Commento al Vangelo del 11 marzo 2012 – Paolo Curtaz

Terza domenica di Quaresima

Es 20,1-17/ 1Cor 1,22-25/ Gv 2,13-25

Liberarsi

Il tempo di Quaresima ci è donato per fare il punto della situazione.

Il rischio reale è quello di essere travolti dalle cose da fare, di non riuscire a dare un senso unitario alle scelte fatte o subite, ad avere un filo che dia un senso allo svolgersi degli eventi.
Soprattutto in questo tempo, lo Spirito ci spinge nel deserto per accorgerci degli angeli che ci stanno accanto e che ci servono e per ammansire le fiere della sfiducia e del pessimismo.
Siamo invitati a riscoprire la bellezza che abita il mondo, a quella bellezza primigenia ed insuperabile che è il Cristo, splendore del Padre.
Oggi la Parola ci fornisce altre tre indicazioni preziose, che raggiungono il cuore della nostra fede, per prepararci a celebrare il risorto, per aiutarci a risorgere. 

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Shemà

La prima: Ascolta Israele: io sono il Signore che ti ha liberato.

Non quello che ti vuol fare tribolare, o che ti manda le malattie, o che si disinteressa di te. Io sono il Dio che ti ha dimostrato mille volte attenzione, premura, affetto.

Le dieci parole date dal Dio liberatore ad Israele liberato sono al cuore della prima riflessione.

Le conosciamo tutti, ma le capiamo davvero poco; occorre capirsi bene,

Non sono dieci comandamenti, come se si trattasse del regolamento di una scuola, o del Codice della strada.

Sono indicazioni, proposte, percorsi. Non è prevista alcuna sanzione e i verbi sono al futuro: non meritano la vita eterna, ma colmano la vita presente indirizzandola verso Dio.

Indicazioni per raggiungere Dio e diventare più uomini. Il Dio che ci ha creato ci offre anche il libretto di istruzioni, una serie di indicazioni semplici per contenere l’ombra che scopriamo dentro di noi, per sanare la paresi del peccato. Dieci parole per vivere.

Parole piene di assoluto buon senso, date da un  Dio che svela all’uomo il segreto della vita, che gli propone una vita in pienezza, lui che, solo, ci ha creato e sa come funzioniamo. Le dieci parole, brevi e concise per essere mandate a memoria da ogni israelita, sono indicazioni preziose per scoprire il segreto della felicità. Indicando la parte oscura della vita, le dieci parole ci invitano ad essere prudenti, ad evitare i pericoli e gli inganni della realtà, ci svelano che il peccato è male perché ci fa del male.

Noi, spesso, accogliamo queste parole come un’antipatica ingerenza dell’Altissimo, forse invidioso della nostra libertà, che ci tarpa le ali con una minuziosa serie di obblighi senza senso.

Una visione così distorta del rapporto con Dio rischia di mascherare e rendere grottesco il volto del Dio di Gesù.

Purifichiamo il nostro cuore da quest’orrenda visione della Legge, che nella Scrittura è legge di libertà, legge dell’amore, legge di verità e di crescita.

Solo Cristo crocefisso

La seconda: la croce di Cristo diventa la tua misura.

Nonostante le indicazioni, nonostante lo sforzo (sereno!) che facciamo per seguire il percorso, a volta viviamo intensi periodi di sofferenza e di stanchezza, di dubbio e di fragilità, come i tempi di crisi che stiamo vivendo.

Paolo, scrivendo ai Corinzi, medita a voce alta: egli ha sperimentato la croce come misura dell’assoluto amore di Dio, e ha scoperto che, a volte, l’amore per essere autentico deve essere crocefisso, cioè donato senza misura, come ha fatto Gesù.

Nella comunità di Corinto, ci sono persone che vivono in maniera esaltata la nuova fede, piena di carismi e di manifestazioni dello Spirito, e che quasi scordano la croce, argomento imbarazzante.

Come biasimarli? Quel Dio appeso non ci mette forse in imbarazzo? Lo vogliamo davvero un Dio perdente, sconfitto, ucciso?

La croce è il nuovo punto di riferimento della fede del discepolo e Paolo ammonisce severamente la comunità.

Purificare il tempio

La terza: libera, purifica il tuo modo di rivolgerti a Dio.

Per Giovanni la purificazione del Tempio è prima di ogni altro gesto, di ogni conversione: si tratta di cacciare i venditori di fumo dal mondo della fede, per svelare le intenzioni profonde che spingono un uomo a cercare Dio; Gesù, annota Giovanni, conosce ogni uomo dentro, non ha bisogno di mediazione o consigli, sa cosa alberga in ogni cuore.

E Gesù sa bene che, allora come oggi, esiste un modo di avvicinarsi a Dio che ha a che fare più col mercanteggiare che con la fede.

Perché Gesù se la prende tanto con i mercanti del Tempio?

Posso rimanere infastidito dai tanti ninnoli inutili venduti fuori dalle porte di un Santuario, ma non mi scandalizza se qualche devoto vuole portarsi a casa un ricordo del suo pellegrinaggio!

Ciò che Gesù contesta radicalmente è la visione soggiacente a questo mercanteggiare: voler comprare dei favori da Dio.

Offrire un olocausto, gesto che in origine significava riconoscere la predominanza di Dio su ogni vita, poteva diventare una specie di contratto, di corruzione di pubblico ufficiale: cerco di convincere Dio ad ascoltarmi, gli offro qualcosa che lo possa piegare alla mia volontà…

Gesù caccia i venditori e gli animali: non è il luogo del mercato, non è il macello pubblico, Dio non sa che farsene del sangue degli animali.

Anche oggi succede così: partecipiamo a Messe noiosissime, facciamo qualche offerta, pratichiamo faticosamente qualche fioretto con la segreta speranza che Dio possa (finalmente) ascoltarmi.

È sempre così distratto, Dio, che si sia dimenticato di me?

Non è a un despota da corrompere, né a un potente lunatico che ci rivolgiamo nella preghiera, ma al Dio di Gesù, che sa di cosa hanno bisogno i propri figli!

La prima purificazione da fare, è quella di convertire il nostro cuore al Dio di Gesù.

Tre indicazioni semplici per tornare all’essenziale. Buon percorso.

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