Commento al Vangelo del 11 giugno 2017 – P. Marko Ivan Rupnik – Congregazione per il Clero

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Santissima Trinità– Anno A

Nella nostra tradizione le feste che seguono la Pasqua fanno praticamente da sintesi al mistero che si celebra da Natale fino a Pasqua.

La festa della SS. Trinità apre all’opera della salvezza che svela il mistero sulla verità di Dio e che il vangelo di Giovanni focalizza sull’amore del Padre per noi nel Figlio, mandato come dono che, se accolto, ci fa diventare figli di Dio.

[ads2]È solo lo Spirito che ci rende capaci di accogliere il Figlio. È solo lo Spirito che prende dal Figlio e dona a noi ciò è tra il Padre ed il Figlio, ciò che accade lì può essere accessibile a noi solo per dono dello Spirito Santo. Ed è Lui che ci insegna a pronunciare il Nome di Dio: “Abba, Padre”. Perché ci inserisce nel Figlio. Questo è l’amore di Dio, nello Spirito Santo ci fa accogliere il Figlio e il Figlio ci inserisce nell’amore del Padre, ci inserisce in questa comunione eterna, in questa comunione che è un solo Dio ed estende su di noi, che siamo creature, la vita dell’Eterno. E siccome il Figlio è vero uomo e vero Dio, noi accogliendo Lui accogliamo anche il vero uomo, non solo il vero Dio.

Noi non sappiamo che cosa sia l’uomo fino al momento in cui ci scopriamo amati da Dio, fino al momento in cui ci viene donata la vera umanità nel Figlio. Il sé del Figlio, non è semplicemente la natura divina, perché Cristo non emerge dalla natura divina, ma è generato dal Padre; il ‘sé’ del Figlio è una natura divina resa filiale.

È una natura divina posseduta integralmente dal Figlio, è una natura divina filiale, non una natura divina qualsiasi che accomuna tutti e tre. Ognuno la possiede integralmente, dunque nel Figlio è integralmente filiale e quando rivela se stesso rivela il Padre perché rivela la figliolanza. Questa è l’esistenza di Dio, che uno abita nell’altro. Il ‘sé’ di Cristo fa vedere il Padre, ed in questo momento il Figlio realizza se stesso in pienezza.

Abitare nell’altro è l’esistenza divina e per noi significa che l’altro realizza se stesso quando fa emergere me e io realizzo me stesso quando faccio emergere l’altro. Questo è ciò che succede a noi uomini quando Dio ci ama: ci fa entrare in questa esistenza tramite il Figlio donato nelle nostre mani che è la nostra liberazione da una vita individuale, smarrita, ad una vita della comunione, dove abitiamo l’uno nell’altro, dove diventiamo un tessuto comunionale. E cominciamo a vivere questa vita che è zoè, la vita che ha un carattere definitivo, irreversibile.

 La Trinità è il modo di esistere della Chiesa. Perché il vero amore non finisce nel gesto di amore, ma apre, coinvolge in una comunione che finisce al Padre. ‘Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendono gloria al vostro Padre che è nei cieli.’ (Mt 5, 16).

P. Marko Ivan Rupnik – Fonte

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Santissima Trinità

Gv 3, 16-18
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 11 – 17 Giugno 2017
  • Tempo Ordinario X, Colore bianco
  • Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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