Alberto Maggi – Commento al Vangelo di domenica 11 Ottobre 2020

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TUTTI QUELLI CHE TROVERETE, CHIAMATELI ALLE NOZZE.

La parabola dei vignaioli assassini ha scatenato l’ira dei sommi sacerdoti e farisei che, scrive l’evangelista, “capirono che parlava di loro”. Nessun segno di pentimento, di conversione, ma cercano di catturando per eliminarlo. Ebbene, di fronte a questa minaccia Gesù non solo non indietreggia, ma rincara la dose con la terza e ultima parabola con la quale Gesù polemizza con le autorità giudaiche. Queste tre parabole sviluppano progressivamente il tema di fondo: la denuncia contro le massime autorità religiose che si mostrano refrattarie e ostili al disegno di Dio. In questa parabola Gesù dice il perché, qual è il motivo di questa l’ostilità: la convenienza, l’interesse.

Sentiamo allora il vangelo di Matteo, capitolo 22 versetti 1-14. “Gesù riprese a parlare loro” – quindi ai sommi sacerdoti, agli anziani e anche ai farisei – “con parabole. Il regno dei cieli”, è importante che Gesù parla di un regno dei cieli, non di un regno nei cieli. Non sta parlando dell’aldilà, ma della nuova società, la società alternativa che Dio vuole inaugurare su questa terra.

“È simile a un re che fece una festa di nozze per suo figlio”. Ancora una volta tornano un padre e un figlio e questa volta il Gesù paragona il regno dei cieli, cioè il regno di Dio, questa nuova alternativa che lui è venuto a proporre, con la festa più bella e più gioiosa che c’era nella vita degli individui, una festa di nozze.

“Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire”. Ebbene, il re non si scoraggia, manda altri servi e ora comprendiamo il motivo di questo rifiuto; è strano che si rifiuti di partecipare a una festa bella e gioiosa. “Dite agli invitati: ecco, ho preparato il mio pranzo, i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi, tutto è pronto, venite alle nozze”. Cerca di attrarli con l’aspetto più attraente della testa, cioè una grande mangiata. In tempi di grande fame, in tempi di grande miseria si aspettavano le nozze per abbuffarsi. “Ma quelli” – dice Gesù – “non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari”. Rifiutano la proposta del regno per il proprio interesse.

Gesù smaschera l’atteggiamento dei capi dell’istituzione religiosa che tutto quello che fanno è per la propria convenienza. Partecipare a un pranzo di nozze non è produttivo, non conviene e a una proposta di vita rispondono con una di morte. “Altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero”; è la sorte dei profeti inviati dal Signore. Quindi a una proposta di pienezza di vita come le nozze rispondono con una di pienezza di morte.

“Allora il re si indignò, mandò le sue truppe” e qui Gesù usa il linguaggio dei profeti, il linguaggio colorito e sta annunziando quella che sarà la sorte di Gerusalemme; Gerusalemme che uccide i profeti, che ha seminato violenza e sarà travolta dalla violenza. “Allora il re si indignò, mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città”. È la sorte che capiterà a Gerusalemme.

Ma ecco la parte positiva. “Poi disse ai suoi servi: la festa di nozze era pronta, ma gli invitati non erano degni. Ora andate” e qui è importante la traduzione; la traduzione che ho sotto mano dice “i crocicchi delle strade”. Non si tratta di crocicchi, il termine greco indica il punto finale di un territorio là dove le strade urbane terminavano e iniziavano i sentieri di campagna. Era il punto finale del territorio, ma l’inizio di altri territori. Allora Gesù in questa parabola mette in bocca al re queste parole di andare alle periferie, di questo si tratta. Le periferie, là dove vivono gli esclusi, gli emarginati. È un’indicazione che l’evangelista dà ai missionari per sapere dove orientare la loro predicazione, andare nelle periferie, là dove ci sono le persone emarginate, i lontani, i rifiutati.

“E tutti quelli che troverete chiamateli alle nozze”. Tutti, non c’è più un popolo eletto, ma c’è una chiamata universale. “Usciti per le strade i servi radunarono tutti quelli che trovarono”; è interessante che Gesù parla prima di cattivi e poi di buoni. Non c’è un giudizio, l’amore di Dio è offerto a tutti. L’amore di Dio non è concesso come un premio per i meriti delle persone, ma come un regalo per i loro bisogni, quindi cattivi e buoni.

“E la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale”. La veste nel nuovo testamento, nel libro dell’Apocalisse, indica le opere, le opere buone delle persone. E il re rimprovera questa persona che non ha l’abito, di cui vedremo ora il significato. “Gli disse: amico, come mai sei entrato qui senza abito nuziale? E quello ammutolì”. Qual è il significato? Non basta entrare nella sala del banchetto, l’invito è aperto a tutti, ma, una volta entrati, occorre cambiare. Gesù ha messo la conversione come condizione per appartenere al regno di Dio. A una società basata sui valori dell’avere, del salire e del comandare Gesù offre una possibilità alternativa di una società diversa, dove ci sia la condivisione, scendere e il servire. Questo è l’abito, quindi non basta entrare, ma bisogna cambiare.

“Allora il re ordinò ai servi: legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre, là sarà pianto e stridore di denti”. Adoperando immagini tipiche del linguaggio colorito dei profeti della Scrittura, Gesù parla della frustrazione per la perdita di un’occasione unica nella propria vita. La conclusione “Perché molti” – molti sta nel senso di tutti – “sono chiamati, ma pochi gli eletti. L’amore di Dio è rivolto a tutti, ma purtroppo ci sono poche persone che l’accolgono in pienezza.


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