finita, annientata, vi spalanca lo sguardo del cuore.

Quando le nostre parrocchie languono, si clericalizzano, si svuotano, si abituano, si stancano, si illudono egli scuote dalle fondamenta, fa crollare i palazzi della retorica e ci spinge a uscire nelle strade del nostro quartiere a dire Dio.

Gli Atti degli apostoli sono una divertente comica in cui lo Spirito combina pasticci e gli apostoli corrono (invano) cercando di capire cosa fare veramente.

È lo Spirito che guida la Chiesa, anche se cerchiamo continuamente di correggere la rotta.

È lui, se vuoi, fratello, sorella, che può orientare la vita verso i cammini della santità.

È lui che soffia, nonostante tutto.

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