Commento al Vangelo del 14 Luglio 2019 – P. Antonio Giordano, IMC

La parabola è l’autoritratto di Gesù.

Nella tradizione patristica fin dal secondo secolo era assai diffusa l’interpretazione secondo la quale il buon samaritano è Cristo venuto a soccorrere l’uomo aggredito e portato da satana a un passo dalla morte.

“Perché l’uomo non avesse a perire, e perché tutto ciò che era per crollare in Adamo fosse più felicemente innalzato in Gesù” (Pio IX).

Gesù è il buon samaritano che è sempre pronto a curvarsi sulle nostre ferite con gesti di grande tenerezza e di dolcissima pietà (Luigi Pozzoli).

L’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio è un riflesso del mistero divino. Dio ha desiderato farsi uomo perché voleva che l’umanità fosse il luogo prediletto della sua presenza.

Gesù, buon samaritano manifesta le seguenti tre caratteristiche:

  1. Il grande Amore di Dio verso l’umanità: un Amore tutto spirituale, che è la natura stessa di Dio che “sente compassione” per chi è imbattuto in satana ed è lasciato quasi morto lungo la strada. Gesù ridà la vita al moribondo donandogli gratuitamente la Grazia, facendolo partecipe della sua vita divina.
  2. Gesù si avvicina al ferito e ne cura le ferite infondendovi vino ed olio e le fascia.: cura le ferite dell’anima del moribondo con la forza dei Sacramenti e con la preghiera.
  3. Gesù prende il ferito e lo pone sul suo giumento e lo porta all’albergo e si prende cura di lui. Gesù fonda la Chiesa, l’albergo in cui i feriti vengono curati e rinvigoriti.

Questa interpretazione ci mostra nell’atteggiamento di Gesù le tre forme di Amore:, di cui parla Benedetto XVI nella sua prima Enciclica, “Deus caritas est”.

  • L’amore sensibile o eros che ci porta ad aver cura dei fratelli sul piano naturale: infonde medicina sulle ferite, che vengono fasciate
  • L’amore razionale o filia, che ci porta a trattare bene il ferito socialmente, portandolo all’albergo e prendendo cura di lui.
  • L’amore soprannaturale o agape, che ci porta a vedere nel ferito l’immagine di Dio deturpata e chiede a Dio di restituire l’immagine originale di pace e bellezza.

In ogni uomo sono presenti le due prime forme di amore, la terza è dono gratuito di Dio, che Dio fa nel Battesimo e concede agli uomini di buona volontà.

Per avere vero amore verso il prossimo è necessario che siano presenti tutte e tre le forme di amore. La prima forma di amore è solo filantropia, azione umana, buona ma solo temporale e terrena; La seconda forma porta da un amore sociale, di ragione, che considera le convenienze; certamente buona, ma solo a livello di società umana che passa. La terza forma è dono di Dio, che l’uomo fa al fratello; è come la luce che illumina le altre due forme e le valorizza.

Esempio: Santa Madre Teresa mandava le sue Suore a raccogliere gli ammalati, affamati per le strade di Calcutta: qualche volta andava lei, allora tutti volevano essere sollevati da lei. Eppure era la stessa brandina su cui li deponeva, portata da 4 uomini

S. Giuseppe Cottolengo: volevano ricevere il piatto di minestra da lui, non dalle sue sante Suore, ed era lo stesso piatto e la stessa minestra.

Serva di Dio Flora Monfrinati, quando distribuiva lei il cibo agli orfani, questo era sempre sufficiente per tutti e tutti erano soddisfatti e contenti.

Ecco, quei gesti caritatevoli di carità umana e sociale erano illuminati dal dono di Dio, l’Amore. Se manca questo amore, certo la carità umana e sociale rimangono ancora carità, ma molto buia, priva di pace, anzi alle volte causa di conflitti, gelosie e invidie.

