Celebrare in famiglia il giorno del Signore – Commento al Vangelo di domenica 22 Marzo 2020 – Sussidio CEI

La difficile situazione che stiamo vivendo non ci consente di partecipare alla Celebrazione eucaristica della quarta Domenica di Quaresima.

Suggeriamo dunque uno schema per un momento di celebrazione da vivere in famiglia in comunione con tutta la Chiesa.

È bene scegliere nella casa uno spazio adatto per celebrare e pregare insieme con dignità e raccoglimento. Là dove è possibile, andrebbe creato un piccolo «luogo della preghiera» (cf. CCC, 2691) o anche solo un angolo della casa in cui collocare la Bibbia aperta, l’immagine del crocifisso, una icona della Vergine Maria, un cero, da accendere al momento opportuno. In questa quarta Domenica di Quaresima “Laetare”(“Rallegrati”), se lo si ritiene opportuno, è possibile porre accanto alla Bibbia o al cero qualche fiore.

Ogni famiglia potrà adattare lo schema secondo la necessità.

Riflessione al Vangelo

Gesù è la vera luce del mondo che ridona all’uomo la vista ed è l’Inviato del Padre (questo è il significato del nome della piscina di Siloe) perché ogni uomo possa giungere alla salvezza.

Il brano evangelico che tradizionalmente la liturgia propone nella IV domenica di Quaresima dell’anno A, attraverso i dialoghi serrati che lo compongono, è un’autentica palestra per imparare a conoscere Cristo. Un uomo, cieco dalla nascita, è il modello della fede che gradualmente avanza e matura, una fede che ha bisogno di crescere, di camminare, di giungere anche attraverso il dubbio e l’incertezza a riconoscere in Gesù il Figlio dell’uomo: «Credo, Signore!».

Lungo il brano più volte fa capolino il pregiudizio dei Giudei circa l’origine della cecità:   se il cieco è tale è perché ha peccato. Gesù si oppone drasticamente a questa concezione, come si comprende leggendo il brano nella forma completa, affermando che la situazione di disagio del cieco è“luogo santo” affinché l’opera di misericordia del Padre si manifesti. Infatti, l’azione di Gesù che restituisce la vista al cieco lo riporta alla sua dignità più autentica.

Non soltanto gli consente di vedere ciò che prima non vedeva, ma apre per lui un orizzonte nuovo. Il cieco nato è un emarginato da sempre, uno destinato ad essere perennemente “cacciato fuori”, escluso e scartato. Gesù lo trasforma in un uomo vero ridonandogli la bellezza che ogni uomo porta con sé in quanto immagine di Dio e in un discepolo chiamato a seguirlo.

Ogni battezzato deve porsi la domanda del cieco guarito: «chi sei, o Signore, perché io possa credere in te?» L’incalzante polemica dei Giudei è occasione per il cieco guarito di andare a fondo nel suo cammino di credente per continuare a vivere di Cristo.

La pagina faticosa e dolorosa che stiamo vivendo a causa del virus ci rende tutti un po’ ciechi e mendicanti, incapaci di guardare con lucidità al presente e al futuro, cercatori di speranza e di sicurezza.

Cristo che ha attraversato fino in fondo la via della croce chiede anche a noi di assumere l’amarezza della sconfitta per approdare con lui alla luce di Pasqua. Ogni buio interiore, fatto di domande, di angoscia, di fede che scricchiola, è una forma di morte. Ripartire da Cristo significa tornare un po’ alla volta a vedere e rinascere per una vita completamente rinnovata e rimotivata grazie all’incontro con lui.

Neppure l’epidemia che attanaglia l’Italia e buona parte del mondo è un castigo di Dio a causa dei nostri peccati, ma piuttosto può diventare un tempo di grazia nel quale sperimentare ancora una volta il volto luminoso di Dio, colui che ci guarisce (cfr. Es 15,26) e ci fa passare dalla valle oscura del dolore e della preoccupazione ai pascoli della vita piena (cfr. Sal 22,4.2), e l’occasione per ravvivare l’unità e la fraternità tra di noi.

Il buio di queste ore può essere premessa preziosa per scorgere la luce di Cristo che dà vita e colore al nostro domani.

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