Commento al Vangelo del 10 Ottobre 2021 – don Giovanni Berti (don Gioba)

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Povertà liberante

“Da ora in poi non dirò più padre mio Pietro di Bernardone ma dirò Padre Nostro che sei nei cieli…”

Così Francesco esclama davanti al vescovado di Assisi rivolto al padre dopo essersi spogliato di tutto ed essere rimasto nudo davanti al vescovo. Francesco in questo modo sceglie di essere povero, povero di beni, povero di protezione, di reputazione e anche di amici. Gli rimane solo Dio e la parola del Vangelo… ma da quel momento si sente libero e felice come non mai. È libero dalle ambizioni di nobiltà e ricchezza che lo condizionavano e che lo avevano anche portato alla guerra e ad essere prigioniero.

Ha sentito in modo misterioso quello sguardo d’amore di Gesù che nessuno gli aveva mai rivolto… La sua biografia infatti ci racconta come proprio nella piccola chiesa di San Damiano non lontano dal centro di Assisi, un grande crocifisso in stile bizantino con un Cristo dagli occhi aperti gli parla e gli indica una nuova strada, una proposta che lui accoglie anche se subito non la capisce pienamente: “Va, Francesco, ripara la mia casa che come vedi è in rovina…”. Lui subito pensa alla piccola chiesa dove si trova, che effettivamente è pericolante, ma poi comprenderà che è la casa di Dio, la Chiesa che ha bisogno di essere riparata con una testimonianza di libertà e di carità le quali davvero possono rimetterla in piedi.

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Ho pensato subito a San Francesco quando ho letto di quell’uomo nel Vangelo che ha un forte desiderio di eternità, ma anche un grosso peso di ricchezze, preoccupazioni materiali e ambizioni, che gli rendono faticoso accettare la proposta radicale di Gesù (“va vendi quello che hai, dallo ai poveri e seguimi”).

Gesù ha una proposta fortissima per lui, una proposta che già ha fatto ad altri discepoli e discepole che lo seguono. Non è una proposta di povertà umana, ma di libertà vera. Gesù proponendo a quel giovane di dare i suoi averi ai poveri non lo vuole fregare, ma al contrario vuole davvero rispondere alla sua domanda (“cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”).

Questo uomo senza nome e di cui non è detta l’età e la provenienza possiamo essere davvero tutti noi. Tutti abbiamo dentro questa domanda, “come avere una vita piena e felice?”. L’espressione “vita eterna” non indica la durata ma la qualità della vita, non è riferita all’aldilà dopo morti ma alla vita presente, lunga o breve che sia. Come posso avere una vita eterna, felice e piena anche se è segnata dal limite umano, anche se limitata da qualche problema di salute, anche se non è sostenuta da tanti beni economici, anche se non ricca e famosa…? Gesù propone di seguirlo mettendo al centro del cuore non i beni che abbiamo (anche fossero pochi) ma le persone. Non “cosa abbiamo e accumuliamo” ma “quanto doniamo e quanto amiamo” è la misura della nostra felicità. Non è una proposta facile da comprendere e vivere. Gesù stesso lo dice ai discepoli sbigottiti, e dice loro “impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio”, rasserenando le loro paure. Penso che anche quel tizio che ha ascoltato la proposta di Gesù e non l’ha accettata, in fondo è stato colpito e non è rimasto indifferente. L’evangelista ci racconta che “si fece scuro in volto e se ne andò rattristato…”. Qualcosa lo aveva messo in discussione e forse in quel momento non era capace di fare “il salto” verso Dio in maniera vera e totale e non solo superficiale. Qualcosa di buono in lui c’è e lo si vede perché già vive quei Comandamenti che Gesù gli ricorda e che sono tutti quelli rivolti al bene del prossimo. Gli manca ancora il coraggio di liberarsi davvero, come lo manca anche a me tantissime volte, anche se tutti i giorni leggo, medito e predico il Vangelo, anche se mi dico cristiano e vado a sempre messa. Ma la cosa bella è lasciarsi trafiggere dalla Parola di Dio, dallo sguardo amante di Gesù nelle sue parole dentro il Vangelo. Sarebbe davvero grave se il Vangelo non toccasse almeno un po’ il cuore.

Francesco di Assisi con la sua testimonianza di povertà liberante mise immediatamente in discussione la sua città e inizialmente fu considerato anche pazzo da tanti suoi amici. Ma proprio questi ultimi alla fine diventarono i primi suoi frati, rimanendo colpiti più dalla sua libertà che dalla sua povertà.

Giovanni don


Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)