Ecco che cosa ci insegna la parabola di oggi: che per fare vera carità umana, vera carità sociale, dobbiamo prima essere buoni cristiani, avere nel nostro cuore il grande Amore di Dio, la Grazia santificante, perché solo allora la carità umana e sociale ricevono luce e producono in chi dona e in chi riceve la vera pace, la serenità, la gioia dello spirito.

Chiediamo alla Madonna di farci missionari come lo fu lei con il cuore del samaritano.

Altre riflessioni:

Più che chiedersi “chi è il mio prossimo”, bisogna chiedersi: a chi posso farmi prossimo. Anche Gesù disse: “chi dei tre ti sembra che sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?”. Per poter fare questo il mio amore deve avere alcune caratteristiche:

San Clemente I Papa: “Vedete quanto è grande la carità! Si trovano in essa solo coloro che Dio ha voluto renderli degni. Chiediamo alla sua Misericordia di essere trovati nella carità”.

Eros, Filia e Agape.  Se l’Agape informa le altre due allora ogni forma di carità è santa. Ma le prime due senza l’Agape non possono mai raggiungere la santità, sono solo su un piano umano.

  • Un amore universale. Il Samaritano soccorre chi gli era socialmente estraneo, anzi nemico. Un amore, quindi, che non discrimina, non esclude nessuno. Non guarda tanto al colore della pelle, al colore politico, religioso, ideologico; ma prende atto che ha a che fare con un uomo. E’ quest’ “uomo” il protagonista, messo in scena fin dall’inizio e che successivamente entra in rapporto (mancato) col sacerdote e col levita, e poi in rapporto (realizzato) col Samaritano. E’ semplicemente un uomo e come tale suscita compassione nel Samaritano.
  • Un amore coraggioso, che non teme di rischiare e paga di persona. Se i primi due non si sono fermati, è per ragioni di purità rituale, ma anche per la paura, se indugiavano, di subire la stessa sorte del malcapitato.
  • Un amore sommamente generoso, che non si accontenta di un pronto intervento, ma si preoccupa anche del futuro di quest’uomo e coinvolge altri (l’albergatore) nella cura di lui.
  • Un amore che porta a compatire (patire con): “lo vide e ne ebbe compassione”. La compassione, che significa un atteggiamento di profonda partecipazione e coinvolgimento. E’ un immedesimarsi nella realtà dell’altro, un “patire-sentire con l’altro”.
  • Un amore che decentralizza, nel senso che non considero più gli altri in relazione a me, ruotanti attorno a me; ma considero me in relazione agli altri. Non più io al centro dell’attenzione, ma l’altro Per cui sono libero di farmi prossimo agli altri.

Anche noi tante volte siamo prigionieri di determinati atteggiamenti che ci bloccano e ci impediscono di amare prontamente il prossimo; ne richiamiamo tre:

  • La fretta: tutti corrono. È tanto difficile incontrare qualcuno che ha tempo per te, che sa “perdere tempo” e sa “interrompere” la propria attività (come fa il Samaritano) per donare tutta la sua attenzione.
  • La paura di un nuovo impegno, la paura di essere disturbati, la ricerca dei propri comodi, il desiderio di essere lasciati in pace…
  • La ricerca di un alibi: gli alibi per “defilarci” siamo bravissimi a scoprirli, a inventarli, a costruirli. Noi siamo infatti istintivamente portati a prendere le distanze dall’altro, a rifiutarlo, perché vediamo nell’altro un possibile pericolo per la nostra autonomia, per la nostra tranquillità.

Fonte – consolata.org

Letture della
XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Prima Lettura

Questa parola è molto vicina a te, perché tu la metta in pratica.

Dal libro del Deuteronòmio
Dt 30,10-1

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima.
 
Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Salmo 18 (19)
R. I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice. R.
 
I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi. R.
 
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti. R.
 
Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante. R.

Seconda Lettura

Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési
Col 1,15-20


Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.
 
Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli.

Parola di Dio

Vangelo

Chi è il mio prossimo?

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 10, 25-37

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
 
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Parola del Signore

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