Commento al Vangelo del 13 Dicembre 2020 – don Giovanni Berti (don Gioba)

Il curriculum del buon cristiano

Il curriculum vitae è uno dei principali strumenti con i quali poter trovare un impiego di lavoro. L’obiettivo di un curriculum è quello di presentarsi nel miglior modo possibile a coloro dai quali vorremmo essere assunti o almeno presi in considerazione per un impiego. Questa presentazione deve contenere non solo i dati personali (chi siamo) ma soprattutto gli studi fatti, le competenze ed eventualmente esperienze lavorative passate (cosa conosciamo e sappiamo fare). Più il curriculum è ricco e ben compilato e più diventa efficace.

Leggendo e meditando insieme con un gruppo di persone il brano di Vangelo di questa domenica, una ha detto che il modo con il quale Giovanni Battista parla di se, sembra davvero un “curriculum al contrario”. Giovanni interrogato dai responsabili religiosi del suo tempo riguardo la sua azione di predicatore nel deserto, è più preoccupato di sminuirsi che di esaltare la sua identità e le sue azioni. Interrogato su cosa dice di sé stesso, lui prima di tutto insiste nel dire quel che non è, anche se potrebbe farsi passare per tale. Non è “il Cristo”, non è “Elia”, non è “il profeta”.

Al tempo di Gesù era attesa la venuta del Messia, cioè dell’inviato da Dio (Cristo) che avrebbe ristabilito la volontà di Dio. Si pensava che sarebbe stato preceduto dal un ritorno del più grande dei profeti, Elia o da un altro grande profeta. Giovanni, che attraverso la forte predicazione e il gesto purificatore del battesimo nel Giordano ha un grande seguito e fama, alla fine non approfitta di questo per assumere ancora più fama e aspirare a qualcosa di più grande. Nel suo curriculum alla fine lui mette solo una cosa quando gli viene chiesto insistentemente “chi sei”: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore…”

Ecco il curriculum di Giovanni, quello che sa fare e vorrebbe fare: è una voce che grida. Il suo compito è quello di “dare voce” a un messaggio che non è il suo, non è di sua proprietà o sua creazione. Lui di quel messaggio ne è solo voce, comunicazione attraverso le parole e le scelte concrete della vita.

Da sempre l’uomo cerca di presentare sé stesso aumentando la propria forza, le proprie qualità, i titoli… Anche oggi nessuno di noi sfugge a questa tentazione di apparire più di quel che è e che è capace di fare, nascondendo il più possibile difetti ed errori. Nessuno di noi presenterebbe ad un futuro datore di lavoro un curriculum con dei “non sono… non sono capace di…”, e sicuramente farebbe di tutto per dare la migliore immagine possibile di sé, senza difetti.

Se questo è una cosa sensata nel mondo lavorativo, lo diventa meno nel mondo delle relazioni sociali e tanto meno dentro la comunità cristiana. Abbiamo paura di mostrare i nostri limiti e fragilità, e cerchiamo di apparire più di quel che siamo, a volte mascherandoci e mentendo. Ci giudichiamo reciprocamente amplificando i difetti dell’altro mentre esaltiamo noi stessi in una gara che ci fa apparire sempre in competizione.

Quale curriculum potremmo dare di noi stessi a Dio per impressionarlo in modo positivo? Un lungo elenco di pregi, preghiere, liturgie partecipate, peccati non commessi?

Il curriculum di Giovanni ha una sola riga “sono voce che grida” … Questo è quello che mi viene chiesto da Dio: “essere voce”, “dare voce” al messaggio del Vangelo che ha bisogno delle mie parole e dei miei gesti per essere comunicato. Non possiedo il Vangelo, non ho creato io gli insegnamenti della fede, ma posso esserne la voce se ci credo davvero e li vivo. La terza domenica dell’Avvento è liturgicamente detta “della gioia”, per ricordarci che “essere gioiosi” è un aspetto fondamentale che, questo sì, non possiamo far mancare nel nostro curriculum del buon cristiano…


Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)

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