Commento al Vangelo del 22 Settembre 2019 – Don Luciano Condina

Coltiviamo piccoli gesti di bontà

Il vangelo di questa domenica è di non facile interpretazione, offrendoci la parabola dell’amministratore disonesto che, chiamato in causa per rendere conto del proprio operato, falsifica le somme dovute dai debitori al suo padrone per salvarsi la pelle. È accusato di sperperare gli averi della persona per cui lavora” per cui deve motivare il proprio agire o non potrà più ricoprire l’incarico assegnatogli. Il problema è misurarsi con la buona e cattiva amministrazione per non essere esclusi.

Il fatto è che noi, di fronte a un rendiconto di giustizia, siamo destinati sicuramente alla bocciatura. Chi si può presentare davanti a Dio dicendo di aver amministrato tutto bene? Nessuno. Scoperto il suo debito nei confronti del padrone (leggi: bisognoso di perdono), l’uomo della parabola riduce i debiti di chi deve dei soldi a lui: cioè comincia a perdonare. Pur non avendo la forza di zappare e vergognandosi di mendicare – che è l’analisi dei propri limiti – sa che può cominciare a rimettere le somme dei suoi debitori, per citare le parole che pronunciamo nel Padre nostro.
Incontriamo, però, anche una frase enigmatica di Gesù: «I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce” (Lc 16,8). La scaltrezza dei figli di questo mondo è quella di chi si trova a gestire denaro e deve far tornare i conti: ha una propria abilità e se la sa cavare, spesso in modo egregio. Quel talento, però, al momento di stare nel mondo delle cose sante, uno se la dimentica, diventando incapace e impreparato. La scaltrezza andrebbe applicata anche alle cose sante, diventando così sapienza. Numerosi santi prima erano grandi peccatori, campioni nel male, ma nella redenzione l’intelligenza applicata nel male diventa la forza per far fruttare al massimo il dono di Dio.

C’è una sapienza che dobbiamo applicare nell’ambito della fede. Non siamo chiamati a essere cristiani inebetiti, addormentati, ma sapienti, vivaci e limpidi, che usano le cose di Dio sapendo bene quanto siano preziose. La pasta della sapienza dell’amministratore di questa parabola è la disonestà; in contrapposizione, la pasta della sapienza dei figli della luce è la fedeltà: come si esercita? Comincia dal poco: la vita cristiana è fatta di piccole fedeltà che diventano la grande fedeltà di una vita cristiana. Spesso crediamo che siano gli atti coraggiosi, i grandi momenti, le situazioni importanti a verificare il valore di un uomo; non è così: lo rivelano piuttosto i gesti più semplici, l’attenzione ai particolari, la cura delle piccole cose. L’amore non è un atto di fondo, ma particolareggiato. Amare una persona significa essere attenti a quello di cui ha veramente bisogno, ai particolari che sono “qui e ora” veramente urgenti. La fedeltà della vita cristiana passa per cose piccole: preghiera quotidiana, adesione a precetti semplici, piccoli gesti di carità che, se restano incompiuti, cambiano tutto radicalmente.

La vita cristiana è un tessuto costituito dal filo delle piccole cose in cui ci fidiamo di Dio; ma questa vita è erosa e distrutta dal fatto che è piena di piccole cose completamente estranee al cristianesimo, incompatibili con la fede come oroscopi, gossip e insulsaggini che inzeppano il nostro cervello e inquinano la nostra quotidianità.
Possa la nostra vita cristiana essere imbevuta di zelo e cura nei minimi particolari: un matrimonio salvato è fatto di piccoli gesti quotidiani compiuti, di dialoghi non evitati, di parole non dimenticate, di atti non trascurati; così come la crescita di un bambino felice è una questione di cura, di particolari, di amore che si esplica in piccole fedeltà che diventano la grande fedeltà.

Fonte

Letture della
XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Prima Lettura

Contro coloro che comprano con denaro gli indigenti.

Dal libro del profeta Amos
Am 8,4-7

 
Il Signore mi disse:
 
«Ascoltate questo,
voi che calpestate il povero
e sterminate gli umili del paese,
voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio
e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
diminuendo l’efa e aumentando il siclo
e usando bilance false,
per comprare con denaro gli indigenti
e il povero per un paio di sandali?
Venderemo anche lo scarto del grano”».
 
Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:
«Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Sal 112 (113)

R. Benedetto il Signore che rialza il povero.

Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
da ora e per sempre. R.
 
Su tutte le genti eccelso è il Signore,
più alta dei cieli è la sua gloria.
Chi è come il Signore, nostro Dio,
che siede nell’alto
e si china a guardare
sui cieli e sulla terra? R.
 
Solleva dalla polvere il debole,
dall’immondizia rialza il povero,
per farlo sedere tra i prìncipi,
tra i prìncipi del suo popolo. R.

Seconda Lettura

Si facciano preghiere per tutti gli uomini a Dio il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
1 Tm 2,1-8

 
Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.
 
Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità.
 
Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese.

Parola di Dio

Vangelo

Non potete servire Dio e la ricchezza.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 16, 1-13
 
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
 
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
 
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
 
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
 
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
 
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
 
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
 
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Parola del Signore

Oppure forma breve: Lc 16,10-13

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