Alberto Maggi – Commento al Vangelo di domenica 10 Gennaio 2021

Commento video al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM

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La liturgia di questa domenica presenta il battesimo di Gesù. Questo battesimo da sempre ha creato tanti problemi; Giovanni Battista aveva annunziato un battesimo in segno di conversione per il perdono dei peccati e la gente accorreva a questo invito e ci va anche Gesù. Ma allora anche per Gesù il battesimo è un segno di conversione per il perdono dei peccati? Quindi anche Gesù aveva dei peccati? E, se non li aveva, perché ha partecipato anche lui e ha ricevuto il battesimo? Una sorta di messa in scena? In realtà l’evangelista ci dà la risposta nel testo che scrive; leggiamo il vangelo di Marco, il capitolo primo, i versetti che riguardano proprio il battesimo, tenendo presente questo aspetto: gli evangelisti sono, oltre che dei grandi teologi, anche dei grandi letterati e scrivono secondo quelle che erano le regole letterarie del tempo. Tra queste una regola molto conosciuta e molto seguita era quella stabilita da un famoso Rabbi, Rabbi Ishmael, che aveva stilato le 13 regole della scrittura. In queste regole della scrittura Rabbi Ishmael diceva che, quando vuoi mettere attinenza, assonanza tra un episodio e l’altro, adoperi delle parole soltanto in questi due episodi.

È quello che fa l’evangelista. Infatti nella scena del battesimo di Gesù l’evangelista adopera le stesse identiche parole che userà soltanto al momento della morte. Allora qual è il significato che ora vedremo? Il battesimo era un simbolo di morte al proprio passato peccatore; ebbene anche per Gesù il battesimo è un segno di morte, ma non a un passato di peccatore che lui non, ma di accettazione di morte nel futuro.

Uno si può chiedere: ma come poteva sapere Gesù che sarebbe morto, che sarebbe stato ucciso? È facile: Gesù con il battesimo s’impegna a testimoniare la fedeltà del Padre e fedeltà del Padre significa mettere il bene dell’uomo sempre al primo posto, al di sopra delle leggi divine, e per la trasgressione delle leggi divine c’era la morte.

Ma vediamo quello che ci scrive l’evangelista, che “In quei giorni Gesù venne da Nàzaret di Galilea, fu battezzato nel Giordano da Giovanni” e subito, scrive l’evangelista, uscì dall’acqua. Il battesimo è un segno di morte, ma la morte non può trattenere Gesù; quindi Gesù immediatamente esce dall’acqua e “vide”, eccolo il primo dei verbi che l’evangelista adopera qui e poi nel capitolo 15, “vide squarciarsi i cieli”, non aprirsi. Qualcosa che si apre poi si può anche chiudere; qui l’evangelista adopera il verbo lacerare, squarciare perché una volta che si è lacerato, squarciato non si può più ricomporre. Si credeva a quel tempo che Dio fosse talmente arrabbiato con il suo popolo che aveva sigillato i cieli; dal momento che Dio vede nel Figlio Gesù l’impegno di manifestare quello che lui è realmente, amore incondizionato, i cieli non si aprono, ma si lacerano, si squarciano. Con Gesù la comunicazione con Dio sarà sempre ininterrotta.

Ebbene, lo stesso verbo “squarciare” lo troviamo al capitolo 15, al versetto 38, al momento della morte di Gesù quando l’evangelista scrive “il velo del tempio si squarciò in due”. Nel santuario c’era una grossa cortina, un velo, che nascondeva la presenza di Dio e, nel momento che Gesù muore, questo velo si lacera. Ecco chi è Dio: un uomo che è stato crocifisso per donare il suo amore.

E Gesù quindi vide squarciarsi questi cieli e “lo Spirito scendere su di lui come una colomba”. Era proverbiale l’attaccamento della colomba al suo nido; si diceva nel mondo del tempo “come amor di colomba al suo nido”. La colomba è quell’animale che si affeziona al nido originario, anche se io glielo cambi, torna sempre all’originario. Allora Gesù è il nido dello Spirito. Su Gesù scende “lo” Spirito, con l’articolo determinativo, cioè tutta la totalità dell’energia, della capacità d’amore da parte del Padre. E poi dopo Gesù battezzerà in Spirito con la sua azione di santificare, Spirito Santo, per separare le persone dal male.Ebbene, questo termine lo ritroviamo nel momento della morte di Gesù quando l’evangelista scrive “Gesù, dando un forte grido, spirò”, rese lo Spirito. Quello Spirito che aveva ricevuto al momento del battesimo nella pienezza Gesù lo consegna a quanti lo accolgono come modello della propria vita.

E si sentì “una voce”; questo termine “voce” poi lo troviamo anche nel momento della morte di Gesù, quando l’evangelista scrive che “dando un forte grido”, “voce” e “grido” nella lingua greca si scrivono alla stessa maniera, “fonè” (fonetico), da cui i termini che conosciamo anche italiano, fonico, eccetera. Sembra strano che un moribondo dia un forte grido; non è il grido di un morente, è un grido di un vittorioso, di uno che con il suo amore ha sconfitto la morte. Quindi questo termine “voce” e “grido” lo ritroviamo qui e nel momento della morte di Gesù.

Ed ecco la proclamazione da parte di Dio nel battesimo “tu sei il mio Figlio prediletto”, prediletto significa “colui che eredita tutto”, quindi in Gesù c’è tutto di Dio. Non si può contrapporre Gesù a Dio, in Gesù c’è tutto di Dio; e “in te mi sono compiaciuto”. Ebbene, praticamente la stessa espressione la troviamo nella crocifissione in bocca a chi? Non a un discepolo, neanche a un familiare, ma a un pagano. La persona ritenuta più lontana da Dio, vedendolo spirare in quel modo, il centurione dice “veramente quest’uomo era Figlio di Dio”. Quindi gli stessi termini che l’evangelista adopera nel battesimo, li usa poi per la morte, per significare che allora che il battesimo di Gesù è l’accettazione di essere testimone fedele dell’amore del Padre, anche a costo di andare incontro alla morte.

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