Commento al Vangelo del 17 gennaio 2016 – mons. Vincenzo Paglia

19514745932_eaeae50df7_o[ads2] La Liturgia di questa domenica continua a sviluppare il mistero della manifestazione del Signore che abbiamo celebrato in tutto il tempo di Natale sino all’epifania. La Liturgia di questo giorno, anticamente, faceva cantare: “Oggi la Chiesa si unisce al celeste Sposo: i suoi peccati sono lavati da Cristo nel Giordano; i Magi accorrono alle regali nozze portando doni; l’acqua è mutata in vino a Cana e gli invitati al banchetto sono nella gioia. Alleluia”. In verità, si può dire che ogni domenica celebriamo il mistero della epifania del Signore: egli infatti si manifesta a noi nella santa Liturgia Eucaristica con i tratti del risorto, di colui che ha vinto il male e la morte, che ha cambiato la solitudine in comunione e la tristezza in gioia. Ogni domenica è Pasqua, che è il momento della più alta epifania del Signore. E nel giorno del Signore siamo sottratti dalle nostre case e dai nostri ritmi quotidiani per essere ammessi alla presenza di Dio, per ascoltare la sua parola, per rivolgere a lui la nostra preghiera, per gustare la dolcezza della sua mensa. Si attualizza quel che avvenne a Cana di Galilea. Anche la notazione temporale dell’evento – occorso al termine della settimana – ci aiuta a comprendere il senso eucaristico del miracolo di Cana. L’evangelista ricorda che nei giorni precedenti Gesù era stato con Giovanni Battista al Giordano, nel quarto aveva chiamato i primi discepoli e, appunto, nel settimo si reca a Cana per partecipare alla festa di nozze di due amici. L’evangelista scrivendo che “tre giorni dopo ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea”, lega la fine della settimana alla Pasqua, all’inizio di una nuova creazione. Il segno di Cana, pertanto, va ben oltre il ricordo del matrimonio. Quel che avvenne a Cana unisce il riposo della creazione e l’inizio del tempo nuovo del Signore risorto. Cana è la festa del cambiamento, è il giorno della rinascita, è il giorno della gioia di stare con il Signore, è la domenica, il giorno della nostra festa, il giorno nel quale veniamo raccolti e – come scrive il profeta Isaia – diveniamo “una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più ‘abbandonata’ né la tua terra sarà più detta ‘devastata’ ma tu sarai chiamata ‘mio compiacimento’ e la tua terra ‘sposata’ perché il Signore si compiacerà di te” (Is 62,3-4). Dovremmo riscoprire in questa prospettiva la grazia della domenica, il giorno in cui il Signore ci tiene in mano come lo sposo tiene in mano la sposa nel giorno del matrimonio.
Il brano evangelico di Cana è tra quelli che forse conosciamo meglio. Tutti ricordiamo la madre di Gesù che, unica, si rende conto che sta finendo il vino. Non è preoccupata per sé o per il suo apparire. I suoi occhi e il suo cuore guardano e si preoccupano che tutti siano felici, che quella festa non sia turbata. La preoccupazione per quei giovani la spinge a rivolgersi al Figlio perché intervenga: “Non hanno più vino”. Maria sentiva anche sua quella festa, anche sua la gioia di quei due giovani sposi. Il senso profondo delle parole di Maria è ancor più personale di quel che a prima vista appare. Ella di fatto dice: “Noi non abbiamo più vino”. È un atteggiamento che dovremmo fare nostro ogni giorno di fronte alle tante persone che hanno bisogno di aiuto, di misericordia, di perdono, di amicizia, di solidarietà. Quando tutte queste persone potranno vedere anch’esse il miracolo di Cana? Quando il Signore potrà compiere per loro il “segno” che salvò la festa in quel giorno a Cana? Anche oggi c’è bisogno dei “segni” del Signore che manifestino la sua forza di cambiamento. A Cana Maria indica la via ai servi: “Fate quello che egli vi dirà”. È la via semplice dell’ascolto del Vangelo che viene indicata anche a noi, servi dell’ultima ora. È una via che tutti siamo invitati a percorrere. Il cristiano è colui che obbedisce al Vangelo, come fecero quei servi. E la Chiesa, imitando Maria, non cessa di ripeterci: “Fate quello che egli vi dirà!”. Dall’obbedienza al Vangelo iniziano i segni del Signore, i suoi miracoli in mezzo agli uomini.
Il comando che i servi ricevono da Gesù è singolare: “Riempite d’acqua le giare”. È un invito semplice; tanto semplice da indurre a non farlo: cosa c’entra l’acqua nelle giare con la mancanza di vino? Essi non capiscono fino in fondo il senso di quelle parole, ma obbediscono. Accade spesso anche a noi di non comprendere bene il senso delle parole evangeliche. Quel che conta è l’obbedienza al Signore. Il miracolo è lui a compierlo. Dopo aver riempito le sei giare i servi sono invitati ad attingere da esse e portare a tavola quanto vi hanno messo. Anche questo comando appare strano. Ma ancora una volta obbediscono. E la festa è salva. Anzi, si potrebbe dire che finisce in crescendo, come riconosce lo stesso maestro di tavola: “tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono”. Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, nota l’evangelista. Abbiamo somigliato le nostre domeniche al giorno di Cana e potremmo paragonare le sei giare di pietra ai sei giorni della nostra settimana. Riempiamoli come fecero i servi con la Parola del Vangelo, lasciamo che quella Parola illumini le nostre giornate: saranno più dolci e più belle. Cana può essere davvero la festa della domenica che, attraverso il dono del Vangelo, ci permette di conservare il vino buono del Signore per tutta la settimana.

mons. Vincenzo Paglia

Seconda Settimana del Tempo Ordinario

Gv 2, 1-12
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 17 Gennaio – 23 Gennaio 2015
  • Tempo Ordinario II, Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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