Commento al Vangelo del 11 giugno 2017 – Mons. Alberto Albertazzi

La formula trinitaria classica – quella del segno di croce, per intenderci – pur documentata in Mt 28,19, non nasce a tavolino. Gesù nella sua rivelazione, segue un’altra didattica: non ci spiattella il Dio Uno e Trino nel suo intimo congegno vitale, ma lo costruisce pezzo per pezzo, sotto l’intermittenza delle occasioni. Il vangelo odierno ne è la prova: inopinatamente Gesù comincia a far sapere che Dio ha un Figlio unigenito, da lui mandato nel mondo per offrire la vita eterna a chi ci crede; e lo ha mandato non per condannare ma per salvare. A Gesù interessa più l’azione che l’essere. Non spiega come Dio sia “strutturato”, ma che cosa fa in nostro favore. E così dicendo fornisce tangenzialmente alcuni elementi per curiosare in Dio.

Cominciamo a sapere proprio questa domenica che in Dio esistono dei rapporti che, per intenderci, potremmo chiamare di paternità e figliazione. Altri “segmenti trinitari” si incontrano più avanti nel vangelo di Giovanni: quando nell’ultima cena Gesù dice a Filippo: «Chi ha visto me ha visto il Padre… non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?» (Gv 14,9-10). È roba di qualche domenica fa. E un po’ più avanti spunta anche lo Spirito Santo, proveniente dal Padre e dal Figlio (Gv 14,16-17), per arrivare infine a un’ostinata dichiarazione di unità fra sé e il Padre (17,21-22).

[ads2]Slanci di rivelazione così incuriosenti hanno sfrizzolato i massimi cervelli, i quali hanno formulato quello che mi piace chiamare il “teorema trinitario”. Eccolo: «Esiste un solo Dio in tre Persone uguali e distinte: Padre, Figlio e Spirito Santo». Dio, se vuole essere se stesso, ha bisogno di essere così. Leggiamo infatti nella prima Lettera di Giovanni che «Dio è amore» (1 Gv 4,8.16). L’amore è essenzialmente scambio, diversamente degenera in un mostruoso “narcisismo teologale”, inammissibile in Dio. Oppure, per poter scatenare il suo amore su qualcuno, Dio sarebbe costretto a creare: ma un Dio che patisce costrizioni per inverarsi, non sarebbe più Dio. Lasciamo perdere questi teologumeni e riassumiamo dicendo che l’essere trinitario di Dio è garanzia del suo amore e viceversa.
Alla consapevolezza trinitaria si giunge anche per un altro itinerario biblico, costituito da professioni di fede su ampie falcate neotestamentarie.

La fede cristiana originaria è essenzialmente pasquale, come scrive Paolo ai Corinti: «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto, è risorto il terzo giorno secondo le Scritture, e apparve a Cefa e quindi ai dodici» (1 Cor 15,3-5). È chiaro che con una vicenda del genere Gesù appare personaggio un po’ superiore al ragionier Fantozzi; e allora la fede, nata pasquale, effettua un approfondimento cristologico in un dialogo fra Gesù e Pietro, nel quale l’ex pescatore individua nel Maestro il Figlio del Dio vivente (Mt 16,16). Se Dio ha un Figlio, alla fede viene voglia di esplorarne i meandri e acquisisce la consapevolezza trinitaria, esternata da Gesù nel precitato Mt 28,19, cui fa sussiegosa eco Paolo nel saluto terminale della seconda Lettera ai Corinti (13,13).

Riassumendo: la fede pasquale clona le fede cristologica, che a sua volta clona la fede trinitaria. È un crescendo in atmosfera soprannaturale. I teologi nei secoli successivi ci hanno preso gusto e hanno confezionato concettualmente un’autentica “anatomia trinitaria”, a mo’ di inventario divino organizzato in divertita progressione numerica. Eccola: esiste 1 solo Dio, nel quale ci sono 2 processioni (quella del Corpus Domini non c’entra), 3 persone; 4 relazioni, 5 nozioni.

Tutto ciò non è patrimonio di fede, la quale si accontenta di aderire a un solo Dio in tre Persone uguali e distinte. Il triangolo equilatero è un classico “teologal-geometrico”. La fede è centrale nel vangelo odierno, seppure non spiccatamente mirato verso il dato trinitario. Dal breve discorso a Nicodemo si evince che per Gesù la fede non ha prevalente consistenza teoretica, ma salvifica: indispensabile dunque per il conseguimento della vita eterna.

Mons. Alberto Albertazzi – Responsabile Uff. Catechistico presso CURIA ARCIVESCOVILE – UFFICI PASTORALI (Vercelli).

Fonte

[amazon_link asins=’8898873123′ template=’ProductAd’ store=’ceriltuovol04-21′ marketplace=’IT’ link_id=’72eb9e69-4e25-11e7-aeb8-153f782535a3′]

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 11 giugno 2017 anche qui.

Santissima Trinità

Gv 3, 16-18
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 11 – 17 Giugno 2017
  • Tempo Ordinario X, Colore bianco
  • Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

LEGGI ALTRI COMMENTI AL VANGELO

Read more

Local News