Commento al Vangelo del 17 Marzo 2019 – Don Luciano Condina – Lc 9, 28b-36

Riscopriamo la bellezza di Dio

Questa domenica meditiamo l’incontro con il volto trasfigurato di Cristo sul Tabor. Un incontro per pochi – solo Pietro, Giacomo e Giovanni sono con Gesù – che ha il suo carisma di esperienza personale.

L’evento si svolge sulla cima di un monte a cui si sale, dove si vive qualcosa di grandioso e poi si discende. Questo è un paradigma della vita cristiana. Per poter compiere la nostra missione prima bisogna ascendere. L’ascesi cristiana è quel percorso che ci porta da una dimensione non redenta a una dimensione redenta; da una dimensione caotica all’ordine e alla bellezza di Dio, arrivando a vedere la Luce.

La Quaresima è tempo di ascesi in cui abbiamo bisogno di tirarci fuori dal caos per salire sul monte. È l’ascesa dalla nostra solitudine per raggiungere la relazione con Dio. I tre apostoli sono presenti affinché vedano il vero volto di Gesù e ne scoprano la sua bellezza. La presenza di Mosè indica la legge, quella di Elia la profezia: è in questo incontro intimo con le Scritture che possiamo ammirare lo svelamento della bellezza del volto di Dio. Gesù sta pregando ed è durante la preghiera che il suo volto cambia aspetto. Egli stesso ha bisogno della relazione con Dio, dell’ascesi.

La presenza dei tre apostoli ci ricorda l’importanza della dimensione ecclesiale. Nella vita cristiana dobbiamo sempre tenere un equilibrio fra due poli che vanno rispettati: la dimensione personale e intima con Dio – imprescindibile e insostituibile – unita alla relazione fraterna ed ecclesiale. Questa relazione è assolutamente necessaria per la verità del nostro cristianesimo: solo in mezzo agli altri si può verificare una vita di autentica presenza dello Spirito Santo in noi. Nella trasfigurazione gli apostoli possono ammirare la bellezza del vero volto di Gesù. Abbiamo disperatamente bisogno di sapere che Dio è bello, è meraviglioso. Un’esperienza che ogni cristiano deve provare: per vivere ad alto livello la nostra fede è assolutamente necessario avere un’idea felice di Dio. Senza questa esperienza si rischia di vederlo come un’entità pretenziosa, portatrice solamente di istanze etiche.

Con il solo senso del dovere – seppure necessario – si va poco lontano; se, invece, è corroborato dal desiderio – dal saper affermare con Pietro: «È bello per noi stare qui» (Lc 26,33) – allora è possibile instaurare con Dio un autentico rapporto filiale. I tre apostoli rimangono stupefatti dalla bellezza di Gesù e dallo “stare lì” e la voce di Dio li esorta anche anche ad ascoltarlo. Per conoscere una persona non basta guardarla: è necessario sentirla parlare. Fermarsi all’immagine significa cogliere solo la superficie, mentre attraverso le parole si può coglierne e possederne il cuore. Ricevere ciò che Cristo ha da dirci è ancora di più che vederlo e contemplarlo nella sua bellezza. Abbiamo bisogno di camminare dal visibile all’invisibile attraverso le orecchie, l’ascolto, la percezione di una parola. Dio crea il visibile con una parola: fra il visibile e l’invisibile c’è di mezzo un ascolto, una parola.

Capita spesso nella vita di vivere momenti molto difficili: cosa può aiutarci ad affrontare le avversità? L’ascolto di una parola, ritrovare una parola dentro il cuore, ascoltare il figlio eletto di Dio, il suo Verbo, per ritrovare la bellezza di ciò che si sta vivendo. La vita bella non è una vita semplice, comoda; è una vita impregnata di amore, ricevuto dall’alto, donato nel basso. E amare costa sofferenza: ogni madre lo sa bene.

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